La crisi economica non è solo questione di indici di borsa, percentuali di pil, rating, e altre alambiccate da addetti ai lavori. In crisi ci sono persone in carne e ossa, con le loro vite. In Grecia il prodotto interno lordo nel secondo trimestre è sceso al meno 7% rispetto all’anno prima. La disoccupazione è oltre il 16%. La criminalità è in aumento, come pure il numero di persone senza fissa dimora e l’emigrazione. Il dato più drammatico della crisi greca è però l’aumento di suicidi.
Lo scrive il Wall Street Journal in un bell’articolo di Markus Walker: “I suicidi sono all’incirca raddoppiati rispetto a prima della crisi raggiungendo il livello di 6 ogni 100.000 persone all’anno”. I dati vengono dal ministero della Salute greco. Negli ultimi cinque mesi si sono uccisi il 40% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Molti sono piccoli imprenditori, artigiani, commercianti che oberati dai debiti decidono di togliersi la vita per la vergogna e la disperazione. Una novità, poiché in genere sono i giovani e più anziani a togliersi la vita per una serie di motivi anche legati al disagio mentale. Ora invece sono uomini tra i 35 e i 60 anni finanziariamente in rovina. Non possono più occuparsi della famiglia, spesso su di loro cade il biasimo sociale, talvolta sono costretti alla frode e – se scoperti – la vergogna è tale che si tolgono la vita. La polizia registra anche numerosi casi di suicidio pubblico, persone che si danno fuoco in strada o che si uccidono dopo aver incendiato banche. Il numero di suicidi, secondo i dati Eures, è cresciuto contestualmente alla crisi (dal 2009) in tutta Europa dal 5 al 17%. La Grecia è quella messa peggio.
Il più alto tasso di suicidi, secondo i dati dell’associazione, si registra a Creta. Recita un motto cretese: “Il nostro orgoglio è alto come Psiloritis”, la montagna più alta dell’isola. Ma quando l’orgoglio è perduto, la vergogna può portare a darsi la morte. Un carattere forte, quello insulare, con valori come l’onore e la dignità. In Italia abbiamo un caso analogo, è quello della Sardegna. Anche qui la crisi divora vite, uccide speranze e persone. La Sardegna ha il tasso di suicidi più alto della penisola, nonché uno dei più alti d’Europa: 11,5 ogni 100.000 abitanti. Quasi il doppio della Grecia.
Il Sulcis Inglesiente è una delle aree più depresse della Sardegna. La crisi ha aggravato ulteriormente una situazione già disperata. E se l’Italia, come ci si attende, dovesse andare verso il default e le misure di austerity, per quelle genti non solo mancherebbe il futuro. Ma il presente. Eppure è una terra che non si è mai arresa: a Buggerru, nel 1904, ci fu il primo sciopero generale della storia d’Italia, ma ormai tutte le fabbriche del disretto sono chiuse: Otefal Sail, Portovesme Srl, Eurallumina (l’unico impianto che produce alluminio in Italia con mille dipendenti e altri 8oo di indotto) versano tutte in pessime acque.
I numeri della crisi fanno spavento: 40mila lavoratori disoccupati e 6mila precari e 15mila lavoratori dell’indotto che combattono ogni giorno con il fallimento. Il tutto, su una popolazione di 135 mila abitanti. In pratica non c’è famiglia che non sia coinvolta da questa crisi. I figli non possono essere iscritti alle università, il lavoro manca. Per giovani e adulti molto spesso la via è una sola. Così la crisi economica diventa una danza macabra, un passo falso e una giravolta, poi via nell’indifferenza di tutti.
non basterbbe questo per mandarli a piazzale Loreto?