Lo scorso 15 ottobre è entrato in vigore in Ungheria un emendamento del codice penale che prevede sanzioni severe, tra cui anche l’arresto e l’incarcerazione, per chi dorme o staziona abitualmente nei luoghi pubblici. La decisione del governo guidato da Viktor Orbán si scaglia contro le condizioni di vita già precarie dei cittadini magiari che vivono in strada. Secondo stime recenti, in Ungheria i senzatetto sono circa 30.000, lo 0.3 % della popolazione totale. Un esercito di donne e uomini che si concentra per un terzo nella capitale del paese, Budapest. Nella città danubiana, come in molte altre capitali europee, i senzatetto sono infatti una presenza costante tra le vie del centro.
Le tappe dell’azione governativa contro la povertà
La scelta del partito del premier, FIDESZ, porta a compimento un processo di criminalizzazione della povertà che Orbán ha avviato nel 2011 con la legge sui reati minori, successivamente cancellata dalla Corte Costituzionale, che inseriva fra i reati quello di utilizzare lo spazio pubblico come rifugio. Questo processo ha poi raggiunto un’altra tappa fondamentale nel 2013, quando, grazie all’approvazione della nuova Costituzione, i governi locali hanno acquisito il potere di emanare ordinanze dirette contro i clochard.
Il governo ha giustificato le nuove sanzioni facendo appello ai 19.000 posti letto presenti negli alloggi messi a disposizione dallo stato. Secondo l’associazione A Város Mindenkié (AVM – La città è per tutti), che dal 2009 si batte per l’attuazione di politiche abitative inclusive e popolari in Ungheria, questi dati non hanno una fonte attendibile mentre il numero di posti letto disponibili è fermo da anni a 11.000 unità.
Nei giorni precedenti l’entrata in vigore dell’emendamento, la polizia ha distribuito dei volantini di avvertimento e pattugliato le zone dove si concentrano baracche e ripari di fortuna di molti senzatetto. I membri dell’associazione AVM denunciano che durante i mesi invernali le strutture di ospitalità statali presenti nella capitale non riescono ad accogliere tutte le richieste, andando in sovraffollamento. Il risultato di questa azione governativa costringerà quindi molti senzatetto ad abbandonare le zone centrali, marginalizzandoli ulteriormente senza risolvere i loro problemi.
Stato sociale vs stato caserma
Di fronte a questo dramma, che accomuna tutte le società postindustriali, sono principalmente tre le strade che le autorità politiche possono percorrere. La prima è quella di affrontare il problema in modo solidale e responsabile, riattivando lo stato sociale e mettendo in pratica politiche abitative che avviino al riutilizzo e alla riqualifica degli stabili e delle case abbandonate o sfitte. La seconda è quella di rimuovere artificiosamente il problema negando la sua gravità, ostinandosi a considerare le comunità di emarginati che si aggirano nelle strade delle nostre città come una normale e sopportabile conseguenza del sistema economico capitalista.
La terza via intensifica invece la repressione e il controllo sulle vite dei senzatetto, promuovendo leggi volte alla criminalizzazione della loro miseria. Declinare il problema in questi termini significa avvicinarsi al modello di “stato caserma” definito dal pedagogista Henry A. Giroux, dove gli emarginati diventano dei cittadini di serie B, un elemento di disturbo da tenere sotto controllo per evitare che venga minacciata la salute e l’ordine della società. In questo caso il cinismo, la negazione e la repressione vanno a sostituire i principi di solidarietà, dignità umana e opportunità di riscatto sociale, che sono il collante e il leitmotiv di qualsiasi società democratica che voglia sopravvivere a se stessa.
Purtroppo per i cittadini magiari, e in particolare per quelli che vivono in strada, l’Ungheria di Orbán sembra presentarsi come un interprete piuttosto fedele del modello elaborato da Giroux, in chiara contraddizione con i principi di cui abbiamo oggi disperato bisogno in Europa.
L’Unione Europea si fonda sulla concorrenza… Perciò c’è poco da appellarsi a dei principi che nei fatti le sono estranei.