Le elezioni politiche tenutesi in Lettonia lo scorso 6 ottobre, nell’anno del centenario della repubblica baltica, hanno confermato i dubbi sulla composizione del nuovo governo. Come le previsioni facevano temere, non si è delineata una maggioranza chiara. L’alta frammentazione dello spettro politico apre inoltre a diverse possibilità di alleanze e preannuncia lunghi e difficili negoziati per formare un nuovo governo.
Il partito social-democratico Armonia, sostenuto principalmente dalla popolazione russofona del paese e noto per i suoi legami controversi con la Russia, si è riconfermato prima forza politica del paese – con oltre il 19% dei voti (equivalente a 23 seggi al Parlamento). Seguono, col 14% dei voti, il partito KPV-LV (Kam pieders valsts? – letteralmente Chi possiede il paese?) – una nuova formazione politica di stampo populista e anti-establishment, e il Nuovo Partito Conservatore (13.6%), entrambi con 16 seggi. A completare la variegata composizione della Saeima (il parlamento lettone), altri 4 partiti che sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5%: i liberali del Movimento Per! (12%), Alleanza Nazionale (11%), l’Unione dei Verdi e degli Agricoltori (9,9%) e Nuova Unità (6,7%).
Sebbene abbia fatto notizia su varie testate internazionali o italiane, la ‘vittoria’ dei filorussi di Armonia ha poco di sorprendente. Ricordiamo infatti che Armonia si era già affermato come primo partito del paese dopo le elezioni del 2014, ma era stato escluso dalla coalizione di governo a causa dei suoi legami con la Russia. Progressivamente, Armonia aveva cercato di riposizionarsi sulla scena politica non più come partito filorusso (tra l’altro rompendo l’accordo di cooperazione col partito Russia Unita del presidente russo Putin), ma come partito “al di là” della spaccatura etnico-linguistica, e unica formazione socialdemocratica in uno scenario dominato dal centro-destra e dai nazionalisti.
Ben più marcante è la disfatta quasi totale della coalizione di governo uscente, formata dai partiti di centro-destra nazionalisti di Alleanza Nazionale, Unione dei Verdi e Agricoltori e Nuova Unità. Una nuova coalizione di governo formata da questi tre partiti sarebbe impossibile, poiché la somma dei loro seggi equivale solo a 32 (su 100). Proprio l’insoddisfazione popolare generata dalla coalizione uscente, che negli ultimi mesi era stata al centro delle polemiche per accuse di corruzione riguardanti un trio di ‘oligarchi’ legati all’Unione dei Verdi e Agricoltori, nonché per lo scandalo legato al cosiddetto “laundromat lettone” che all’inizio del 2018 aveva portato alla chiusura della ABLV, la banca più importante della Lettonia, può aver aiutato il partito populista KPV-LV e i Nuovi Conservatori a conquistare il secondo e terzo posto. La lotta alla corruzione appare infatti tra le priorità politiche di entrambi questi partiti.
Di coalizioni e problemi
Per governare, la nuova coalizione avrà bisogno di almeno 51 seggi alla Saeima. La possibilità di un’alleanza russofili – populisti allarma molti, ma è in realtà anche poco probabile. I due partiti divergono infatti su almeno due questioni che sono state centrali durante l’ultima campagna elettorale (e non solo): le relazioni con la Russia e la riforma dell’istruzione, osteggiata da Armonia e sostenuta da KPV-LV. Eppure, a differenza di altri partiti che hanno escluso a priori ogni possibilità di unirsi in coalizione con Armonia, il leader di KPV-LV, Artuss Kaimins, è stato meno chiaro a riguardo.
Il primo ministro uscente Kucinskis ha dichiarato che tale alleanza potrebbe rappresentare un cambiamento “molto pericoloso” nella posizione della Lettonia riguardo all’UE e alle politiche di sicurezza. Si tratterebbe di una novità fin troppo radicale per il presidente Vejonis, che ha da sempre auspicato che il nuovo governo “non cambi il corso della politica estera e continui a rinforzare la sicurezza nazionale”. In realtà, l’alleanza Armonia-KPV-LV avrebbe comunque bisogno del sostegno di un terzo partito (probabilmente i Nuovi Conservatori) al fine di ottenere la maggioranza in Parlamento, ciò che limiterebbe ancora di più le possibilità di virate troppo brusche nella politica estera e di sicurezza del nuovo governo.
E’ possibile invece che i russofoni di Armonia (così come i populisti di KPV-LV) vengano di nuovo esclusi da una coalizione di governo formata da 4-5 partiti di centro-destra (i tre partiti della coalizione uscente + i Nuovi Conservatori + i liberali di Per!). In tal caso, si confermerebbe lo scenario “tradizionale” lettone che fin dalla ritrovata indipendenza negli anni 90 ha visto la componente etnico-linguistica predominare su quella politica – con coalizioni formate da partiti di centro-destra e nazionalisti. Se una tale coalizione dovesse formarsi, i partiti dovranno accordarsi sulla figura del primo ministro – un punto ancora non chiaro al momento, sebbene si vociferi di una candidatura di Artis Pabrkis, ex ministro degli Esteri e europarlamentare, leader del nuovo movimento liberale Per!. Tale soluzione sembra attualmente essere la meno “problematica” per il presidente Vejonis.
Tuttavia, il presidente di Armonia, Nils Usakov (sindaco di Riga), ha espresso scetticismo sul fatto che il suo partito possa essere escluso dai giochi, poiché l’alleanza tra le altre forze politiche potrebbe risultare instabile: una coalizione di governo “che includa xenofobi e sostenitori dei diritti LGBT non durerebbe più di due o tre settimane”, ha dichiarato Usakov. Il presidente Vejonis ha annunciato che le consultazioni con i vari partiti inizieranno due settimane dopo la data delle elezioni.
Qualche novità nel panorama politico
L’anomala frammentazione dello spettro politico, con 7 partiti rappresentati alla Saeima e l’alto numero di possibilità per la formazione di una coalizione di governo, è stata la novità principale di queste elezioni in Lettonia. Si tratta di una situazione senza precedenti nel panorama politico della Lettonia indipendente.
E’ notevole che queste elezioni abbiano anche visto anche l’emergenza di una nuova formazione politica di sinistra, in uno scenario politico tradizionalmente dominato da partiti di centro-destra o nazionalisti. Si tratta del partito dei Progressisti, creato nel 2017, che si ispira apertamente ai socialdemocratici dei paesi scandinavi, e punta ad esportare in Lettonia il loro modello basato sul welfare e i diritti civili. I Progressisti non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento per entrare alla Saeima, ma rappresentano comunque una novità interessante all’interno del panorama politico del paese, andando a costituire un’alternativa in una parte dell’asse politico rimasta finora appannaggio esclusivo di Armonia.
Le tredicesime elezioni della Saeima hanno anche portato un’altra novità nella composizione del Parlamento lettone: l’aumento del numero di donne. Trentuno seggi su 100 sono stati conquistati da candidate donne, il numero più alto nella storia della Lettonia, proprio nell’anno in cui ricorre il centenario dell’introduzione del suffragio universale nella repubblica baltica.
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Immagine: REUTERS / Ints Kalnins