Non accennano a fermarsi le proteste nel centro di Magas, capitale dell’Inguscezia. A scatenarle, l’accordo per lo scambio di territori con la vicina Cecenia, firmato dai presidenti delle due repubbliche del Caucaso settentrionale lo scorso 26 settembre e del quale avevamo scritto nei giorni scorsi.
Nel frattempo, si sono delineati i dettagli del nuovo confine che hanno concretizzato i timori dei manifestanti di Magas. Secondo quanto riferito dal portale di informazione online Caucasian Knot la Cecenia ha, infatti, ottenuto quasi 27 mila ettari del territorio dell’Inguscezia, dovendone cedere solamente 6 mila.
In Inguscezia, la situazione si è riscaldata il 4 ottobre, quando l’assemblea nazionale ha approvato l’accordo che era stato firmato dal presidente Yunus-bek Yevkurov. I dati ufficiali parlavano di 17 voti a favore su 25, ma alcuni dei parlamentari che avevano votato contro si sono uniti ai manifestanti dichiarando che i risultati erano stati falsati.
Quando poi Yevkurov è sceso in strada per rivolgere un discorso ai dimostranti, è stato accolto da un lancio di bottiglie d’acqua che ha costretto le forze di sicurezza a sparare in aria per disperdere la folla.
Da allora, un migliaio di persone si è organizzata in un sit-in permanente nelle vie del centro di Magas, ricevendo il pieno supporto della popolazione della città. Dal momento che le autorità hanno bloccato internet mobile in tutta la repubblica, gli abitanti di Magas hanno aperto le loro connessioni Wi-fi casalinghe, mentre i ristoratori forniscono cibo e bevande calde ai manifestanti. Gli anziani e – cosa rara per il Caucaso del nord – molte donne si sono uniti al movimento di protesta che, nel frattempo, viene ignorato dai media russi.
Il peso del passato
Le richieste della piazza sono chiare: lo scambio deve essere annullato. La memoria collettiva dei torti subiti nel passato è, evidentemente, ancora viva. Negli anni ’50 all’Inguscezia era già stato sottratto il distretto di Prigorodnyi, nei pressi della città di Vladikavkaz. Con il crollo dell’Urss, il tentativo di riconquistare militarmente questo territorio all’Ossezia del Nord, ha portato alla totale deportazione della popolazione inguscia della zona.
I manifestanti contestano a Yevkurov anche il metodo con cui l’accordo è stato imposto alla popolazione dell’Inguscezia. La costituzione della repubblica prevede, infatti, che si proceda ad una consultazione referendaria nel caso di uno spostamento dei confini.
L’attuale situazione è anch’essa eredità dell’epoca sovietica. Tra il 1935 e il 1993, Inguscezia e Cecenia –popolate sostanzialmente dallo stesso gruppo etnico– facevano parte di un’unica entità territoriale. Nonostante i due accordi siglati nel 1993 e nel 2003 che hanno definito il confine attuale, le autorità di Groznij hanno mantenuto rivendicazioni territoriali nei confronti della repubblica sorella.
Negli anni anni recenti, si sono registrati due picchi di tensione. Nel 2013, le forze di sicurezza cecene hanno sconfinato nel territorio dell’Inguscezia, dove si sono scontrate con la polizia locale. Pochi giorni fa, le autorità di Magas si sono, invece, dichiarate vittime di un tentativo di annessione, quando è iniziata la costruzione di una strada di collegamento tra il distretto di Galanchozh, in Cecenia, con l’Inguscezia.
Il portavoce del presidente russo Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha spiegato che a Mosca monitorano la situazione nel Caucaso, ma che sono le autorità locali a dover mantenere il controllo della regione. Il Cremlino si trova nella difficile condizione di dover scontentare una delle due parti. Quella di Magas è una forma di protesta forte e compatta che rappresenta una novità nella Russia contemporanea. Al contempo, il presidente della Cecenia Ramzan Kadyrov può avvalersi del suo ruolo di pacificatore del paese per imporre le sue ragioni.
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Immagine: Caucasian Knot