L’aria che tira alla vigilia delle elezioni presidenziali di domenica 18 marzo porta con sé allo stesso tempo tensione e rassegnazione. Vladimir Putin vincerà – con percentuali più o meno bulgare – e si preparerà al suo quarto mandato. Il risultato, tuttavia, non arriverà senza gli sforzi delle autorità, atti a indirizzare notevolmente lo svolgimento delle elezioni. Non si tratta prettamente di brogli, poiché non sono questi ultimi a rendere le elezioni russe non competitive, o almeno non solo, come spiegava bene Oleksiy Bondarenko in un articolo sulle elezioni locali russe di sei mesi fa. E mentre non c’è dubbio che ci siano ancora arresti e colpi di manganello a reprimere le voci dissenzienti, spesso è soprattutto una spudorata propaganda – con l’abuso di risorse amministrative – a spostare decisamente l’ago della bilancia.
Un consenso sponsorizzato
Se il consenso di cui gode Putin viene spesso dato per scontato, spesso ci si dimentica dei vantaggi di cui Vladimir Vladimirovič – da presidente in carica – può disporre. Questo vantaggio è rappresentato in gran parte dall’uso delle risorse amministrative, ovvero risorse statali – finanziarie, umane, materiali o tecniche – a cui il presidente ha facile accesso. In altre parole, quello che accade in Russia – e in altri paesi non eccessivamente democratici – è l’ingente abuso di media, organizzazioni parastatali e altre risorse di cui l’autorità possiede praticamente il monopolio. Lo spazio su giornali e telegiornali, prevedibilmente, è dedicato quasi esclusivamente a Vladimir Putin, che quest’anno corre da candidato indipendente. Proprio per quest’ultimo motivo, il presidente uscente ha avuto bisogno di 300mila firme a sostegno della propria candidatura, tre volte le firme necessarie ai candidati con un partito alle spalle. Una cifra che certamente non ha spaventato Putin, i cui volontari si sono immediatamente attivati per raccogliere le firme necessarie. Come descritto in un recente report di Golos, organizzazione che sostiene elezioni libere e democratiche, le organizzazioni coinvolte nella campagna elettorale a sostegno di Putin sono spesso associazioni giovanili, che ricevono ingenti finanziamenti dal governo e rientrano quindi tra le cosiddette GONGO.
GONGO
GONGO
Una delle organizzazioni citate nell’indagine di Golos, l’associazione giovanile “Volontari della vittoria”, ricorda vagamente Naši, movimento giovanile attivo anni fa e considerato una GONGO per eccellenza. Si tratta di organizzazioni che simulano una sana partecipazione civica, ma che in realtà sono fortemente controllate dal governo: una società civile fasulla per elezioni altrettanto fasulle, come scrive amaramente Natalia Zviagina. Questa imitazione di società civile per tutta la campagna elettorale ha propagandato la candidatura di Putin, ha fortemente esortato i cittadini a recarsi alle urne e infine osserverà le votazioni domenica 18 marzo.
Ancor meno genuino e verosimile è il presunto supporto mostrato da un gruppo di Tatari di Crimea; la manifestazione, svoltasi alla fine di febbraio, ha visto i partecipanti indossare una maglietta con la scritta “Avanti Putin!” in lingua locale. Tuttavia, pare che lo slogan contenesse errori grammaticali e fosse scritto in lingua tatara, non la stessa parlata dagli autoctoni della Crimea, ma parlata in regioni come il Tatarstan. Un dettaglio trascurabile per gli organizzatori, ma che si è rivelato sufficiente a smascherare la vera natura della dimostrazione, chiaramente pianificata dall’alto. Sempre in Crimea, così come in Russia, i bambini nelle scuole sono attivamente coinvolti nella promozione delle elezioni, con attività che invitano i cittadini e i genitori ai seggi. Specialmente nella penisola, annessa illegalmente alla Federazione russa nel 2014, il rischio di una bassa affluenza è reale. Questa eventualità rappresenterebbe un notevole smacco e senza dubbio delegittimerebbe ulteriormente la presenza russa nella penisola, dove il giorno delle elezioni ricorrerà il quarto anniversario dell’annessione. E mentre Porošenko vorrebbe introdurre sanzioni contro gli organizzatori delle elezioni in Crimea, Putin si è recato nella penisola e ha ribadito il ruolo del referendum del 2014 nel “ristabilire la giustizia storica”.
Cari, vecchi servizi segreti
Tuttavia, accanto a tutto questo soft power, i vecchi metodi di repressione delle voci fuori dal coro continuano ad essere usati frequentemente, anche prima delle elezioni. In Crimea continuano i processi nei confronti degli oppositori, con la minoranza tatara costantemente nel mirino. Arresti arbitrari, sparizioni e vessazioni hanno ancora luogo, anche in un momento in cui i riflettori di tutto il mondo sono puntati sulla Russia e sulla penisola occupata. Alcune fonti, inoltre, riportano le intimidazioni ricevute da membri della minoranza tatara, minacciati di licenziamento in caso di mancata partecipazione alle elezioni.
Anche in Russia il periodo pre-elettorale ha visto i servizi segreti russi (FSB) reagire sempre più duramente nei confronti dei dissidenti, o presunti tali. Negli ultimi due mesi, un’ondata di arresti, rapimenti e torture ha investito la scena anarchica e antifascista di San Pietroburgo e di Penza, città capoluogo dell’omonima regione. Secondo gli inquirenti, le persone arrestate a Penza a ottobre sarebbero membri di una cella terroristica di nome Set’ (rete), il cui obiettivo sarebbe stato organizzare rivolte per destabilizzare il paese. A San Pietroburgo, una serie di arresti, torture e perquisizioni ha colpito negli ultimi mesi i membri di collettivi antifascisti, accusati di appartenere alla stessa cella. Inutile dire che gli attivisti respingono ogni capo d’accusa e spesso sono stati costretti a firmare dichiarazioni sotto tortura. Non è chiaro se quest’ondata di repressioni sia direttamente collegata alle elezioni e se sia un tentativo di disincentivare proteste, o qualunque tentativo di attività pubblica che non sia controllata dall’alto. Simili casi di persecuzioni si erano verificati anche nel 2011, l’anno delle contestate elezioni parlamentari.
L’uomo forte per il paese
Durante la campagna elettorale, la scena è stata dominata da un manifesto recitante “Un presidente forte, una Russia forte”. Ma quanto è veramente forte la popolarità di Putin, se ha bisogno di continue repressioni e di spinte insistenti verso i seggi? La risposta sarà probabilmente racchiusa nei risultati di domenica. Di certo c’è un fatto: benché l’ideologia putiniana basi molta della sua retorica sulla sconfitta del nazifascismo e appoggi i ribelli del Donbas nella loro lotta contro i “fascisti di Kiev”, il regime odierno opera con metodi molto simili a quello che si propone di combattere. Solo il tempo dirà come il ventennio putiniano si evolverà ulteriormente.