La polizia slovacca ha arrestato alcuni sospettati per l’omicidio di Jan Kuciak, giovane giornalista investigativo trovato morto il 25 febbraio 2018 nel suo appartamento alla periferia di Bratislava, ucciso da alcuni colpi di pistola al petto. Con lui è stata uccisa anche la fidanzata, Martina Kušnírová morta per un colpo alla testa dopo aver tentato di nascondersi.
Le autorità slovacche avevano dichiarato che la morte di Kuciak era da collegare con il lavoro investigativo del giornalista. In particolare, Kuciak aveva scoperto come la ‘ndrangheta italiana fosse penetrata nel paese, arrivando a mettere le mani sui fondi europei per l’agricoltura. Il denaro veniva deviato nelle casse dell’organizzazione grazie alla collusione di alcuni politici locali esponenti dello SMER, il partito social-democratico attualmente al governo.
Le proteste di massa che seguirono all’omicidio del giornalista portarono alle dimissioni del premier, Robert Fico, leader dello SMER; del ministro degli Interni, Robert Kalinak; e del capo della polizia, Tibor Gaspar. Il ruolo della polizia è stato poco chiaro fin dall’inizio.
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Secondo alcuni colleghi di Kuciak, agenti di polizia avrebbero deliberatamente distrutto e inquinato prove. In un’intervista rilasciata a East Journal, Peter Bardy, direttore di Aktuality, testata per cui Kuciak scriveva, ha dichiarato: “Pensavo di vivere in un paese democratico, dove i giornalisti sono protetti”. Non è così quando criminalità organizzata e politica vanno a braccetto, lasciando i giornalisti da soli, senza protezione e facili bersagli dei sicari.
Questi arresti potranno forse servire a individuare e punire i responsabili materiali dell’omicidio ma i mandanti restano ancora nell’ombra. Il caso Kuciak è tutt’altro che chiuso.
Un brutto copione già visto da noi purtroppo.