Khorgos si trova nei pressi del punto del pianeta più distante dal mare, eppure qui è nato un porto gigantesco, per la precisione un dry port, ossia uno snodo intermodale che connette le merci che viaggiano via mare alle rotte terrestri. Il porto di Khorgos è tra i più grandi del mondo ed è un punto centrale del progetto cinese One Belt One Road. Situata sul confine tra Kazakistan e Cina, la zona di Khorgos è stata teatro del breve conflitto armato tra cinesi e russi del 1969 e prima ancora della “pacificazione” della Zungaria nel XVIII secolo, conclusasi con la fine del popolo degli Zungari.
Oggi Khorgos, talmente al centro del nulla da far credere ad Erodoto che qui nascesse il vento del nord, si trova in una regione economica speciale ed ospita una ferrovia che trasporta 100mila container all’anno, cifra che dovrebbe quintuplicare entro il 2020. Il 49% del porto è stato acquisito dal colosso cinese COSCO, un’azienda in perdita fino al 2012, con l’intenzione di farne una nuova frontiera del commercio globale dal valore stimato in 520milioni di dollari. Tuttavia il confine tra Cina e Kazakistan più utilizzato per il passaggio delle merci è ancora quello di Dostyk.
Problemi in vista
La proprietà di Dostyk è al 50% russa, il che fa significativamente luce sugli interessi che si celano dietro il porto di Khorgos. Il progetto, nato nel quadro della volontà kazaka di svincolarsi dai legami con la Russia nella ricerca di un ruolo come potenza regionale, si situa infatti in un territorio che Mosca ritiene di sua pertinenza. Sebbene la nascita dell’Unione Economica Eurasiatica voluta da Putin sia stata molto positiva per la circolazione delle merci cinesi, un troppo stretto rapporto tra Cina e Kazakistan, come nel caso del’accordo petrolifero del 2009 ai danni della russa Transneft, non sarebbe gradito dai russi.
Le criticità legate al porto di Khorgos sono molte, a partire da quelle tecniche. Nello stesso Kazakistan, vero luogo di nascita dell’idea di far rivivere la Via della seta, le voci contro la presenza cinese sono sempre più forti, tanto da costringere in passato – fatto più unico che raro in Asia Centrale – il governo a ritirare a furor di popolo una riforma del diritto fondiario che avrebbe favorito gli investimenti stranieri. Molti analisti sottolineano poi come le spese cinesi per questo progetto siano totalmente sproporzionate e rivestano un carattere di natura puramente geopolitica.
La Cina sbarca in Italia
La Cina è infatti impegnata nell’acquisizione di una ragnatela di porti marittimi e terrestri, tanto che con l’acquisizione del controllo del terminal belga di Zeebrugge Pechino ora controllerebbe il 10% della capacità portuale europea. Investimenti sono stati fatti anche in Spagna, in Grecia dove è in corso di realizzazione il faraonico ampliamento del porto del Pireo ed anche in Italia. Nel nostro paese compagnie cinesi hanno acquistato il 40% della struttura logistica di Vado Ligure e molti interessi sono rivolti ai porti di Trieste e Venezia, una presenza cinese non sconosciuta nel nordest.
L’Italia nei progetti cinesi è fondamentale, da qui infatti le merci potrebbero raggiungere l’Europa continentale molto più comodamente rispetto al Pireo, un progetto nato dopo il fallito tentativo di acquisire il controllo del porto di Taranto. Venezia è poi strategica in vista del raddoppiamento del porto di Suez, senza considerare che la città lagunare fa già parte di un progetto. coordinato dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e cofinanziato dal Silk Road Fund e dal governo italiano. che riunisce i cinque importanti porti di Venezia, Trieste, Ravenna, Capodistria e Fiume.
Non tutto è oro…
Se dietro alle ambizioni cinesi ci siano reali interessi economici oppure una politica imperiale, resta il fatto che a Khorgos la Cina ed il Kazakistan si trovano ad affrontare sfide ingenti. Qui, in una zona davvero inospitale, è stata addirittura costruita dal nulla una nuova città: Nurkent. Gli abitanti sono al momento circa 2mila ma il progetto prevede la crescita della popolazione ad oltre 100mila unità. Per ora a causa dello squilibrio della bilancia commerciale cinese i container passano da Khorgos pieni per tornare verso la Cina vuoti; stiamo assistendo ad una politica di potenza dai piedi d’argilla?