Il 23 febbraio, Archil Tatunashvili, un ex soldato georgiano di trentacinque anni che viveva del commercio transfrontaliero di frutta e verdura, è morto in carcere, nella capitale dell’Ossezia del Sud, Tskhinvali. Secondo quanto riferito dalle autorità della regione, l’uomo è deceduto per arresto cardiaco dopo essere caduto dalle scale nel corso di un tentativo di fuga.
Tatunashvili era stato arrestato, insieme ad altre due persone, il giorno precedente a Leninkoran, una località alla frontiera osseto-georgiana. L’accusa era quella di essere stato coinvolto nell’uccisione di civili osseti nel corso del conflitto dell’agosto 2008, la cosiddetta “Guerra dei cinque giorni” che ha sancito l’indipendenza de facto dell’Ossezia del Sud dalla Georgia.
Il 25 febbraio, l’Unione europea ha descritto la morte del georgiano come “una fonte di grave preoccupazione” e ha sottolineato l’importanza di un’indagine indipendente per chiarire le circostanze del decesso. Bruxelles ha anche auspicato la liberazione degli altri due cittadini georgiani ancora detenuti a Tskhinvali e la restituzione della salma di Tatunashvili ai suoi familiari.
Quasi in risposta alla condanna internazionale, l’1 marzo, le autorità ossete hanno dichiarato di aver trovato un congegno esplosivo artigianale su un ponte sul fiume Ksan, a Leninkoran, accusando l’ex soldato di esserne l’artefice. Nella dichiarazione si sottolineava l’importanza strategica di questa infrastruttura che è l’unica a collegare la città di frontiera al resto del territorio dell’Ossezia del Sud e la cui distruzione renderebbe Leninkoran vulnerabile a un attacco da parte georgiana. La veridicità di questa versione, che fa sembrare Tatunashvili come un agente al servizio di Tbilisi, non è verificabile da nessuna fonte esterna.
Tskhinvali ha aspettato il 12 marzo, per liberare Levan Kutashvili e Ioseb Pavliashvili, i due cittadini georgiani ancora detenuti in Ossezia del Sud, e il 20 marzo, per restituire la salma di Tatunashvili alle autorità georgiane, intervallo di tempo apparentemente necessario per concludere l’autopsia. Il ministro della riconciliazione georgiano, Ketevan Tsikhelashvili, ha annunciato che il corpo verrà nuovamente esaminato a Tbilisi al fine di chiarire la causa della morte, prima di essere restituito alla famiglia.
La morte di Tatunashvili ha suscitato rabbia e indignazione nell’opinione pubblica georgiana, anche perchè è stato dimostrato che l’uomo nel 2008 combatteva in Iraq e non ha, quindi, preso parte al conflitto in Ossezia del Sud nell’agosto di quell’anno.
Tra le condanne delle forze politiche, il partito di opposizione “Georgia Europea” ha proposto di sanzionare gli individui chiaramente coinvolti nell’uccisione di cittadini georgiani sul territorio delle repubbliche separatiste. La risoluzione è stata adottata a larga maggioranza dal parlamento il 21 marzo (106 voti favorevoli su 110).
In precedenza avevano destato sorpresa, per la loro tempistica, le parole del primo ministro Giorgi Kvirikashvili che si era detto disponibile ad un dialogo diretto tra Tbilisi e le autorità delle due repubbliche separatiste in territorio georgiano (Abkhazia e Ossezia del Sud) per evitare il ripetersi di casi simili a quello di Tatunashvili. Le dichiarazioni distensive da parte di un capo di governo georgiano non sono una novità, ma è interessante che esse siano arrivate alla vigilia dell’ennesimo round di negoziati per la risoluzione dei conflitti in Georgia.
In ultima analisi, nel decimo anniversario della guerra di agosto si fatica, ancora, a trovare un approccio che possa portare al superamento delle dinamiche conflittuali che attanagliano la regione.
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Immagine: Eko Kavkaza