E’ morta dopo più di tre mesi di agonia e undici operazioni Katerina Handzjuk, attivista che lottava contro la corruzione tra le forze dell’ordine nella regione di Kherson, nel sud del paese. In luglio era stata attaccata con dell’acido solforico che le ha causato gravi ferite su un terzo del corpo. Dopo i numerosi casi recenti di attacchi ai danni dei rappresentanti delle minoranze etniche e delle comunità femministe e LGBT, la sua morte rappresenta un nuovo campanello d’allarme per attivisti, giornalisti e difensori dei diritti umani in Ucraina. Un campanello d’allarme che squilla ormai da anni, ma che qui, cosi come tra i partner occidentali, in molti sembrano continuare ad ignorare.
Troppo poco e troppo tardi, come al solito
Praticamente assente la reazione da parte del governo e degli organi competenti. Il caso di Katerina, colpita con circa un litro (!) di acido è stato, infatti, inizialmente catalogato dalla procura come semplice teppismo. Una prassi – va detto a chiare lettere – usuale nell’Ucraina di oggi dove il crescente numero di attacchi a giornalisti, attivisti e minoranze vengono spesso catalogati come teppismo, vandalismo o rissa e, di conseguenza, non presi sul serio. In alcuni casi, addirittura, vengono detenuti gli attaccati e non gli attaccanti, con strisciante accondiscendenza da parte della polizia.
Anche escludendo i casi più famosi, come l’omicidio di Pavel Sheremet, dall’inizio del 2017 in Ucraina ci sono stati più di 50 casi irrisolti di attacchi violenti ai danni di giornalisti e attivisti impegnati nella lotta alla corruzione. Proprio per questo le parole pronunciate da un teatralmente commosso Porošenko, che solo dopo la morte di Handzjuk ha chiamato le forze dell’ordine a fare tutto il possibile per assicurare i colpevoli alla giustizia, fanno ancora più rabbia. L’atteggiamento delle autorità ucraine nei confronti di questo tipo di crimini potrebbe essere riassunto, infatti, dalle parole del procuratore generale e stretto alleato di Porošenko. Secondo Lutsenko, molto impegnato a fabbricare indagini contro i parlamentari dell’opposizione, la colpa del crescente numero di attacchi agli attivisti non sarebbe da ricercare solo tra gli aggressori, “ma anche nel completo odio nei confronti del governo seminato da una parte degli attivisti”.
Un problema ben noto
Il caso di Katerina Handzjuk, purtroppo, non rappresenta niente di nuovo. Solo per fare un esempio recente, la misteriosa morte di un attivista e ambientalista di Kharkiv, trovato in un bosco, è stata inizialmente catalogata come suicidio e, secondo quanto sostengono numerose organizzazioni per i diritti umani, il sito del ritrovamento del corpo sarebbe stato pesantemente manomesso. Le numerose minacce e intimidazioni precedenti al delitto non sono state prese in considerazione dalla procura. Il caso rimane e rimarrà irrisolto. E non sarà l’unico.
Non è nemmeno una novità, anche se molti giornali nazionali e internazionali non riportano la notizia, che le persone – cinque – che hanno colpito con l’acido Katerina Handzjuk siano membri di un movimento di estrema destra (Pravij Sektor di Yarosh) ed ex volontari ATO nella guerra in Donbass. Come riportano alcune fonti, inoltre, due di essi avrebbero anche ricevuto in passato il titolo di “Eroe d’Ucraina”, direttamente dal Presidente. Rimane ancora ignota, ovviamente, la cosa più importante, chi sia il mandante.
Immagine di un sistema
La morte di Katerina Handzjuk rappresenta così l’immagine di un’Ucraina che corre direttamente verso il passato. Un paese dove i diritti di attivisti e minoranze continuano ad essere ignorati dal governo. Dove gruppuscoli di estrema destra sempre più spesso organizzano ronde e agguati, in molti casi con il beneplacito, se non con il sostegno, della nuova polizia ‘riformata’. Dove gli attivisti di ieri, quelli che incoraggiavano la gente a scendere in piazza per protestare contro le innumerevoli violazioni dei diritti umani ai danni di giornalisti e attivisti da parte del regime di Janukovyč, si girano oggi dall’altra parte. Dove il sistema giudiziario rimane, com’era prima, un organo più politico del parlamento stesso, con un procuratore generale – ingegnere per specializzazione – alleato di lunga data del presidente. Dove la polizia e i servizi di sicurezza (SBU) pur di chiudere un caso sono ancora pronti a forzare un innocente a testimoniare contro se stesso, come successo nel caso di Katerina Handzjuk prima dell’intervento politico del sindaco di Kherson.
E mentre le autorità continuano a negare che il clima per le minoranze e per gli attivisti in Ucraina continui a peggiorare giorno dopo giorno, c’è da scommettere che anche stavolta le richieste di una rapida e trasparente indagine sui fatti saranno disattese. Con buona pace dei sostenitori e dei partner occidentali dell’attuale regime, anch’essi ormai più che abituati a girarsi dall’altra parte.
Certo, l’Ucraina non è solo questo, ma con quest’ennesima morte pare davvero difficile pensare ad altro, almeno per qualche istante.
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Foto: Genya Savilov/AFP
Questo articolo sembra smentire almeno in parte l’editoriale di qualche tempo fa sempre su EastJournal sul fatto che i fascisti non hanno più potere in Ucraina… Mi pare esattamente il contrario. Per carità sembrano scagnozzi del potere, ma il potere che li usa non sarebbe fascista allora?
Trovo molte contradizioni e momenti poco chiari, senza nome né fonti, in questo testo di Oleksiy Bondarenko come anche nei alcuni precedenti. Consiglierei a lui di seguire bene bene diversi fonti e soprattutto non tenere da una sola parte… sembra piuttosto anti governativa e ucrainofoba, a mio sguardo. Dispiace per il lettore italiano che non ha tante possibilità di paragonare, visto che i media locali tendono ai fonti di provenienza cremlina… purtroppo per l’Italia e per gli italiani. Così quest’aricolo diventa solo uno in più sulla stessa parte della bilancia.