RUSSIA: “Il teatro deve servire la patria”. Nuova direzione per il Teatro d’Arte di Mosca

A inizio dicembre il Ministero della Cultura ha nominato un nuovo direttore artistico per il Teatro d’Arte MChAT Gor’kij di Mosca: si tratta di Eduard Bojakov. Va a sostituire Tat’jana Doronina, alla guida di questa istituzione dal 1987, anno della “scissione” del Teatro d’Arte in MChAT Gor’kij e MChT Čechov. Per lei, destituita, è stata tuttavia creata ex novo una funzione ad hoc, quella di “presidente” del teatro. Inoltre, sono stati nominati vicedirettori di Bojakov l’attore e regista Sergej Puskepalis e lo scrittore Zachar Prilepin: un trio di nomi che pare nient’affatto casuale.

“La mia comparsa qui è legata prima di tutto alla necessità di portare nuove idee, registi, temi e metodi espressivi”, ha spiegato il nuovo direttore Bojakov. Tuttavia, la novella direzione rappresentata da queste tre figure avrà con ogni probabilità una linea particolarmente precisa verso cui orientare le prossime stagioni teatrali. Il ministro della cultura Vladimir Medinskij ha promesso maggiore supporto economico alla nuova direzione, dichiarandosi certo che il teatro conserverà la sua “chiara posizione patriottica”. Bojakov è della stessa idea: a suo avviso, il teatro in primo luogo deve servire la patria.

Eduard Bojakov

Il nuovo direttore artistico del teatro MChAT è un regista piuttosto noto sulla scena culturale russa, organizzatore di alcuni festival di successo. Fondatore del teatro sperimentale “Praktika”, lo ha diretto dal 2005 al 2013, quando venne invitato a Voronež e nominato rettore dell’accademia artistica locale, dove si è fermato fino al 2015.

A partire dal 2014, tuttavia, piuttosto inaspettatamente, Bojakov ha fatto sempre più propri discorsi di natura nazionalista e conservatrice: “motivo della mia trasformazione sono stati gli eventi in Ucraina e la riunificazione della Crimea alla Russia”, ha spiegato. Più di una volta si è espresso pubblicamente in supporto e difesa del presidente Vladimir Putin, del ministro della cultura Vladimir Medinskij e delle politiche di quest’ultimo in ambito artistico.

Autodefinendosi “conservatore, slavofilo e seguace del ‘ritorno alla terra’” (quel počvenničestvo teorizzato nell’Ottocento da Apollon Grigor’ev), Bojakov negli ultimi anni ha iniziato a criticare i vecchi colleghi e a distaccarsene. Sulla propria pagina Facebook ha accusato in maniera indifferenziata i direttori artistici russi di essere “dei manieristi, dei ridicoli gay, delle donne bohémien sole e incattivite, degli immaturi intellettuali alcolizzati che si dicono dissidenti”.

Il Donbass dietro le quinte

Ma a sorprendere di più è il legame della nuova direzione artistica del teatro con il Donbass. Dal 2015 a oggi Eduard Bojakov si è recato più volte nella repubblica separatista di Donetsk, spesso proprio in visita all’amico, e ora collega, Zachar Prilepin, il quale qui fino al 2018 ha preso parte attiva alle operazioni militari. Lo scrittore è anche stato consigliere del leader Aleksandr Zacharčenko, ucciso il 31 agosto.

Con Prilepin a Donetsk Eduard Bojakov ha persino organizzato uno spettacolo sulla base della raccolta poetica “Io, terra martoriata” (Ja izranennaja zemlja), un libro uscito nel 2017 nel quale Prilepin ha raccolto versi di diversi autori; filo conduttore sono l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbass. “Nessun teatro russo si permette di mettere in scena uno spettacolo su temi tanto attuali”, ha commentato Prilepin, “ma di questo noi non abbiamo affatto paura”.

Zachar Prilepin ha affermato di essere legato al neo-direttore Eduard Bojakov e al suo vice Sergej Puskepalis da “una lunga storia, le cui radici affondano nel Donbass”; “per me sono dei compagni di battaglia provenienti dal mondo della cultura”.

Anche l’attore Puskepalis nel corso degli ultimi tre anni è stato infatti più volte nella repubblica separatista di Donetsk e, stando alle parole di Prilepin, “ha aiutato materialmente” i separatisti. Puskepalis stesso ha recentemente affermato di essere stato in contatto con il leader assassinato Aleksandr Zacharčenko e di aver discusso con lui di “come fare perché le persone vivano bene, felici, in pace”.

Zachar Prilepin

Scrittore famoso e tradotto all’estero (in Italia i suoi romanzi sono pubblicati da Voland), nonché conduttore di un particolare programma televisivo, Zachar Prilepin si è guadagnato la fama di eroe militare soprattutto partecipando, come dicevamo, al conflitto nel Donbass, a cui prese parte fin dall’inizio, nel 2014.

In realtà la sua carriera militare parte molto tempo prima, quando ventenne si arruolò tra gli OMON, le unità speciali antiterrorismo russe. Durante la prima guerra cecena fu chiamato a combattere nell’esercito e in quegli stessi anni si inserì nel dibattito politico russo seguendo un altro scrittore, Eduard Limonov, fondatore del partito nazional-bolscevico. In seguito alla sua partecipazione e al supporto (anche mediatico) dato ai separatisti nel Donbass, Prilepin è accusato di terrorismo da parte dei servizi di sicurezza ucraini.

Perché proprio Prilepin al Teatro d’Arte?

Stando alle parole di Bojakov, la scelta è ricaduta su di lui in quanto “scrittore dal fine gusto letterario, un vero maestro”; il nuovo direttore artistico ha inoltre lodato l’interesse dello scrittore verso la storia. E verso le riscritture della storia, si potrebbe aggiungere: è infatti il caso di ricordare che Prilepin è stato autore di un discusso articolo nel 2012, intitolato “Lettera al compagno Stalin” e ampiamente criticato per le posizioni neostaliniste e per una lettura alquanto ridimensionata delle repressioni staliniane. Nella “Lettera” l’autore accusa la Russia post-sovietica di non rendere grazie a Stalin per i risultati raggiunti dall’URSS sotto di lui e di volersi “liberare” della sua figura, di volerla cancellare dalla memoria: “per liberarci di te ci inventiamo sempre nuove storie, ricostruzioni storiche alternative”; “diciamo – e questo è un caso raro, perché diciamo quasi la verità – che non risparmiavi il popolo russo e periodicamente sterminavi. Tradizionalmente aumentiamo il numero delle vittime di decine e anche centinaia di volte, ma sono dettagli”.

In realtà, come abbiamo scritto diverse volte, la ristalinizzazione è un processo tutt’altro che marginale oggi nella Russia post-sovietica, un processo che passa spesso attraverso la cultura, soprattutto se di massa, come il cinema. L’atteggiamento di Zachar Prilepin verso determinate pagine di storia non è certo passato inosservato a quel ministro che l’ha nominato vicedirettore artistico del Teatro d’Arte.

Come ha affermato Anna Narinskaja, critico letterario, alla BBC, “il teatro è una delle arti più politiche in tutto il mondo; in Russia è l’arte che può fare più opposizione e proprio per questo è stato deciso di creare all’interno del mondo del teatro un contrappeso patriottico”.

“La posizione di Bojakov mi preoccupa”, ha dichiarato anche il regista Jurij Muravickij, “il teatro non deve costringere lo spettatore ad abbracciare dei valori, il pubblico deve decidere da sé cosa è bene e cosa è male. Quando il teatro si utilizza per la propaganda o per la diffusione di una ideologia è sempre male”. Staremo a vedere cosa si prospetta per le prossime stagioni teatrali sul Tverskoj Boulevard moscovita, in quel teatro da dove centoventi anni fa Stanislavskij tuonava con il suo “ne verju!” (non ci credo) e il cui simbolo è ancora oggi il gabbiano cecoviano.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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