Nella giornata di mercoledì la Corte Costituzionale romena ha emesso una sentenza che, di fatto, obbliga il presidente della Repubblica Klaus Iohannis a firmare il decreto di rimozione di Laura Codruta Kovesi dal ruolo di procuratore capo della Divisione Nazionale Anticorruzione (DNA). La decisione dei giudici ha sorpreso l’opinione pubblica del paese: proteste si sono registrate a Bucarest e a Sibiu
I fatti
A febbraio il ministro della Giustizia Tudorel Toader aveva avviato la procedura di rimozione della Kovesi dalla carica di procuratore capo, a causa di presunti abusi da parte della DNA nello svolgimento delle sue indagini. Iohannis ha bloccato l’iter, rifiutando di firmare il decreto. Di fronte allo scontro istituzionale creatosi è intervenuta la Corte, che ha dato ragione al ministro. Le motivazioni della sentenza verranno pubblicate ufficialmente entro un mese, ma un comunicato stampa dei giudici costituzionali ha già reso note le ragioni della decisione. Secondo i togati, il presidente non avrebbe potuto ostacolare un atto che rispettava la formalità e la procedura legale. In altre parole, i giudici rimproverano a Iohannis il fatto di essersi opposto per ragioni di opportunità politica ad un’azione, quella intrapresa dal ministro, che rispettava tutte le formalità giuridiche. Quando le motivazioni della sentenza verranno pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, la decisione diventerà immediatamente esecutiva.
Iohannis all’angolo
Il verdetto della Corte ha scatenato la reazione dei settori dell’opinione pubblica romena più ostili al partito social-democratico (PSD). Non vi è dubbio che, nell’imperitura battaglia tra PSD e presidente della Repubblica, i giudici costituzionali hanno fornito un assist al bacio a Liviu Dragnea il quale, consapevole della situazione di vantaggio acquisita, ha evitato dichiarazioni incendiarie. Stessa linea seguita dall’altro grande vincitore della vicenda, Toader. Cosa farà Iohannis adesso? Il presidente è con le spalle al muro: opporsi alla sentenza dei giudici porterebbe ad una crisi istituzionale e ad uno scontro tra poteri dello Stato che la Romania attualmente non può permettersi. I tassi di crescita economica del paese sono tra i più elevati dell’UE, e una crisi di sistema potrebbe vanificare quanto di buono sin qui fatto. Anche da un punto di vista propagandistico, scagliarsi contro i giudici dopo averne difeso per anni l’indipendenza dalle ingerenze del potere politico, potrebbe essere controproducente. Difficilmente tra un mese vedremo la Kovesi seduta sul suo scranno. La DNA ha reagito alla sentenza con un comunicato ufficiale, in cui i procuratori si dichiarano: “preoccupati per l’attacco alla loro indipendenza, garanzia essenziale per un’efficace lotta alla corruzione”.
Futuro incerto
La decisione della Corte, volontariamente o no, ha posto i giudici sotto il pieno controllo del ministro della Giustizia. A Iohannis rimane comunque un’arma: resta a lui il potere di nomina del nuovo procuratore capo della DNA, sempre su proposta del ministro. Tuttavia, di fronte a un nuovo conflitto istituzionale tra ministro e presidente, bisogna chiedersi quanta incidenza avrà la sentenza dello scorso mercoledì, che ha chiaramente rafforzato la posizione del governo a scapito di quella di Iohannis. L’autorevole commentatore Cristian Tudor Popescu ha addirittura paragonato la posizione di Iohannis a quella del re Michele nel 1947; un capo di stato impossibilitato a svolgere delle sue funzioni a causa di un governo dispotico che, contando sul sostegno di una magistratura compiacente, ha imbrigliato l’intero sistema costituzionale. In questo marasma istituzionale, bisogna chiedersi quale sarà il ruolo della piazza: buona parte dell’opinione pubblica è apertamente a favore della Kovesi e dei suoi metodi duri di lotta alla corruzione, e la sua rimozione potrebbe scatenare nuove grosse ondate di proteste.