RUSSIA: Non è il nostro zar. Violati i diritti umani alle proteste anti-Putin

Le proteste anti-Putin “Non è il nostro zar” tenutesi sabato 5 maggio in 27 città russe hanno provocato numerosi arresti e violenze a discapito dei manifestanti, i cui diritti umani sono stati (nuovamente) violati dal governo di Vladimir Putin.

Organizzate dai sostenitori dell’oppositore del capo del Cremlino, l’ormai noto Aleksej Naval’nyj, le manifestazioni sono state programmate appositamente a due giorni dall’inaugurazione ufficiale del “nuovo” presidente, che si terrà lunedì 7 maggio. Un presidente che non è stato scelto e che non vuole essere riconosciuto come uno zar da una parte del popolo russo, la quale chiede oggi giustizia e rispetto.

Secondo i dati dell’organizzazione non-governativa OVD-Info, durante i cortei pacifici che proponevano gli slogan “Non è il nostro zar” e “Noi non l’abbiamo votato”, sono state arrestate più di 1500 persone, di cui 704 a Mosca e 229 a San Pietroburgo. Oltre all’ennesimo arresto dello stesso Aleksej Naval’nyj, accusato di aver “coordinato un evento pubblico non autorizzato”, OVD-Info rende noto che nella capitale sono stati fermati e picchiati diversi giornalisti, tra cui Oksana Gandzjuk del canale televisivo Dožd’, Il’ia Gorškov e Aleksandr Antjufeev della testata Daily Storm e il fotoreporter Michail Grebenščikov di Novaja Gazeta. L’organizzazione, che sta seguendo gli sviluppi della protesta aggiornando l’elenco completo e fornendo informazioni dettagliate sugli arrestati, ha constatato che il numero degli arresti è eguagliabile a quello delle manifestazioni contro la corruzione del 26 marzo 2017 e di piazza Bolotnaja del 2011-2012. Tuttavia, la violenza usata contro i manifestanti sembra essersi intensificata.

Gli arresti sono stati infatti accompagnati da scontri ultra-violenti con le unità speciali dell’OMON, che non hanno esitato a tirar fuori i loro manganelli, facendo uso addirittura di scosse elettriche. Le forze di polizia, inoltre, sono state aiutate dai membri del movimento politico russo ultra-conservatore NOD (Nacional’no-osvoboditel’noe dviženie) di Evgenij Fëdorov, i quali si sono presentati tra i manifestanti con divise e cappelli da cosacchi e il nastro di San Giorgio, loro simbolo identificativo.

Gli attivisti per i diritti umani, grazie anche al sostegno di diversi media nazionali e internazionali, hanno denunciato, ancora una volta, l’estrema violenza della polizia, nonché evocato il rischio che contro alcuni degli arrestati vengano avviati dei procedimenti penali simili a quelli del caso “Bolotnaja”.

Pochi giorni dopo la giornata mondiale per la libertà di stampa, ci risiamo: la Russia di Putin continua ad essere un pericolo per la libertà di espressione e associazione. “La detenzione dei giornalisti minaccia anche la libertà di stampa” ha dichiarato la portavoce di Federica Mogherini. Nonostante la protesta “Non è il nostro zar” non sia stata autorizzata ufficialmente, gli arresti e la brutalità manifestata dalle autorità russe non sono giustificabili, né tanto meno perdonabili. L’UE si aspetta che la Russia rispetti gli impegni internazionali concordati e rilasci immediatamente manifestanti e giornalisti.

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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Un commento

  1. L’Europa vorrebbe vedere la Federazione Russa ridotta come se stessa e cioé indebitata a suon di prestiti ebraici dell’FMI alias Diritti Umani. Ancora dubbi?

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