Martedì 20 novembre l’assemblea generale dell’Organizzazione internazionale della polizia criminale (INTERPOL), riunita a Dubai, ha respinto la domanda di adesione del Kosovo. Il risultato di due votazioni consecutive ha mostrato chiaramente che non è stata raggiunta la maggioranza dei due terzi necessaria ad approvare la richiesta di adesione di Pristina. Nella votazione finale, difatti, 68 paesi hanno votato a favore, 51 hanno votato contro, e 16 si sono astenuti.
L’INTERPOL
L’INTERPOL è un’organizzazione internazionale con sede a Lione dedita alla cooperazione di polizia e al contrasto del crimine. L’organizzazione ha un ruolo puramente coordinativo, dato che si fonda sullo scambio di informazioni e sull’assistenza reciproca tra gli uffici centrali posti in ognuno dei 192 stati membri. Si tratta di uno strumento particolarmente utile per il contrasto di crimini che hanno scala transfrontaliera, come traffici di droga, armi ed esseri umani, riciclaggio di denaro, terrorismo, crimini di guerra o contro l’umanità, corruzione, crimini ambientali e informatici.
Il Kosovo aveva fatto richiesta di adesione all’INTERPOL nell’aprile del 2015, ma da allora non è mai riuscito ad assicurarsi il supporto di due terzi degli stati membri. La volta precedente, in occasione dell’assemblea tenutasi in Cina nel settembre 2017, il primo ministro Ramush Haradinaj aveva addirittura deciso di ritirare la candidatura, consapevole della mancanza dei numeri. Nonostante le promesse del ministro degli Esteri Behgjet Pacolli, convinto che Pristina avrebbe questa volta ricevuto il sostegno necessario, il Kosovo registra nuovamente una pesante sconfitta dal punto di vista diplomatico.
La vittoria della Serbia
Ad esultare per l’esito della votazione di Dubai è invece la Serbia. Subito dopo il voto, il ministro dell’Interno Nebojša Stefanović ha pubblicato sul suo profilo Twitter una foto dell’assemblea, accompagnata dalla scritta “Vittoria” (in serbo “Pobeda”). È evidente che l’azione diplomatica intrapresa in questi mesi da Belgrado, con il supporto della Russia, ha portato al risultato sperato. Di fatto, questa opposizione ha ben poco a che vedere con le conseguenze pratiche dell’ingresso di Pristina nell’INTERPOL, ma è da leggere come l’ennesimo tentativo di Belgrado di evitare l’ingresso del Kosovo in un’altra organizzazione internazionale, che costituirebbe un tassello ulteriore per il riconoscimento del Kosovo come stato sovrano nell’arena globale.
Nella pratica, l’ingresso del Kosovo nell’INTERPOL è decisamente sensato e auspicabile. È sensato perchè il Kosovo è ormai dotato di una forza di polizia statale a tutti gli effetti, dispiegata nell’intero paese, comprese le aree a maggioranza serba. È auspicabile perchè si tratta di un’area particolarmente calda per quanto riguarda il terrorismo e i traffici criminali, soprattutto in tema di droga, armi e prostituzione, che dal Kosovo si estondono nei paesi limitrofi e nel resto d’Europa. Permettere alle autorità kosovare di entrare in rete con quelle del resto del mondo, facilitando lo scambio di informazioni, sarebbe dunque un vantaggio per tutti, anche per la stessa Serbia.
Le prospettive future
Il tentativo di entrare nell’INTERPOL è solo una delle tante sfide che sta affrontando Pristina per inserirsi nel panorama delle organizzazioni internazionali. Il Kosovo ad oggi risulta membro di dieci organizzazioni intergovernative internazionali come stato indipendente e di altre sei sotto il cappello di UNMIK, la missione ONU che ha governato l’ex-provincia della Serbia dalla fine della guerra nel 1999 alla dichiarazione d’indipendenza del 2008. In due casi, inoltre, il Kosovo ha assunto lo status di osservatore. Tra le membership più importanti vi sono certamente quelle presso il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale e la Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS).
Diverse sono però le organizzazioni internazionali in cui l’ingresso del Kosovo pare ancora lontano: oltre all’INTERPOL, ci sono anche il Consiglio d’Europa, l’OSCE, l’UNESCO e, su tutte, l’ONU. Proprio l’ingresso nelle Nazioni Unite sembra essere la chiave di volta che aprirebbe la strada, molto probabilmente, a tutte le altre. Per questo, il raggiungimento di un accordo tra Kosovo e Serbia, al centro dei negoziati attualmente in corso tra le due parti, è l’unica possibilità per Pristina di ottenere il via libera del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove al momento pesa il veto di Russia e Cina. Solo così, di conseguenza, il Kosovo potrà vedere la propria statualità pienamente riconosciuta sull’arena internazionale.
Foto: ABC News
L’ articolo, come altri dello stesso autore è di parte e fuorviante. Tali articoli rischiano di minare l’attendibilità della testata East Journal.
L’ingresso dello stato chiamato Kosovo nell’ Interpol sarebbe sensato e auspicabile secondo l’autore dell’articolo.
Innanzitutto sarebbe completamente insensato e non auspicabile perché la maggior parte degli albanesi che compongono il governo di Pristina sono nella lista dei ricercati dall’Interpol stessa per crimini di guerra, crimini contro i diritti umani ecc( le accuse non vengono solo dalla controparte serba, vedasi il rapporto del membro svizzero dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sul traffico di organi prelevati ai civili serbi, rom o anche albanesi. L’Interpol attraverso l’UNMIK PUò continuare a lavorare con le autorità di Pristina senza problemi. Molto importante rimane in questo contesto ricordare che una minoranza nazionale, secondo il diritto internazionale, non ha nessun diritto a proclamare nel 2008( tra l’altro senza referendum e per mano di un criminale) l’indipendenza dalla democratica e civile Serbia, soprattutto godendo già di un’ampia autonomia nel pieno rispetto dei principi ERGA OMNES del diritto internazionale(integrità territoriale della Serbia, divieto di ingerenza nelle questioni interne di uno Stato) nel pieno rispetto della costituzione della Serbia e della risoluzione ONU 1244.
I separatisti albanesi hanno cercato di ottenere l’ingresso all’ Interpol per ottenere un ulteriore riconoscimento internazionale che ovviamente come auspicabile è stato negato. Non solo sono criminali ma anche non rispettano gli accordi che sottoscrivono come nel caso degli accordi di normalizzazione sottoscritti a Bruxelles( Pacta sunt servanda). Sarebbe ora di appoggiare la democratica Serbia nella lotta a questi separatisti che dirigono il narcotraffico e che non hanno nessun diritto di entrare nell’Interpol o in qualsiasi altra organizzazione internazionale con il nome “Kosovo” che appartiene alla lingua serba ( Kos=merlo). Viva la verità, viva il diritto internazionale, viva la Serbia!
Gentile Roberto, grazie per aver letto l’articolo ed aver espresso il suo parere.
Ci tengo a sottolineare che non solo il sottoscritto, ma East Journal nel suo insieme ha tra le proprie linee guida il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, che dunque trattiamo e continueremo a trattare da Stato sovrano quale è. Le ricordo inoltre che East Journal non appoggia questo o quell’altro Stato: ci “limitiamo” a raccontare le vicende che riguardano i paesi di nostra competenza e di nostro interesse, mettendone in luce le bellezze e le problematiche. Tra queste ultime vi sono anche quelle da lei citate, come il narcotraffico e la criminalità, che purtroppo toccano numerosi Paesi della regione, tra cui certamente sia il Kosovo che la Serbia (che proprio per questo avrebbero entrambe da guadagnare dall’ingresso di Pristina nell’INTERPOL). Anche sul tema della democrazia, purtroppo, c’è ancora molta strada da fare, anche nella stessa “democratica” Serbia.
Nella speranza che continuerà a leggerci, le mando un cordiale saluto.
Riccardo