Il 5 dicembre i ministri degli Esteri dei paesi NATO si sono espressi a favore dell’attivazione del Piano d’azione per l’adesione (Membership Action Plan, MAP) per la Bosnia Erzegovina, invitando il paese a presentare il suo primo programma nazionale annuale. La decisione rappresenta il primo passo formale verso l’adesione della Bosnia Erzegovina alla NATO. Il MAP, difatti, è una procedura che offre sostegno tecnico e politico per le riforme nel settore della difesa ai paesi interessati ad entrare nel Patto Atlantico, oltre a prevedere incontri annuali a livello politico per verificare i progressi.
Il lungo percorso verso la NATO
La Bosnia Erzegovina ha aderito al programma NATO di Partenariato per la Pace (PfP) nel 2006, e ha firmato un accordo di cooperazione sulla sicurezza nel 2007. L’anno successivo ha ottenuto un Individual Partnership Action Plan ed è stata invitata ad aderire all’Adriatic Charter tra i paesi aspiranti. Si parlava allora di una possibile adesione entro il 2011-2012. La presidenza bosniaca fece domanda per un Membership Action Plan nel 2009, e la NATO nel 2010 concesse tale piano d’azione, tuttavia dietro alcune condizioni preliminari, quali la registrazione a nome dello stato della proprietà delle 63 strutture militari presenti nel paese.
E’ stata proprio la contesa su questa questione tra stato ed entità – in particolare l’entità a maggioranza serbo-bosniaca, la Republika Srpska (RS) – a rallentare il percorso durante lo scorso decennio. Le autorità di Banja Luka hanno più volte reclamato che le strutture militari presenti nel territorio della RS siano di sola proprietà dell’entità e non appartengano pertanto allo stato. Sono 31 le strutture militari bosniache – tutte nel territorio dell’altra entità, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina – che sono state finora registrate come proprietà statale, mentre la proprietà di 23 strutture nel territorio della RS resta contestata.
Particolarmente emblematica è la contesa riguardo la struttura militare sul monte Veliki Žep vicino alla città di Han Pijesak, a circa 70 chilometri da Sarajevo. Nell’agosto 2017, la corte costituzionale bosniaca si è espressa in merito rigettando in appello la richiesta dei rappresentanti della RS di bloccare la registrazione della struttura militare come proprietà statale, ma la sentenza non è stata ancora messa in atto.
Le reazioni politiche
A quasi dieci anni dalla concessione condizionata del MAP, i ministri dei paesi membri della NATO hanno dunque deciso di passare sopra alla questione della proprietà delle strutture militari e dare segnale verde alla Bosnia Erzegovina per l’attivazione del piano d’adesione. Nella conferenza stampa che ha seguito la decisione, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha rinnovato il sostegno a Sarajevo, precisando che adesso “dipenderà dalla Bosnia fare il passo successivo e accettare l’offerta della NATO”, presentando un proprio programma nazionale annuale per l’attuazione del MAP.
Due dei tre membri della presidenza collettiva bosniaca, il socialdemocratico croato Željko Komšić e il conservatore bosgnacco Šefik Džaferović, hanno accolto favorevolmente il passo della NATO, riaffermando la strategia di politica estera della Bosnia adottata dalla presidenza già nel marzo 2010 e aggiungendo che tutti gli organi statali adotteranno le misure necessarie per garantire l’ammissione della Bosnia nella NATO. Ugualmente, il leader conservatore croato ed ex membro della presidenza, Dragan Čović ha espresso la propria soddisfazione per la decisione e sottolineato quanto il popolo croato in Bosnia sia “vivamente interessato ad aderire alla NATO”.
Di diverso avviso e contro l’adesione alla NATO si è invece espresso il terzo membro della presidenza, il nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik, che ha precisato che si atterrà alla dichiarazione di neutralità militare proclamata dal parlamento dell’entità a maggioranza serbo-bosniaca il 18 ottobre 2017, in linea con la politica della vicina Serbia. Eppure era stato proprio un membro della presidenza dello stesso partito di Dodik, Nebojša Radmanović, a depositare la domanda di adesione bosniaca alla NATO nel 2009.
L’opinione pubblica
Per quanto riguarda l’opinione pubblica bosniaca, sembra emergere la mancanza di una prospettiva condivisa circa l’integrazione euro-atlantica. Secondo un sondaggio elaborato dall’International Republican Institute nell’aprile 2018, soltanto il 37% dei bosniaci appoggerebbe con convinzione l’eventuale adesione del paese alla NATO. Se si analizza però il campione in base alla provenienza etnica dei rispondenti, risultano con maggiore chiarezza le marcate divergenze all’interno della popolazione bosniaca. Mentre il 58% dei bosgnacchi e il 44% dei croato-bosniaci si dichiara a favore dell’ingresso nella NATO, solo un esiguo 5% dei serbo-bosniaci opterebbe per questa eventualità. Un calo sostanziale e orizzontale rispetto al 2009, quando si esprimevano a favore dell’adesione alla NATO il 70% dei bosniaci – 89% nella Federazione e 44% in Republika Srpska.
Le risposte attese
Gli esperti prevedono che tra l’attivazione del MAP e la piena adesione alla NATO dovranno passare almeno cinque anni. Secondo il direttore del centro per gli studi strategici di Sarajevo Denis Hadžović, la decisione di attivare il MAP rappresenterebbe in realtà un messaggio rivolto alla Russia in risposta al recente attivismo di Mosca nei Balcani.
Incassato il sostegno della NATO, la prossima mossa spetta adesso alla politica bosniaca che dovrà scegliere se accelerare il processo d’integrazione euro-atlantica, attuando le riforme richieste, o restare di nuovo intrappolata nelle proprie dispute.
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