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MACEDONIA: Il parlamento approva il cambio di nome, è la svolta decisiva?

Venerdì 19 ottobre il parlamento della Macedonia ha approvato la mozione volta ad avviare il processo di riforma della Costituzione per cambiare il nome del paese. Dopo una giornata molto intensa, in tarda serata due-terzi dei deputati presenti in aula hanno votato a favore della mozione del governo. Il primo ministro Zoran Zaev ottiene così una clamorosa e per molti versi inaspettata vittoria: dopo il fallimento del referendum del 30 settembre, il voto dell’aula dà un nuovo slancio all’approvazione dello storico accordo raggiunto tra Grecia e Macedonia lo scorso giugno.

I rischi della vigilia

La giornata di venerdì si era aperta all’insegna della tensione. Per approvare la mozione ed aprire così la procedura di modifica della Costituzione necessaria per cambiare il nome del paese in “Repubblica della Macedonia del Nord”, come previsto dall’accordo di Prespa siglato dal premier macedone Zaev e dal suo omologo greco Alexis Tsipras lo scorso 17 giugno, serviva difatti un voto favorevole dei due-terzi dei deputati. Per raggiungere la soglia decisiva degli 80 voti, dunque, non bastava il supporto della sola maggioranza, composta dai parlamentari dell’Unione Socialdemocratica (SDSM) e dei partiti della comunità albanese. La ferma contrarietà a sostenere l’accordo da parte del maggior partito d’opposizione, i conservatori della VMRO-DPMNE, non sembrava lasciare spazio a molte speranze. Nonostante ciò, nei giorni precedenti la votazione Zaev aveva mostrato ottimismo, nella convinzione che alcuni deputati dell’opposizione si sarebbero smarcati dalla linea di partito.

Il voto e le reazioni

Le speranze del primo ministro si sono materializzate al momento del voto, avvenuto in tarda sera. Esattamente 80 deputati hanno difatti votato a favore della mozione, a fronte dei 39 contrari. Zaev, in conferenza stampa, ha parlato di giornata storica, incassando poi il plauso della comunità internazionale: il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il Commissario europeo per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento Johannes Hahn, e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini si sono complimentati con il governo di Skopje, convinti che questo passaggio possa essere decisivo nel processo di integrazione europea e atlantica del paese.

Aria ben diversa, invece, si respira dalle parti dell’opposizione. Il leader della VMRO Hristijan Mickoski ha attaccato duramente gli otto parlamentari del proprio partito che hanno votato con il governo, accusandoli di aver tradito la volontà degli elettori macedoni, che nel referendum del 30 settembre avevano largamente boicottato la consultazione. Di conseguenza, Mickoski ha annunciato la loro espulsione dalla VMRO. Il leader dei conservatori ha inoltre accusato Zaev di aver comprato il loro consenso tramite promesse e ricatti. Non a caso, si sono subito diffuse diverse voci intorno alle motivazioni alla base della decisione degli otto deputati di smarcarsi dalla linea del partito: nonostante i protagonisti abbiano pubblicamente giustificato la scelta con la volontà di sbloccare il processo di adesione del loro paese all’Unione europea e alla Nato, il fatto che quattro di loro siano indagati (tre per l’assalto al parlamento del 27 aprile 2017, e uno per le inchieste relative alla corruzione intorno al progetto urbanistico “Skopje 2014”) ha alimentato i sospetti che il governo abbia offerto loro un’amnistia.

I prossimi passi

Nonostante le recriminazioni dell’opposizione, il voto del parlamento macedone ha riaperto le porte all’approvazione dell’accordo con la Grecia, che si temeva compromesso dopo il fallimento del referendum. I prossimi passaggi prevedono, entro 15 giorni, la presentazione degli emendamenti costituzionali in aula, che potranno essere approvati a maggioranza semplice, a cui seguirà un’ultima votazione finale, questa volta a maggioranza dei due-terzi: Zaev dovrà perciò lavorare per mantenere il sostegno da parte dei deputati dissidenti.

L’accordo sarà definitivamente approvato, però, solo se ratificato anche dal parlamento greco: proprio lì, adesso, si annidano i maggiori rischi. Tsipras, che si è complimentato con Zaev per il successo ottenuto, non può contare difatti sul supporto all’accordo con Skopje da parte del suo intero governo, che anzi sulla questione sta pericolosamente vacillando, come dimostrano le recenti dimissioni del ministro degli Esteri Nikos Kotzias e le dichiarazioni del ministro della Difesa Panos Kammenos, secondo il quale il suo partito, i Greci Indipendenti (ANEL), è pronto ad uscire dalla coalizione di governo piuttosto che votare l’accordo.

La strada per la conclusione della diatriba del nome tra Grecia e Macedonia è dunque ancora lunga, ma dal parlamento macedone è arrivata una spinta che può essere decisiva.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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