Il 20 gennaio, a Bishkek, i giovani volontari del movimento per i diritti umani Bir Duino Kyrgyzstan si sono ritrovati per marciare celebrando la giornata internazionale della difesa dei diritti delle donne; una marcia che in realtà, per intervento delle autorità, si è presto tramutata in un sit-in sotto la statua di Urkuya Saliyeva, giovane attivista socialista uccisa a soli 24 anni, nel 1934, per mano dei reazionari ed assunta a simbolo del risveglio del proletariato. Tra i vari striscioni di protesta contro le condizioni della donna in Kirghizistan anche uno menzionante la poligamia.
La poligamia in Kirghizistan
La questione della poligamia nel paese è un tema costante del dibattito politico e sociale kirghiso. Contrastata dalle autorità sovietiche, la pratica di avere più mogli non si è mai del tutto estinta tornando a nuova vita con l’indipendenza. Formalmente proibita e con pene previste fino a due anni di carcere, la poligamia è diffusa in Kirghizistan e voci in nome di una legalizzazione si levano periodicamente. Nel 2007 le proposte in tal senso del ministro della giustizia Marat Kayipov vennero respinte dall’allora presidente Bakiev decisamente contrario alle pratiche poligame.
Oggi la discussione si è riaccesa per via delle dichiarazioni a difesa della poligamia da parte dell’ex-muftì del paese, Chubak Ajy Jalilov, seguitissimo su Youtube. Le sue dichiarazioni hanno scatenato le reazioni dei difensori dei diritti umani e la spaccatura nell’associazione delle donne musulmane Moutkalim, da cui si sono levate voci di segno opposto a riprova di un fervido dibattito femminile interno al mondo musulmano più o meno radicale. Le autorità mantengono una linea neutrale sostenendo l’ex-muftì non sia processabile in quanto mancano denunce a suo carico.
In Kirghizistan la seconda moglie è detta tokol e, sorprendentemente, secondo il sito kirghiso limon.kg ben un quarto delle donne del paese sarebbero disposte ad esserlo. Nell’opinione delle persone favorevoli a questa pratica, sarebbe un modo per avere una certa sicurezza economica – e non a caso i detrattori vedono le tokol come delle arrampicatrici sociali – porre un freno alla prostituzione e migliorare le condizioni di vita per categorie come le vedove. Posizioni già emerse nel 2012, in occasione delle discussioni che hanno accompagnato le leggi contro il ratto della sposa.
La poligamia in Asia Centrale
In tutta l’Asia Centrale il fenomeno delle seconde mogli coinvolge spesso uomini benestanti che più che una moglie decidono di avere al proprio fianco una consigliera, una persona a cui appoggiarsi in momenti di difficoltà. Un fenomeno diffuso soprattutto in Kazakistan e reso famoso dal film Tokal or My Husband’s Wife. In Kazakistan inoltre la questione ha profondi risvolti economici, visto che la moglie in caso di divorzio perde di fatto ogni avere. Anche per questo motivo non è raro che nei rapporti familiari kazaki si stipulino delle vere e proprie scritture private tra i membri della famiglia.
Esiste tuttavia anche una poligamia tra gli strati sociali più poveri, soprattutto in Uzbekistan e Tagikistan. In questo caso gli uomini – spesso emigrati in Russia – contraggono matrimoni con donne russe per avere accesso ai documenti, facendo un uso pragmatico dell’Islam e lasciando le mogli del paese d’origine sole in condizioni di difficoltà. I governi della regione rifiutano di riconoscere matrimoni e divorzi islamici, premendo sui religiosi affinché non celebrino nikah (le unioni musulmane) quando privi di testimoni e certificati, ma senza tuttavia perseguire i poligami trasgressori della legge.
La poligamia nell’Islam
Secondo le parole del Corano si possono avere fino a quattro mogli, rispettando però due condizioni: che le si mantenga e che le si tratti allo stesso modo. Quello sulla poligamia è un dibattito aperto nel mondo islamico, come dimostra il caso dell’Indonesia dove la nascita di una app dedicata al contrarre matrimoni poligami ha suscitato vibranti reazioni. Fondamentalmente tra i musulmani le posizioni sono tre: favorevoli, contrari e favorevoli solo se le mogli godono effettivamente degli stessi diritti, una questione centrale anche nel dibattito centroasiatico.
I sostenitori della legalizzazione della poligamia sostengono, infatti, che si tratterebbe di prendere atto di una situazione reale ed esistente, regolarizzandola e dando diritti a donne che oggi ne sono prive. Le mogli ufficiali non sempre sono a conoscenza delle altre mogli, che vengono tenute segrete vivendo di fatto una condizione di vita difficilmente sostenibile soprattutto in caso di figli. Di fronte a tutto ciò le autorità centroasiatiche restano bloccate tra un laicismo di impronta ancora sovietica ed una realtà ben diversa in cui a fare le spese dell’ambiguità identitaria sono le donne.