RUSSIA: L’ennesima conferenza stampa annuale di Putin, in campagna elettorale

Ritorna dicembre e ritorna la consueta conferenza stampa del presidente Putin. L’evento dell’anno che, trasmesso in diretta sui principali canali russi ormai da 13 anni, pietrifica davanti allo schermo i milioni di cittadini russi, i quali, mentre si preparano alle feste natalizie, godono delle belle parole di Vladimir Vladimirovič. O meglio questo è quello che probabilmente si aspetta Putin, consacrando, perché a Natale anche il presidente è più buono, ogni anno 3-4 ore di un pomeriggio di metà dicembre alle domande dei giornalisti. Tuttavia, per ribadire che ormai la routine è divenuta pesante, alcuni canali televisivi non trasmettono nemmeno più la conferenza stampa e lo share non supera i 3 milioni di spettatori, meno della metà di quelli della “Linea Diretta” primaverile. La conferenza stampa è, in fin dei conti, materiale di analisi per giornalisti e commentatori.

La conferenza stampa in campagna elettorale

Il 14 dicembre alle ore 12 Putin si è quindi presentato davanti a 1640 giornalisti accreditati, russi e stranieri. Il presidente ha da poco dichiarato che concorrerà a marzo per le presidenziali, dopo mesi in cui aveva lasciato sulle spine non esponendosi a riguardo, o addirittura sostenendo che avrebbe preferito vedere “un volto giovane”. Putin non si è sentito di abbandonare il suo popolo in mano ad altri (né dei suoi di Russia Unita, né degli oppositori) davanti alle elezioni, le seste per la Russia post-sovietica. La conferenza stampa, così come altre recenti e future apparizioni in veste più e meno ufficiale, è già materiale elettorale per il presidente che per più di metà del periodo post-1991 ha governato il paese (2000-2008 e 2012-2018). Se venisse eletto per la quarta volta, il sessantacinquenne lascerà il Cremlino solo nel 2024. A meno che la Costituzione non venga modificata nel corso dei sei anni di presidenza, Putin poi non potrà venire ri-eletto, il che potrebbe aprire ad un futuro Cremlino post-putiniano.

Ma di cosa ha parlato Putin coi giornalisti?

I temi caldi, come sempre, quelli spinosi: la politica estera, l’Ucraina, il Donbass, l’economia, l’opposizione, la giustizia. Ma prima di tutto le elezioni presidenziali di marzo 2018.

Putin ha sottolineato come l’opposizione sia immatura, incapace di rappresentare una reale concorrenza. “Quando si parla di opposizione, non è tanto importante far rumore nelle piazze, quanto proporre qualcosa di effettivamente migliore”. “I giovani non ricordano e non sanno ciò che è successo negli anni Novanta, e non possono fare paragoni con la situazione odierna. Ci sono molti problemi, ma rispetto al 2000 il PIL è cresciuto del 75%, l’industria del 70%. Abbiamo superato la crisi demografica. La speranza di vita era di 65 anni, oggi quasi di 73. Abbiamo vissuto in uno stato di guerra civile per quasi dieci anni”.

Proprio Ksenija Sobčak, anche lei intenzionata a concorrere alle elezioni 2018, ha posto una domanda riguardo all’opposizione e alla figura di Aleksej Navalny (a sua volta intenzionato a concorrere), a cui Putin ha risposto che “l’opposizione deve proporre un programma di azione. Lei, ad esempio, si candida con lo slogan “Contro tutti” (Protiv vsech). Questo le sembra un programma di azione positivo? Cosa propone? Riguardo al personaggio che ha citato, lei vorrebbe che per le piazze girassero a decine di quei Saakashvili? Quello che lei ha citato non è che Saakashvili in versione russa. Vuole forse che anche da noi vengano tentati colpi di stato? Li abbiamo già avuti. Ne vuole ancora? Sono certo che la maggior parte dei russi non voglia questo e non lo permetterà”. Putin con Navalny ha optato da tempo per la strategia del “colui che non deve essere nominato”: il suo non è un semplice attestato di disaccordo e disprezzo verso l’oppositore, quanto un tentativo vero e proprio di eliminare dal discorso significante e significato a lui relativi; non nominare mai Navalny direttamente concorre a decostruire la sua reale esistenza.

Se Navalny è Saakashvili in salsa russa, Saakashvili, stando alle parole di Putin, “è un insulto al popolo georgiano e a quello ucraino” (abbiamo parlato delle ultime rocambolesche avventure di Saakashvili qui). Restando in territorio ucraino, il presidente, inoltre, ha di nuovo cambiato la versione ufficiale dell’azione russa in Donbass: “l’esercito russo non è presente sul territorio. Ci sono delle formazioni militari autonome, che riteniamo rispondano agli interessi della popolazione locale; se non ci fossero, inizierebbe una carneficina peggiore di quella di Srebrenica per mano dei nazionalisti”. La domanda sul Donbass è stata posta dal giornalista ucraino Roman Cymbaljuk, il quale dal 2014 non perde una conferenza stampa di Putin per porgli la medesima domanda (e collezionare le conseguenti risposte). Putin non teme di esagerare tirando in ballo eventi tragici come Srebrenica per arrivare alla pancia del suo elettorato. Preoccupandosi per il popolo del Donbass, si mostra come pacificatore, e nella stessa direzione va l’annuncio dell’11 dicembre del ritiro delle truppe russe dalla Siria: “la lotta con le bande armate qui in Siria si è interamente conclusa”.

Dall’altra parte dell’oceano, Trump rappresenta una figura amica. Tuttavia, anche agli Stati Uniti Putin riserva delle critiche: tutto lo scandalo del Russia-gate non sarebbe che un’invenzione dell’opposizione americana. “Si possono, forse, vietare del tutto i contatti?” Riguardo alle accuse di propaganda rivolte a Russia Today e Sputnik (di cui abbiamo di recente parlato qui), Putin ha invocato la “libertà di espressione”, sostenendo che il mercato dell’informazione americana è governato dai canali americani, mentre a quelli russi non è concessa nemmeno una minima parte. Infine, il presidente si è espresso anche sulla crisi coreana, sostenendo che proprio Washington abbia provocato la Corea del Nord, così come ha fatto in passato con la Libia e e l’Iraq.

Infine, l’argomento “giustizia” è stato introdotto da Tat’jana Fel’genhauer di Echo Moskvy, che a ottobre era stata accoltellata in redazione. La giornalista ha chiesto spiegazioni riguardo al trattamento differente che hanno ricevuto casi importanti, quali l’omicidio di Boris Nemtsov (un testimone chiave non è stato interrogato) e le accuse di corruzione all’ex-ministro dell’economia Uljukaev (non si è presentato a testimoniare Sečin, il presidente di Rosneft’). Putin ha brevemente risposto che la giustizia russa è uguale per tutti.

Una nota di colore che rimane da questa tredicesima edizione della conferenza stampa di Putin è stata la presenza in borghese di tale Michail Zub, che si è presentato come giornalista di Potrebitel’, Il Consumatore. La sua domanda, inerente al prezzo del pesce, ha emozionato l’uomo che si è tradito, rivelando di essere invece il direttore di una ditta di produzione ittica di Murmansk. “Vi ho imbrogliato. Non sono affatto un giornalista. Sono d’accordo, ho fatto male. Ma noi sono tre anni e mezzo che raschiamo la terra coi denti, cercando di sopravvivere! Il prezzo del pesce è oggi di 300 rubli, ma sarebbe meglio venderlo allo stesso prezzo del pollo, a 100 rubli”.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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