Istanbul, 25 maggio 2005, allo stadio olimpico Ataturk si gioca la finale di Champions League tra Milan e Liverpool. Di fronte ai più di novantamila spettatori presenti allo stadio e ai milioni di fronte alle televisioni si consuma una delle partite più imprevedibili del calcio moderno: il Milan, dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio per 3-0, è convinto di avere già la coppa in tasca, ma il Liverpool ritorna dall’intervallo con una grinta inimmaginabile e annichilisce i rossoneri portando il punteggio sul pari in quindici minuti scarsi di gioco. Il resto della partita è ozioso, frutto della stanchezza dei britannici dopo quel folle quarto d’ora di intensità e dell’incapacità del Milan di reagire. Si va così ai supplementari, che passano senza lasciare traccia, e quindi si decide tutto ai rigori. Il Liverpool ci arriva con il cuore ruggente di una rimonta impensata, il Milan con lo sconforto di un’occasione sfuggita via, ed è in questo momento che esplode il genio folle di Jerzy Dudek. Il portiere slesiano del Liverpool e della nazionale polacca affronta i rigoristi rossoneri muovendosi come uno scalmanato, ai commentatori sembra quasi uno scherzo ma quell’atteggiamento scapestrato ubriaca prima Serginho che spara il suo rigore fuori e poi permette al polacco di parare con riflessi felini i rigori di Pirlo prima e Shevchenko poi e regalare alla sua squadra la gioia, impensabile all’intervallo, della Champions League. Chissà quanti, tra i più anziani tifosi del Liverpool, quel giorno nel cantare la vittoria dei propri beniamini a opera di un portiere polacco fecero caso all’ennesimo capolino dell’ironia del destino e pensarono a quando un altro portiere polacco, 32 anni prima, aveva ammutolito l’Inghilterra intera. Chissà quanti quella sera si ricordarono del “pagliaccio” che aveva fatto piangere Wembley. Chissà quanti quella sera si ricordarono di Jan Tomaszewski.
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