La Moldavia è una repubblica giovane, nata nel 1991 dalle ceneri dell’ex Unione sovietica: una comunità politica frammentata e stretta nella morsa tra la propaganda filo-russa e l’orizzonte dell’integrazione europea. Le istituzioni politiche rimangono in bilico tra tendenze autoritarie e la voglia di democrazia e cambiamento che in alcuni casi viene imbrigliata da una magistratura ancora troppo politicizzata: la Corte Suprema recentemente ha annullato le elezioni per il sindaco della capitale Chisinau che avevano segnato la vittoria del candidato “anti-corruzione” Andrei Nastase. Un fatto che ha messo a dura prova le credenziali democratiche del Paese, suscitando inoltre le critiche dell’Unione Europea che ha “congelato” il pacchetto di aiuti di 100milioni di euro.
Le ambiguità della classe politica al potere si giocano tutte sul fronte della propaganda: l’industria dei media è dominata dalle trasmissioni prodotte dalle televisioni di Mosca e trasmesse dai principali network moldavi. Tv controllate dal magnate ed esponente del partito democratico Vlad Plahotniuc. Nonostante la professata fede pro-europea, i democratici sono in maggioranza parlamentare con i socialisti che esprimono il presidente della Repubblica Igor Dodon, il quale ha vinto le ultime elezioni presidenziali percorrendo la strada della vicinanza al Cremlino in contrapposizione alla candidata civica pro europa Maia Sandu. In parlamento è presente anche il partito comunista che ha raccolto l’eredità politica del soviet.
«In Moldavia una fake news può farti perdere le elezioni presidenziali – ha commentato Nadine Gogu executive director del Centro per il giornalismo indipendente, organizzazione non governativa che opera a sostegno di programmi per l’imparzialità dei media, a margine di un incontro tenuto al centro informazione e documentazione Nato a Chisinau il 26 settembre scorso – anche trasmissioni apparentemente di poca importanza come le previsioni astrologiche possono trasformarsi in uno strumento di propaganda: l’anno scorso, per esempio, un astrologo chiamato in una tv nazionale a fare predizioni sul destino del mondo ha affermato che il presidente americano Donald Trump avrebbe scatenato un nuovo conflitto mondiale e in seguito sarebbe stato assassinato come John Kennedy, mentre Vladimir Putin, sempre secondo gli allineamenti astrali, è stato descritto come il salvatore del mondo».
Questo scenario ha spinto comunque la maggioranza parlamentare ad approvare una legge anti-propaganda entrata in vigore il febbraio scorso: «La legge ha introdotto il concetto di sicurezza dell’informazione – ha spiegato durante un meeting con studiosi stranieri e giornalisti Artur Cozma componente del Consiliul Coordonator al Audiovizualului, Autorità pubblica indipendente che si occupa di regolamentare e monitorare le attività dei media – e di fatto ha messo al bando le trasmissioni estere che propongono analisi politico-militari, compresi i talk show che invitano gli esperti. Il divieto si applica principalmente ai media russi poiché Mosca non ha ratificato la Cett, la Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera». Il provvedimento resta tutt’ora molto discusso e l’effettività delle sanzioni è ancora da verificare.
In Moldavia si respira ancora un clima da “guerra fredda”. Si tratta di uno Stato senza sbocco sul mare, situato tra Ucraina e Romania, che soffre inoltre di una decisiva mutilazione della propria integrità territoriale: tutta la fascia orientale è infatti sotto la sovranità autoproclamata della Transnistria. Pur essendo territorio moldavo per mettervi piede bisogna attraversare una “frontiera” sorvegliata da guardie che a loro discrezione rilasciano un visto. Tiraspol, la capitale dello Stato non riconosciuto all’interno della comunità internazionale è un tripudio di iconografia “sovietica”: la statua gigante di Lenin resta ancora a guardia della rivoluzione separatista mentre falce e martello campeggiano ancora sulla bandiera nazionale.
La sensazione diffusa è che dietro la presunta volontà di rimanere nella sfera di influenza di Mosca ci siano interessi più pragmatici come la necessità di continuare a controllare il passaggio delle forniture di gas che proviene dalla Russia e mantenere la sostanziale intangibilità del proprio sistema finanziario, prevalentemente dominato dal supporto economico russo.
Il 17 settembre del 2006 si è tenuto un controverso referendum sull’indipendenza della regione, una consultazione non riconosciuta a livello internazionale, né tantomeno dal Cremlino. «Il risultato del referendum indetto nel 2006 sull’annessione alla Russia, con il quale ha stravinto l’opzione pro russa è in realtà fuorviante – ha commentato Nikolai Kuzmin, giornalista della Ong “Apriori” di Tiraspol attiva sul fronte dei diritti dei cittadini della Transnistria – poiché i quesiti proposti erano formulati in maniera tale da orientare la risposta: in sostanza si chiedeva con una doppia domanda: volete mantenere l’indipendenza e associarvi con la Federazione russa o perderla e riunirvi alla Moldavia? Chiaramente in questi termini il 97% si è espresso a favore dell’indipendenza. Il punto centrale è che Gazprom fornisce il gas a tutto il territorio moldavo, compresa la Transnistria, ma mentre la Moldavia paga anche per il gas che non utilizza, le autorità di Tiraspol non pagano per il gas che utilizzano ma riscuotono i consumi sul loro territorio: questo surplus confluisce in un fondo dedicato. Sono nati anche contenziosi internazionali tra Gazprom e Moldavia. Purtroppo l’affare ha avuto anche risvolti interni con episodi di corruzione, l’ex presidente Yevgeny Shevchuk è accusato di appropriazione indebita di 8 milioni di dollari dal “conto gas”. Tornando alla questione geopolitica – ha concluso a margine dell’incontro tenutosi a Tiraspol sul tema della libertà di stampa e di espressione – la nostra situazione rimane in bilico, e dal mio punto di vista, il territorio della Transnistria resterà ostaggio della politica internazionale».
«I negoziati promossi dal gruppo 5+2 (Moldavia, Transnistria, Osce, Ucraina, Russia, più Ue e Usa come osservatori) tendono a far convergere le autorità di Chisinau e Tiraspol soprattutto su questioni di importanza sociale, come la libertà di movimento e le comunicazioni – ha commentato Franco Frattini, ex ministro degli esteri italiano e rappresentate speciale Osce per la Transnistria da quest’anno – abbiamo già ottenuto dei risultati sul fronte della circolazione dei veicoli: sarà possibile infatti re-immatricolare le auto con targhe “neutre” che possano essere riconosciute anche in Europa. L’Italia ha finanziato con 300mila euro la realizzazione degli uffici della motorizzazione che si occuperanno di questo aspetto. Stiamo inoltre cercando un dialogo per favorire gli accordi tra i provider telefonici e nel campo dell’educazione sono in corso accordi sulle scuole che utilizzano l’alfabeto latino invece del cirillico. Anche per la regione autonoma della Gagauzia – ha specificato Frattini durante un incontro di fine settembre a Roma tenutosi presso l’ambasciata Usa – sono in corso diverse iniziative di confronto con le altre realtà europee che godono di particolari status amministrativi: soprattutto per quello che che riguarda il bilinguismo si guarda alla realtà dell’Alto Adige come modello di integrazione».