Il confine tra Ungheria e Slovacchia si estende per 677 chilometri, 150 dei quali rappresentati dalle acque del Danubio. La coesistenza pacifica di ungheresi e slovacchi all’interno di un unico stato è durata circa un millennio, dal decimo al diciannovesimo secolo. La separazione è avvenuta con la fine della Prima Guerra Mondiale e il trattato del Trianon del 1920.
Storia di una linea immaginaria
Prima dello svolgersi del conflitto mondiale l’impero austro-ungarico era costituito da due stati autonomi che riconoscevano la sovranità degli Asburgo. Oltre al territorio odierno, il Regno d’Ungheria includeva la Slovacchia, la Croazia, la Transilvania, la Voivodina, la Slavonia e la Rutenia subcarpatica. Con il trattato di Trianon questi territori confluirono nei nuovi stati nazionali di Cecoslovacchia, Romania e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, costringendo l’Ungheria entro i confini attuali.
Il Regno d’Ungheria tentò l’assimilazione delle minoranze già con la legge sulla cittadinanza del 1868, rendendo l’ungherese lingua ufficiale di stato. Questo aveva costretto molte scuole a diventare bilingue, e dal 1874 le scuole superiori di lingua slovacca furono chiuse. Nel processo di sottrazione, anche una grossa fetta di popolazione di nazionalità ungherese che per decenni aveva abitato in quei territori cambiò cittadinanza, ritrovandosi minoranza all’interno di uno stato a loro estraneo.
Il trattato del Trianon aveva invertito i rapporti di forza. All’interno della porzione slovacca del nuovo stato, oltre a due milioni circa di slovacchi abitavano anche 400 mila tedeschi e quasi un milione di ungheresi, buona parte di questi ebrei, ma gli ultimi due non vennero riconosciuti tra le nazioni fondanti. Come dimostrato dai censimenti del Regno d’Ungheria nel 1910 e della Cecoslovacchia nel 1924, la popolazione bilingue slovacca e ungherese crebbe notevolmente.
La Seconda Guerra Mondiale portò ulteriori sconvolgimenti all’assetto degli stati centro europei, ma i trattati di pace ristabilirono la situazione precedente al conflitto. Molti tedeschi furono deportati dalla Cecoslovacchia alla fine della guerra, e sebbene all’inizio si pensasse di risolvere analogamente la questione magiara, la vicenda si è indirizzata sulla strada dell’integrazione. Gli anni ‘70 e ’80 hanno visto un incremento nella cooperazione culturale e nel turismo di massa tra Cecoslovacchia e Ungheria. Con la transizione democratica del 1990 le minoranze hanno acquisito maggiori diritti.
Oggi entrambi i paesi sono membri dell’Unione Europea e i diritti delle minoranze sono garantiti. L’integrazione di Slovacchia e Ungheria nel 2004 ha reso il confine tra i due paesi una linea virtuale della quale ci si ricorda solo in funzione di strumentalizzazioni politiche. Ungheresi e slovacchi hanno convissuto in maniera continuativa per un millennio, ma l’imposizione di una linea immaginaria ha creato solo problemi.
Rigurgiti nazionalisti
Nel settembre del 2009, la Slovacchia ha approvato una legge con la quale rendeva lo slovacco lingua ufficiale dello stato, di fatto riducendo i diritti delle minoranze di esercitare la propria lingua in istituzioni pubbliche come quelle scolastiche. Solamente con l’elezione del governo Radičová nell’anno successivo la legge è stata emendata riducendone gli effetti negativi.
Quasi in risposta a questa misura, il governo ungherese dal 4 giugno 2010 ha introdotto la celebrazione della “Giornata di Coesione Nazionale”, manifestazione luttuosa per la fine della Grande Ungheria. Non una delle forze politiche ha messo in dubbio il senso della celebrazione di questo tra i tanti sconvolgimenti politici del Novecento.
La ricchezza multiculturale di questa regione è testimoniata da Kosice (il nome ungherese è Kassa), nel sud della Slovacchia. La città, fondata da tedeschi nel Medioevo, è stata trasformata dagli ungheresi in un piccolo capolavoro Art Nouveau tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Nella cripta della cattedrale di Sant’Elisabetta, c’è la tomba di Ferencz Rakoczi II, leader che ha guidato la guerra d’indipendenza contro gli Asburgo tra il 1703 e il 1711. In una città slovacca, un eroe ungherese è sepolto in una cattedrale tedesca. No, non è l’inizio di una barzelletta.