RUSSIA: I servizi segreti mettono al sicuro i confini di stato. Prevenire è meglio che curare

Da SUMY, UCRAINA Il 17 gennaio scorso l’FSB, il servizio segreto russo, ha pubblicato un documento intitolato “Fondamenti della politica di confine di stato della Federazione russa che andrebbe a sostituire definitivamente quello precedente, approvato da Boris El’cyn nel 1996 e al quale erano già state introdotte esigue modifiche nel 2003.

Prevenire è meglio che curare

Secondo il presidente Vladimir Putin sostituire il vecchio decreto post-sovietico è oggi necessario, in quanto la sicurezza nazionale dell’intero paese è in pericolo. L’obiettivo del nuovo decreto è quello di ampliare l’elenco delle numerose potenziali minacce che mettono a repentaglio l’integrità del Paese al fine di poterle neutralizzare, andando incontro agli interessi nazionali del territorio federale russo e adattando la legge all’attuale situazione geopolitica dei confini, alquanto destabilizzante al momento.

Nella nuova edizione del decreto compare una lista più esaustiva rispetto alla precedente degli interessi nazionali di cui tener conto, elencati in dettaglio al punto II e III. Le nuove politiche di confine mirano a garantire il diritto alla sovranità e i diritti esclusivi delle aree marittime sotto la giurisdizione russa, una stabilità politica e sociale, con particolare attenzione per i cittadini residenti nelle zone di confine, la conservazione delle risorse naturali e la sicurezza ambientale, nonché il mantenimento dei rapporti di buon vicinato con i paesi confinanti.

L’elenco delle minacce, descritto anch’esso minuziosamente, viene aggiunto separatamente in quanto gli esperti ritengono che sono molte le circostanze che costringono la Russia a cambiare comportamento in termini legali e socio-politici a riguardo. Saranno messe in atto alcune misure preventive con lo scopo di difendere l’incolumità dei cittadini residenti nelle zone frontaliere. Punti cruciali sono: evitare gli incidenti di confine (compresi i conflitti armati), neutralizzare eventuali conflitti religiosi ed etnici di confine, mantenere l’attuale regime amministrativo frontaliero, prevenire azioni separatiste nelle zone di confine, nonché il contrabbando, l’immigrazione clandestina e le epidemie.

Il disegno di legge spiega che la Russia teme non solo rivendicazioni territoriali da parte di un certo numero di stati stranieri, ma anche tentativi di atti terroristici ed estremisti, che andrebbero a colpire gli abitanti delle zone frontaliere in primis e a mettere a rischio l’incolumità dell’intero territorio nazionale. Sebbene nel documento si affermi che la Russia non ha rivendicazioni territoriali verso altri paesi (punto V), sono ben note le dispute ancora in corso con il Giappone sulle isole Curili e il conflitto in Ucraina a causa della Crimea.

Vecchie dispute ancora in corso

I recenti focolai ricchi di tensioni politico-militari presenti ai confini con l’Ucraina potrebbero non essere solo una minaccia per i territori russi, che vogliono tenere il conflitto al di fuori dei confini nazionali. I rapporti frontalieri con il paese che per anni fu membro della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) si sono incrinati ed inaciditi in seguito agli eventi di Maidan e all’annessione della Crimea ed il suo confine è diventato pericoloso, rappresentando oggi una delle minacce principali per la Russia, che vede la NATO avvicinarsi sempre di più al suo territorio.

Per quanto riguarda Siria e Ucraina, dobbiamo dimostrare l’inviolabilità dei confini” – afferma Viktor Zavarzin, deputato alla Duma di Edinaja Rossija (Russia Unita), e aggiunge: “Li rafforzeremo finché i russi non si sentiranno al sicuro”.

Ma l’Ucraina non è l’unico confine a preoccupare la Russia, la lista non si esaurisce qui.

A Nord-Ovest del Paese ci sono ancora tensioni, per ora pacifiche, riguardanti i confini con l’Estonia. Parte delle regioni di San Pietroburgo e di Pskov, attualmente russe, figurano come estoni nella Costituzione dello stato baltico, che rifiuta di riconoscere come validi i confini del 1920 (a favore dello stato russo) e rivendica come propri questi territori. L’ultimo trattato di frontiera fra i due Paesi confinanti, firmato nel 2014 dai ministri degli esteri, non è ancora stato letto e ratificato dal parlamento russo, il quale respinge ogni tipo di rivendicazione.

A Sud-Est è la zona critica confinante con l’Abcasia a dar pensieri, in quanto essa sta cercando di riprendersi la parte russa del villaggio di Aigba e dei territori circostanti, ora appartenenti alla regione di Soči e dove ormai i russi hanno aumentato e irrigidito i controlli frontalieri dal 2014, con le Olimpiadi invernali.

Altri territori contesi, probabilmente meno noti, sono la Repubblica autonoma di Tuva e la Repubblica dell’Altaj. La prima, appartenuta all’impero cinese, ma che passò sotto il dominio russo nel 1914 e fa oggi parte della Federazione russa, è rivendicata da Taiwan, che continua a non riconoscerla come territorio russo. La seconda è ancora tema di discussione fra Russia e Cina, che non riescono a trovare un accordo sulle delimitazioni frontaliere.

La data di entrata in vigore del nuovo decreto non è ancora stata resa nota, ma le tempistiche sembrano brevi visto che si parla di approvarlo prima delle elezioni presidenziali, previste per il prossimo 18 marzo. Una semplice domanda sorge spontanea: queste misure preventive risulteranno efficaci per evitare ulteriori conflitti (armati) e proteggere la popolazione civile da queste minacce esterne?

Foto: Lavafalls

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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