Nel nord-est della Lituania, non lontano dalla frontiera bielorussa, circondata da laghi e foreste, sorge Visaginas, la cittadina più giovane della Lituania. Il confine dove sorge non è solo politico, ma anche linguistico e culturale nella storia della repubblica baltica nell’era post-sovietica.
Visaginas non è solamente la città di più recente formazione nel continente, ma anche la città con la più alta percentuale di abitanti di lingua russa dello stato. Il motivo è strettamente dovuto al motivo della sua fondazione.
Il contesto in cui nasce Visaginas
Arrivare da Vilnius a Visaginas tramite macchina significa attraversare parte del paesaggio che forma la Lituania sudorientale, una terra dove il mondo baltico e quello slavo non solo si incontrano, ma si mescolano in un melting pot di lingue, tradizioni e costumi: lituani, polacchi, russi, bielorussi (senza contare la secolare presenza ebraica distrutta dalla tragedia dell’Olocausto), che hanno modellato questo territorio passato da una dominazione all’altra, dalla confederazione polacco-lituana all’impero zarista, dalla seconda repubblica polacca all’URSS per poi far parte della rinata repubblica lituana.
Non stupisce allora come Visaginas, situata più a nord, nasca in un contesto di forte eterogeneità, anche se per motivi e in un contesto storico fortemente differenti.
La città viene fondata nel 1975 con il nome di Sniečkus, in onore dell’ex segretario del partito comunista lituano Antanas Sniečkus, per ospitare gli ingegneri e i lavoratori altamente specializzati dell’allora neonata centrale nucleare di Ignalina. La città nasce quindi nell’ottica di insediamento industriale per andare incontro agli obiettivi strategici in ambito economico del regime sovietico (si veda M. Dremaitė, Baltic Modernism-Architecture and Housing in Soviet Lithuania).
I nuovi abitanti provenivano da ogni angolo dell’Unione Sovietica: insieme alla maggioranza proveniente dalla Russia, c’erano anche kazakhi, azeri, armeni e altri gruppi etnici che erano stimati in totale a 43 al 1999 (A. Kavaliauskas, Visaginas (1975-1999), p.62). Non solo questi abitanti lavoravano nella centrale nucleare, ma contribuirono anche all’edificazione degli edifici una volta il loro turno di lavoro era finito, nel pieno spirito pionieristico propagandato dal regime. La definizione di città proletaria però stava stretta alla città, in quanto come menzionato ospitava la “classe media” del regime, e dove gli stipendi erano maggiori della media lituana.
La Visaginas di oggi
A chi va a visitare Visaginas per la prima volta farà certamente impressione l’impronta futurista e modernista della città: costruita in mezzo ad una foresta sul modello di una farfalla, con un centro e relative ali (nonostante il progetto originario non sia mai stato completato), presenta boulevard larghi con nomi che ne richiamano il passato sovietico, come Kosmoso gatvė (strada del Cosmo), Veteranu gatvė o Energetiku gatvė, con percorsi pedonali che tagliano il centro collegando i vari micro-quartieri, formati da palazzoni in stile tardo modernista con mattoni rossi. In quasi tutti gli edifici sono ancora presenti gli altoparlanti che dovevano annunciare esercitazioni di evacuazione o lavori in corso alla centrale nucleare. Nei cortili sorgevano dei parco giochi con infrastrutture che ricordavano la conquista del cosmopromossa dal regime. Purtroppo ad oggi ne rimangono pochi nella loro forma originale, in quanto le varie amministrazioni locali hanno promosso un programma di riqualificazione urbana che ha generato molte polemiche da parte di chi vuole salvaguardare il volto storico della città. Di fronte al municipio si erge ancora il contatore di radiazioni, il cui simbolo è la gru che sta in cima.
Culturalmente e linguisticamente, gli abitanti di etnia e lingua russa compongono la maggioranza della popolazione urbana, quasi il 55%. Questa predominanza russofona sull’elemento lituanofono ha gettato le basi per una comunità distinta all’interno del quadro della Lituania moderna, tacciata molte volte dal sentire popolare come un’oasi in qualche modo isolata dal contesto nazionale.
Dopo la dissoluzione dell’Urss, la città ha vissuto uno spopolamento in linea con gli altri piccoli centri abitati della Lituania, nonostante buona parte della popolazione sia rimasta in città: alcuni dei quadri intermedi decisero di tornare in Russia o nelle altre ex repubbliche socialiste di provenienza in quanto non sentivano l’appartenenza alla nuova Lituania indipendente, altri hanno lasciato quando il governo ha deciso di chiudere l’impianto atomico a partire dal 1999, con l’ultima unità chiusa nel 2009. Gli abitanti che sono rimasti hanno dovuto affrontare le sfide e le problematiche dell’integrazione nel nuovo soggetto statale, in special modo per quanto riguarda l’apprendimento della lingua lituana, ma anche per la riorganizzazione dell’economia cittadina.
Per molti abitanti del paese Visaginas continua a rimanere un posto misterioso, chiuso e lontano dal punto di vista culturale e anche anacronistico vista la scomparsa dell’identità atomica.
Ma il passato nucleare è ancora così determinante nella narrazione della città e dei suoi abitanti? Questo si è domandata Neringa Rekašiūtė, fotografa che ha deciso coraggiosamente di trasferirsi a Visaginas, nonostante lei non parli russo. Recentemente ha organizzato una mostra fotografica, chiamata appunto “Identità atomica”, in un appartamento privato, con l’aiuto di attori che simulavano scene di vita quotidiana al tempo del regime sovietico. Scopo della mostra non era solo mostrare l’attaccamento e l’orgoglio degli abitanti alle loro radici e alla loro cultura, ma anche interrogarsi se il passato non abbia in qualche modo fermato il tempo della città.
A Visaginas Alex gestisce l’associazione Točka (punto), un centro sociale, punto di ritrovo dei ragazzi: qui si tengono iniziative culturali o semplicemente ci si va a leggere un libro sui divano. La città, racconta Alex, ha molto da offrire a livello di memoria storica e ha molte storie e leggende urbane al limite tra il pulp e il comico da narrare.
Mancano le chiese o i monumenti antichi a cui si è abituati, ma Visaginas è una città a tutti gli effetti e in quanto tale non vi mancano i piani urbanistici dibattuti e criticati. La modernizzazione della città attraverso l’uso di fondi europei ha portato, ad esempio, a decisioni controverse, come la demolizione effettuata questo inverno dell’Aukstatija Hotel, un tempo l’edificio più alto della città, per far spazio secondo i rumors ad un centro commerciale Lidl.
Ma i suoi abitanti non sono nemmeno chiusi al mondo esterno: il gruppo Litwild di Anton e sua moglie Nastija organizza escursioni sia a piedi che in bici mostrando i meravigliosi laghi e laghetti e le foreste che inghiottono il centro urbano, promuovendo una nuova visione di Visaginas e un concetto di turismo eco-sostenibile: mantenere una memoria storica, ma anche dimostrare che si può andare verso nuove direzioni. Paradigma bizzarro pensando al difficile smaltimento delle scorie nucleari.
Ecco, mi sono dimenticato di scrivertelo per la fretta: l’articolo su Visaginas è molto ben fatto, complimenti!