Al porto di Mariupol regna una quiete irreale. In quello che era il principale scalo ucraino sul mar d’Azov non attraccano più navi, vuoti container giacciono sulla banchina, ferme le gru puntellano un paesaggio immobile. La quiete di Mariupol è lo specchio della tensione che ancora agita il paese.
La città vive sospesa in un limbo, a poche braccia di mare dalla Crimea annessa dai russi e appena al di fuori delle aree occupate del Donbass. Prima del conflitto Mariupol era lo snodo per le merci prodotte nella regione, una delle più ricche del paese, ad altissima densità industriale. Non a caso il Donbass era feudo di uno dei più influenti e potenti oligarchi del paese, Rinat Achmetov, già sostenitore di Yanukovich e poi ambiguo protagonista del nuovo corso. Durante le prime fasi dell’occupazione del Donbass, la città è stata circondata dai filorussi e ancora adesso è stretta nella morsa dei check-point. Da qualche tempo, anche nel mare – unico sfiatatoio della città – è stato eretto un muro: navi da guerra russe bloccano lo stretto di Kerch impedendo l’accesso al mar d’Azov. Mercantili e pescherecci restano come imprigionati in uno stagno. I commerci verso il mar Nero sono bloccati.
Quelle che erano acque divise fra Russia e Ucraina e, in base a un accordo del 2003, liberamente navigabili dai navigli dei due paesi, sono diventate acque -illegalmente- russe dopo l’annessione -altrettanto illegale- della Crimea. La linea di confine invisibile che ne attraversava i fondali è stata violata da Mosca, come tutte le altre frontiere calpestate da miliziani e ‘omini verdi’ inviati e foraggiati dal Cremlino. Le acque territoriali ucraine sono state ridotte della metà. La Russia afferma che il blocco è una misura preventiva per difendere il ponte di Kerch, recentemente costruito ad unire le due sponde dello stretto omonimo, dall’attacco di terroristi ucraini. Kiev ribatte che si tratta di un tentativo, peraltro riuscito, di isolare la città in vista di futuri attacchi.
Le poche navi cui le autorità russe consentono l’accesso subiscono lunghi ed esasperanti controlli da parte delle guardie di frontiera marittime russe, causando ulteriori perdite finanziarie sia per i porti, sia per le compagnie di navigazione. “Il controllo dura da tre a quattro ore, ma aspettare gli ispettori richiede fino a cinque giorni”, ha dichiarato il direttore del porto di Mariupol, Oleksandr Oliynyk. La naturale conseguenza di questi controlli è l’abbandono del porto di Mariupol da parte degli armatori e delle aziende di trasporto marittimo.
La strategia russa è chiara, si tratta di trasformare il mar d’Azov in un lago russo. Un’altra annessione territoriale illegittima, a ben vedere. Di più, si tratta della chiara dimostrazione che Kiev è impotente.
Il governo ucraino non può reagire, consapevole che è proprio ciò che Mosca attende, e si limita a vane proteste internazionali. Gli Stati Uniti targati Donald Trump sono però insensibili alle perorazioni di Kiev. Tutto sembra fermo in attesa delle prossime elezioni che si terranno nel marzo 2019. Il presidente uscente, Petro Poroshenko, sta colando a picco nei sondaggi (gli ucraini non hanno fatto la rivoluzione per avere un altro corrotto al potere) e Julia Timoshenko è data per favorita. Già, proprio lei, la Timoshenko, donna per tutte le stagioni: pasionaria arancione, zarina del gas, in affari con il Cremlino, incarcerata da Yanukovich, eroina del nazionalismo ucraino, è sicuramente la candidata ideale per i burattinai di Mosca e Washington, ultimamente in vena di convergenze.
La sua ambiguità sarà il terreno su cui costruire una pace inevitabile quanto disonorevole, che vedrà l’Ucraina sacrificata sull’altare degli equilibri internazionali e delle sfere d’influenza? Intanto Mariupol soffoca come d’assedio mentre il silenzio del porto è spezzato solo dal grido dei gabbiani.
Dopo toccherà all’Adriatico 😉
Signore si convinca che l’Ucraina è Russia.
E del colpo di stato avvenuto in Ucraina il sig. Giornalaio non né parla??
caro Michele
colpire la persona (“giornalaio”) quando non si è d’accordo con le idee, è atteggiamento che non si presta ad essere preso sul serio. Degli eventi di Maidan abbiamo parlato diffusamente dal 2014 a oggi. Cordialmente
Z.M.
Caro Matteo Zola , Il giornalista serio ( anche se di parte ) dovrebbe comunque riferire i fatti reali e non le falsità:
non c’è nessun blocco navale dello stretto di Kerch e nessun impedimento al traffico marittimo internazionale ( compreso quello ucraino ) . Sa benissimo che in seguito a ripetuti atti di pirateria da parte dell’Ukraina ( arresto illegale delle navi commerciali sotto bandiera russa ) , le autorità russe hanno imposto un controllo reale ( e non formale , come prima ) delle navi in transito , in pieno rispetto delle norme internazionali . Per quanto riguarda le questioni di “annessione” di Repubblica di Crimea e delle “truppe inviate e foraggiate da Mosca” , è evidente ictu oculi che parla un giornalista senza la cognizione personale di causa perché mai stato di persona ne’ in Donbass ne’ in Crimea , cioè un giornalista d’ufficio ….
E di quale parte sarei, di grazia? E le mie informazioni, oltre a non essere false, sono riportate dai giornali di mezzo mondo. Se lei vuole credere che si tratti di leciti controlli su un tratto di mare, faccia pure. Ma quel tratto di mare è illecitamente controllato, poiché lo stretto di Kerch non appartiene alla Russia e il suo controllo è il risultato dell’occupazione della Crimea, illegale come tutto ciò che ne è derivato. Non c’è nessun rispetto del diritto internazionale perché, proprio secondo il diritto internazionale, la Crimea è Ucraina e la Russia lì non ci dovrebbe proprio stare. Come non ci dovrebbe stare il ponte di Kerch, sempre parlando di diritto internazionale.
Il volume dei traffici a Mariupol è calato proprio per via dei “controlli” -come li chiama lei – allo stretto. E se quei controlli sono possibili grazie alla presenza militare (è da luglio che Mosca ha mandato le navi) allora io lo chiamo blocco navale. La mappa mostra bene come i russi controllino illecitamente acque non proprie. Saluti.
M.Z.