Nella primavera-estate del 1968, in Unione Sovietica, iniziava a circolare la Cronaca degli avvenimenti correnti (Chronika tekuščich sobytij), il primo bollettino di informazione sulla situazione dei prigionieri politici nel paese. Sarebbe uscito per i 24 anni successivi. La Chronika è stata il prodotto più consistente del movimento dissidente in Unione Sovietica e nessuna altra pubblicazione ha coperto le violazioni dei diritti umani nell’era post-staliniana per così lungo tempo. Il ruolo della Chronika fu fondamentale non solo al tempo, ma ha rappresentato un’eredità importante per tutto il movimento in difesa dei diritti civili nella Russia post-sovietica.
Il contesto: dissenso, cucine, samizdat
Il dissenso, in un paese come l’Unione Sovietica, poteva avvenire solamente sottovoce: anche dopo la morte di Stalin, la critica pubblica non era stata sdoganata, bensì continuava ad esprimersi nei luoghi privati di ognuno. Il luogo simbolo di queste proteste discrete era la cucina. Ultimo baluardo delle libertà individuali, la cucina era una nicchia intima dove – circondati da amici fidati – si poteva osare tutto quello che non si sarebbe potuto fare al di fuori: criticare il governo.
Del ruolo delle cucine ha scritto ampiamente Gian Piero Piretto, in diverse sue opere dedicate a oggetti e luoghi simbolo dell’URSS. Difficile trovare parole migliori delle sue, quando, in un estratto di un suo libro, Piretto descrive questo luogo della casa come “il territorio della “protesta” più autentica e in maggiore sintonia con il più puro spirito russo: non fragorosa, non eclatante, non mirata a uscire dai confini ma a fornire a chi non sopportasse la meschinità, la trivialità, la bassezza di ogni giorno, qualche momento intenso, sincero, fuori dalla norma, dai canoni, dallo squallore”.
Complice anche l’atmosfera ispirata dal “disgelo” di Chruščev, si poteva osare di più: alle discussioni politiche e alle musiche dei bardi si accompagnava la lettura dei libri vietati dal regime, che venivano distribuiti grazie alla tecnica del samizdat. Quest’ultima rappresentava un vero e proprio fenomeno socio-culturale: letteralmente “edito in proprio”, dall’unione delle parole sam (da sé) e izdat’ (pubblicare), il samizdat consisteva nella riproduzione multipla – attraverso la carta carbone – di opere letterarie non ufficiali e la loro successiva distribuzione all’interno di strette cerchie di amici e conoscenti. Anche la nascita di Chronika è figlia di questo contesto socio-culturale: il primo nucleo di dissidenti in URSS proveniva dall’intelligencija, si incontrava in occasioni informali, non si riconosceva nei dogmi del socialismo reale e aveva a cuore la situazione dei diritti umani nel paese. Un vero e proprio bollettino, tuttavia, non apparì dall’oggi al domani. Per capire come nacque la Cronaca, bisogna tornare indietro di un paio di anni rispetto alla sua comparsa.
Origini e nascita del bollettino
Nell’autunno 1965 vennero arrestati gli scrittori Aleksandr Sinjavskij e Julij Daniel’. Rei di aver pubblicato all’estero – e sotto pseudonimo – opere invise al regime, i due scrittori vennero processati e condannati, in quello che fu un vero e proprio “processo show” dal sapore staliniano, che sancì la fine del disgelo chruščeviano e segnò l’inizio della nuova chiusura del regime di Breznev.
L’intera vicenda rappresentò una tappa fondamentale del movimento dissidente in Unione Sovietica. Le vicende dei due autori diedero luce, ancora prima del processo, bensì già nel mese di dicembre 1965, a un nuovo movimento per la tutela dei diritti civili. Il 5 dicembre, infatti, un gruppo di giovani letterati si riunì in piazza Puškin a Mosca. L’incontro, organizzato intenzionalmente in occasione della Giornata della Costituzione, si chiamava “meeting della trasparenza” (miting glasnosti) e i manifestanti chiesero a gran voce il rispetto delle leggi per il processo ai due scrittori. La parola glasnost’ venne dunque utilizzata dagli organizzatori già vent’anni prima della perestrojka di Gorbačëv, per richiedere le medesime condizioni di trasparenza. La protesta di piazza Puškin, nonostante la modesta partecipazione (poche decine di persone) e la rapida dispersione da parte del KGB, fu la prima azione pubblica del movimento dissidente.
Nell’estate del 1966 Aleksandr Ginzburg cominciò a redigere la raccolta documentaria Libro bianco sul caso di Sinjavskij e Daniel’, in cui incluse i documenti precedenti al processo, recensioni della stampa straniera sui lavori di Terc e Aržak (gli pseudonimi di Sinjavskij e Daniel’), interventi di personalità straniere in loro difesa, il volantino che pubblicizza il “meeting della trasparenza” del 5 dicembre 1965 in piazza Puškin, gli atti del processo, gli articoli della stampa dopo il processo e le reazioni degli altri scrittori sovietici alla condanna dei due autori. Ginzburg venne arrestato e processato nel 1968.
Il processo a Ginzburg fu il tema centrale del primo numero della Chronika e la cronaca dei processi politici divenne così un nuovo genere letterario riprodotto in samizdat. Il bollettino venne pubblicato per 24 anni, per un totale di 64 edizioni. La tiratura complessiva di ogni numero raggiungeva alcune centinaia di copie: la redazione preparava otto copie, ognuna delle quali era poi riprodotta più volte a Mosca e nelle altre città dell’URSS.
La Chronika riceveva le notizie tramite il passaparola dei lettori e, negli anni ’70, anche da associazioni indipendenti impegnate nella difesa dei diritti civili, che avevano proprie fonti di informazioni, o da altre pubblicazioni in samizdat. Col tempo, gli editori moscoviti poterono avvalersi dell’aiuto di corrispondenti da varie città dell’URSS.
Quasi tutti gli editori vennero arrestati, rinchiusi in campi di lavoro o in istituti psichiatrici, mentre alcuni riuscirono ad emigrare. L’ultima edizione fu pubblicata nel giugno 1982, mentre l’edizione numero 65 – già pronta – non vide mai la luce.
L’eredità di Chronika
L’eredità del primo movimento in difesa dei diritti civili e, quindi, della Chronika stessa, fu enorme. I membri del gruppo furono i fondatori dell’organizzazione Memorial, la più prominente ong russa, che si occupa sia di offrire supporto legale a vittime di varie violazioni, sia di approfondire lo studio dei crimini staliniani. Proprio la sede moscovita dell’organizzazione, nel 2015, ha iniziato un monumentale lavoro volto a creare una versione Wikipedia della Cronaca degli avvenimenti correnti.
Ma la Chronika rappresenta anche un esempio di ostinata resistenza, in un paese che di libera stampa e di alcuni diritti civili ancora non vuol sentir parlare. Lo riconosce uno dei fondatori di OVD-info, portale online che si occupa di monitorare le persecuzioni politiche e che, curiosamente, è nato dopo le proteste del 5 dicembre 2011, 46 anni dopo la prima protesta pubblica in difesa di Sinjavskij e Daniel’. OVD-info si ispira ampiamente alla Cronaca, di cui riprende i principi e il linguaggio documentaristico, senza emozioni, che denuncia senza urlare.
Non solo un pezzo di storia, dunque, ma fonte di ispirazione ancora oggi. La memoria delle violazioni passate rende giustizia a coloro che le hanno subite e, allo stesso tempo, mantiene vivo il dibattito su un periodo di storia di cui è difficile parlare. In Russia, le autorità perseguitano in diversi modi coloro che indagano fatti storici controversi, che esulano dai momenti gloriosi dalla forte valenza patriottica. La stessa cosa vale – ovviamente – per tutti quegli attivisti che si discostano troppo dalla linea ufficiale. Essi sono i dissidenti di oggi e la Chronika non può che essere un modello per molti di loro.