Mancano poco meno di due mesi alle presidenziali russe, il risultato delle quali appare più scontato che mai. Uno dei possibili avversari di Putin, Aleksej Naval’nyj, il 25 dicembre scorso si era visto negare la partecipazione alla corsa per la presidenza, rendendo di fatto la competizione ancora più inesistente. Naval’nyj ha quindi chiamato i propri sostenitori a uno “sciopero degli elettori” (zabastovka izbiratelej) – un modo per boicottare elezioni considerate fasulle – e ha organizzato proteste in tutta la Russia domenica 28 gennaio.
Dalla candidatura all’esclusione
Aleksej Naval’nyj, noto blogger, avvocato e oppositore del governo, a dicembre 2016 aveva annunciato l’intenzione di prendere parte alle prossime elezioni presidenziali. Personaggio controverso a causa delle sue idee spesso spiccatamente nazionaliste, Naval’nyj sembrava rappresentare per molti una valida alternativa a Putin: in un paese stremato dalla crisi, dalle ingenti spese militari e con una crescente diseguaglianza economica, è riuscito a indire diverse proteste, che hanno portato folle per le strade delle principali città russe. Nonostante numerosi consensi, le speranze di Naval’nyj di poter insidiare Putin si potevano considerare praticamente nulle. Per togliere ogni dubbio, la Corte Suprema ha ufficialmente rifiutato la sua candidatura il 25 dicembre – 24 ore dopo il deposito delle firme che Naval’nyj aveva raccolto – usando una precedente detenzione per frode come motivazione ufficiale. La sua esclusione, considerata da molti come motivata politicamente, ha scatenato l’indignazione dei sostenitori, a loro volta chiamati dal blogger a unirsi in un boicottaggio generale delle elezioni.
Le proteste del 28 gennaio
Chi si sente rappresentato da Naval’nyj si è improvvisamente ritrovato senza scelta e per questo motivo non andrà a votare il 18 marzo. Da settimane i sostenitori del grande escluso avevano annunciato che sarebbero scesi in strada domenica 28 gennaio, per protestare contro elezioni senza alternative. “Queste non sono elezioni”, “Non ci sono elezioni senza scelte” e “Basta scegliere al posto mio” sono gli slogan che si leggono più spesso, mentre “Putin ladro” è tra i più gridati. A Ekaterininburg, anche il sindaco Evgenij Rojzman del partito Russia Giusta ha partecipato alla manifestazione, affermando che elezioni democratiche rappresentano la possibilità di una revisione pubblica degli errori, la possibilità della concorrenza e la possibilità di un rinnovamento del potere, mentre in Russia avviene tutto il contrario. Per questi motivi, secondo Rojzman, non si può parlare di vere elezioni e non vi si deve partecipare. I fermi e gli arresti, in tutto il paese, sono stati più di 300; tra di essi lo stesso Naval’nyj che, come vuole la tradizione, è stato fermato e trascinato via dalle forze di polizia pochi minuti dopo l’inizio delle manifestazioni.
Il senso del boicottaggio
Lo sciopero degli elettori ha un valore simbolico molto forte e chi vi aderirà non riconoscerà le elezioni del 18 marzo come legittime. Una strategia che ha dell’opinabile, a detta di molti, poiché non farebbe altro che aumentare le chance di vittoria di Putin. Molto più utile sarebbe, secondo chi condivide quest’ultima idea, andare alle urne e votare per un candidato che non sia Putin, come ad esempio Ksenija Sobčak. In strada con Naval’nyj o alle urne con Sobchak? si è chiesto anche il giornalista di Radio Svoboda Michail Sokolov, intervistando due esponenti rispettivamente della squadra di Naval’nyj e di Sobčak. Per i sostenitori di Sobčak è chiaro che la strategia di Naval’nyj non funzioni, e che chiunque starà a casa il 18 marzo darà il suo voto a Putin.
Naval’nyj stesso, in occasione delle elezioni parlamentari del 2011, aveva invitato gli elettori a votare qualunque partito potesse raggiungere la soglia del 7%, per diminuire lo strapotere del partito di Putin. Forse anche grazie a questa strategia, Russia Unita vinse le elezioni con “solo” il 49% dei consensi e grazie a falsificazioni che furono documentate e che causarono enormi proteste protrattesi fino all’elezione di Putin a presidente nell’aprile del 2012. Una strategia di questo tipo non potrà essere riproposta per le elezioni presidenziali, dove ci sarà solo un candidato vincente e dove le percentuali saranno importanti solo relativamente, utili a capire il reale consenso di Putin. Un eventuale sciopero degli elettori, invece, sarà solo un gesto simbolico, che non aiuterà l’opposizione in alcun modo e rappresenterà soprattutto una personale protesta di un candidato escluso. D’altronde, il risultato delle elezioni sarebbe stato scontato, con o senza Naval’nyj.