Sovietistan: la semplice complessità dell’Asia Centrale

L’Asia Centrale in Italia è pressoché sconosciuta, le pubblicazioni dedicate a questo remoto angolo di pianeta sono poche, anche in ambito accademico. Ancora meno quelle in italiano, davvero troppo poche e spesso tradotte dopo troppi anni. Qualcosa in più possiamo trovare in ambito turistico ma siamo sempre lontani dall’avere un panorama esauriente, quindi ogni nuovo libro che compare sugli scaffali delle librerie, reali o virtuali che siano, non può che fare piacere. Il libro che andiamo a recensire oggi è uscito recente, essendo uscita la traduzione italiana nel 2017, andiamo a vedere.

Stiamo parlando di Sovietistan. Un viaggio in Asia Centrale, scritto da Erika Fatland ed apparso per la prima volta nel 2014 in Danimarca ma scritto in norvegese, il che ben si abbina con le intricate linee etniche e linguistiche dell’Asia Centrale. Il libro racchiude l’esperienza di viaggio dell’autrice nella terra degli stan, un’esperienza arricchita dal fatto che Erika è un’antropologa sociale, il che le permette di affrontare le vicende vissute con un occhio allenato a cogliere le sfumature, traendo importanti lezioni da particolari quasi insignificanti che potrebbero facilmente sfuggire ai visitatori dell’Asia Centrale.

La realtà centroasiatica è infatti una realtà fatta di dettagli come la foggia degli abiti, uno degli elementi distintivi delle varie etnie è ad esempio la forma dei cappelli degli uomini. I dettagli in Asia Centrale sono il filo d’Arianna attraverso cui orientarsi nel labirinto di confini e Storie, un labirinto dove nomadi sono stati resi sedentari, popolazioni sono state spostate come pedine, identità sono state create ed usanze sono state cancellate. Insomma l’Asia Centrale è un intricato coacervo di dettagli prima ancora di essere una regione geopoliticamente molto importante.

L’autrice è davvero capace, aiutata dai suoi studi di rendere vicino il quotidiano degli abitanti dell’Asia Centrale, facendoci capire molto di cosa significhi vivere in questa parte di mondo, dipingendo a vividi tratti i drammi e le speranze delle persone che incontra nei suoi viaggi. Il fatto di essere anche giornalista e scrittrice – non a caso il libro ha vinto diversi premi in Norvegia e la Fatland è considerata una delle giovani scrittrici emergenti europee – rende la lettura estremamente piacevole, lontana anni luce da un freddo saggio di antropologia o da un banale racconto di viaggio.

Ma, ci sono anche i ma ed il libro dice molto anche per quanto riguarda il non detto, ad esempio su cosa significhi essere studioso oggi. Che l’autrice sia una brava antropologa si vede, tuttavia segue un filo conduttore legato all’Unione Sovietica presente già nel titolo ma non del tutto chiaro, in sostanza non si capisce cosa vuol dire. Probabilmente la pecca dell’opera sta nella carenza di conoscenza storica dell’autrice e, probabilmente, anche della traduttrice visto che in un paio di punti le traduzioni sono abbastanza libere, ad esempio nell’uso del termine tartaro invece che tataro.

Tornando all’Unione Sovietica a tratti sembra che il libro voglia dimostrare quanto dei guai dell’Asia Centrale derivino da quell’esperienza, salvo poi riportare la nostalgia sovietica del mondo che fu provata da molti protagonisti del libro. Se le descrizioni delle situazioni sono davvero belle, quando l’autrice tenta di fare una descrizione della Storia propria dei paesi che attraversa si cade davvero nel superficiale, al punto da intenerirsi per l’autrice; chi ha profonde conoscenze storiche probabilmente salterà sulla poltrona, ad esempio nel riassunto delle vicende dell’impero mongolo.

A scanso di equivoci il libro è assolutamente godibile, il lato antropologico è davvero interessante, i limiti sono quelli citati, segno dei tempi odierni in cui la specializzazione rende meno capaci di un pensiero pluridisciplinare e sistemico. Gli anni passati dalla prima stesura e la pubblicazione italiana rendono comunque meno rilevante la parte più “analitica” del libro, purtroppo l’Asia Centrale non è in cima al pensiero delle case editrici nostrane. In ogni caso Sovietistan rimane un libro interessante, un diario di viaggio molto superiore alla media da leggere con un sorriso smaliziato.

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Chi è Pietro Acquistapace

Laureato in storia, bibliofilo, blogger e appassionato di geopolitica, scrive per East Journal di Asia Centrale. Da sempre controcorrente, durante la pandemia è diventato accompagnatore turistico. Viaggia da anni tra Europa ed Asia alla ricerca di storie e contatti locali. Scrive contenuti per un'infinità di siti e per il suo blog Farfalle e Trincee. Costantemente in fuga, lo fregano i sentimenti.

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