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KOSOVO: Migliaia di finti veterani di guerra, indagati i vertici della politica

Negli ultimi mesi, il governo kosovaro ha dovuto fare i conti con la questione di un eventuale scambio di territori con la Serbia come soluzione finale degli storici dissidi tra i due paesi. La normalizzazione dei rapporti con Belgrado non è stata però l’unica preoccupazione per il primo ministro Ramush Haradinaj. A rendere la situazione interna ancora più turbolenta è stato lo scandalo legato alla falsificazione delle liste dei veterani di guerra appartenenti all’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, protagonista del conflitto contro le forze di Slobodan Milosevic nel 1998-99.

Le indagini

Secondo i risultati forniti lo scorso luglio da Elez Blakaj, il procuratore che seguiva le indagini, nel caso sarebbero coinvolti ben 12 ex-membri della commissione governativa incaricata di verificare la regolarità di tali liste, che sono stati accusati di abuso di posizione e autorità. Tra i nomi degli indagati, resi pubblici dai media a settembre, risultano importanti personalità della politica kosovara come Agim Ceku, ex-comandante dell’UCK, ex-primo ministro e ministro della sicurezza, nonchè capo della commissione governativa, e Sadik Halitjaha, ex-presidente dell’Associazione dei veterani di guerra.

Le indagini hanno mostrato come negli ultimi anni le liste dei veterani siano state gonfiate a dismisura per permettere a persone che non avevano mai combattuto la guerra di ricevere la pensione garantita agli ex-combattenti e alle loro famiglie da un’apposita legge. Sulla base di questa, le associazioni di veterani controllano direttamente il processo di approvazione dello status, la verifica delle liste e l’assegnazione delle pensioni.

Le dimissioni

Poche settimane dopo la richiesta di accusa, il procuratore Blakaj ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico, denunciando gravi minacce ricevute per il suo lavoro di indagine. Lo stesso primo ministro Haradinaj, in un’intervista televisiva, aveva tacciato il procuratore di essere un “ladro, fuggito a Bllaca (campo profughi in Macedonia) durante la guerra”.

Blakaj ha inoltre dichiarato pubblicamente di aver ricevuto pressioni anche dal Procuratore capo del Kosovo Aleksander Lumezi che, pur riconoscendo la presenza di circa 19 mila falsi veterani, non ha apprezzato la decisione di interrogare Kadri Veseli, attuale presidente dell’Assemblea del Kosovo, un tempo capo del servizio di intelligence clandestino SHIK. Nonostante le divergenze all’interno della magistratura, il 14 settembre Lumezi ha firmato l’atto di accusa ufficiale presentato al Tribunale di Pristina chiedendo di emettere un provvedimento che sospendi il pagamento delle pensioni ai falsi veterani fino alla conclusione del procedimento.

Le cifre e i sospetti

Attualmente le pensioni erogate a ex-combattenti e invalidi pesano sul bilancio statale per ben l’1,2% del Pil con un budget in continuo aumento. Solo nei primi sei mesi del 2018 la spesa totale è stata di 37,8 milioni di euro sui 58,7 totali previsti per quest’anno. La falsificazione delle liste avrebbe causato un danno alle casse dello Stato di circa 68 milioni di euro. Non proprio briciole per un paese in gravi difficoltà economiche.

Sorge legittimo il dubbio che il riconoscimento della pensione di guerra anche a chi non ha combattuto sia stato usato come strumento clientelare dall’apparato politico del paese, proprio a causa della mancanza di prospettive lavorative per migliaia di kosovari (circa il 35% di loro è attualmente disoccupato). Singolare il fatto che il numero più alto di veterani provenga dalla zona del Dukagjini, storica roccaforte elettorale del premier Haradinaj, comandante dell’UCK proprio in quell’area durante la guerra.

Le dimissioni del procuratore responsabile delle indagini, avvenute a metà agosto scorso, hanno provocato la reazione di una parte della società civile riunita intorno al movimento indipendente “Protestoj”, nato nel 2016 e animatore di numerose manifestazioni contro la corruzione e il controllo politico esercitato sulla magistratura. I cortei di protesta, organizzati a Pristina in queste settimane, chiedono le dimissioni del procuratore capo Lumezi e di tutti i principali esponenti politici del paese, compresi il presidente della Repubblica Hashim Thaci e il primo ministro Haradinaj.

Sembra piuttosto difficile immaginare che lo scandalo delle liste gonfiate riesca a provocare un cambio di uomini ai vertici della magistratura kosovara e la fine del controllo politico su di essa. La questione ha però avuto l’effetto positivo di riattivare la società civile, troppo spesso relegata ai margini e vittima impotente delle scelte politiche del governo.

Chi è Marco Siragusa

Nato a Palermo nel 1989, ha svolto un dottorato all'Università di Napoli "L'Orientale" con un progetto sulla transizione serba dalla fine della Jugoslavia socialista al processo di adesione all'UE.

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