Il presidente della Repubblica Klaus Iohannis ha accettato la proposta socialista: Viorica Dăncilă sarà il nuovo primo ministro del paese. La Dăncilă, 54 anni, è attualmente europarlamentare del partito social-democratico (PSD). E’ nata a Videle, nella provincia di Teleorman; stessa città di cui è originaria Carmen Dan, il ministro degli Interni che l’ex premier Tudose voleva a tutti i costi allontanare dal suo governo. Teleorman è poi la provincia di Liviu Dragnea, il territorio che il padre padrone del partito governa indisturbato da vent’anni e da cui ha iniziato la sua scalata verso i palazzi del potere di Bucarest.
Leggendo la stampa occidentale, spesso tristemente offuscata dalla sindrome del politically correct, il sesso del nuovo primo ministro sembra offuscare il suo background politico. La Dăncilă non vanta infatti grandi realizzazioni; presidente dell’associazione femminile del PSD e due volte europarlamentare, essa non possiede alcun tipo di esperienza nell’amministrazione del paese. Il suo curriculum non riporta la conoscenza di lingue straniere, sebbene Dragnea sostenga la sua piena padronanza dell’inglese e del francese. Molti commentatori sostengono che la scelta sarebbe caduta su di lei dopo i rifiuti di altri più autorevoli membri del partito, tra cui spiccano il premier a interim Mihai Fifor e, soprattutto, il sindaco di Bucarest Gabriela Firea, da molti accreditata come una delle possibili sfidanti di Klaus Iohannis alle elezioni presidenziali del 2019.
La Dăncilă non ha mai nascosto la vicinanza al suo conterraneo Dragnea. Quest’ultimo, dopo due primi ministri “troppo indipendenti” ha optato per una persona fedele e ligia alle direttive del partito. E’ difficile credere che il nuovo premier arriverà allo scontro frontale con il presidente del PSD così come hanno fatto Grindeanu prima e Tudose poi. Nel febbraio 2017, quando Bucarest divenne teatro delle grandi proteste di piazza, la Dăncilă difese strenuamente a Bruxelles la modifica delle leggi sulla giustizia promossa dal suo partito, rispondendo piccata ad altri europarlamentari che dubitavano della bontà di suddette normative. Non sarebbe sorprendente pertanto vedere un nuovo tentativo di modifica della legislazione anti-corruzione, favorito questa volta dalla presenza di un primo ministro accondiscendente.
Perché Iohannis ha accettato la proposta di Dragnea? Il presidente ha agito pensando prima di tutto al suo tornaconto politico. Diventare adesso l’arbitro della vita politica romena, nominando un governo di unità nazionale o trascinando il paese verso le elezioni anticipate, lo avrebbe posto troppo sotto i riflettori. Un rischio molto grosso, a un anno dalle elezioni presidenziali. Iohannis ha scommesso sull’autodistruzione del PSD, falcidiato dalle lotte interne, il che gli garantirebbe una facile rielezione nel 2019. Senza contare il fatto che l’instabilità provocata dall’assenza di un governo forte potrebbe avere effetti gravissimi sull’economia romena.
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