Con 239 voti a favore, 171 contrari e 24 astenuti, la Camera dei Deputati ha approvato le nuove leggi sulla Corte Suprema (CS) e sul Consiglio Nazionale della Magistratura, frutto di lunghe e segrete negoziazioni tra il presidente della Repubblica, Andrzej Duda, e il leader di Diritto e Giustizia, Jarosław Kaczyński. Il provvedimento arriva a seguito dei due veti presidenziali che avevano bloccato a fine estate le riforme del governo. Allora la Commissione Europea aveva minacciato l’attivazione dell’art. 7 del TUE in caso di dimissioni forzate e indiscriminate di tutti i componenti della CS, come contemplato dalle precedenti proposte.
La nuova legge sulla Corte Suprema
Con la nuova legge, invece, dovranno andare in pensione i giudici della CS al di sopra dei 65 anni. Solo coloro che chiederanno e otterranno l’approvazione del Presidente potranno continuare il loro mandato fino al compimento del 70esimo anno, il limite d’eta in vigore fino a oggi. Una soglia, questa, che colpisce non solo il 40% degli attuali giudici della CS ma anche – e per i più maliziosi non è un caso – l’attuale presidentessa della Corte, Małgorzata Gersdorf, già da mesi nel mirino del governo per aver criticato le riforme del settore giudiziario. Nel suo caso, la nuova norma cozza con l’art. 183 della Costituzione che prevede esplicitamente un mandato di sei anni. La Gersdorf è in carica dall’aprile del 2014. In realtà, queste misure, adottate su iniziativa di Duda, non si discostano poi molto da quelle su cui lui stesso aveva posto il veto: in quel caso tutti i giudici della CS, indipendentemente dall’età, avrebbero concluso il mandato ex lege e sarebbe stato il ministro della Giustizia a decidere chi sarebbe rimasto in carica. In sostanza, però, rimane immutata la volontà di influenzare politicamente il ramo giudiziario. Una delusione per quanti speravano in un Duda rinsavito. Inoltre, la nuova legge contempla un nuovo e straordinario grado di giudizio che consentirà alla CS di riaprire qualsiasi caso degli ultimi venti anni su cui i tribunali ordinari si sono già pronunciati con sentenza definitiva. All’interno della CS la misura introduce anche la nuova camera degli Affari Pubblici, incaricata di esaminare i casi riguardanti la validità delle elezioni e che sarà composta da nominati in quota PiS a causa della ristrutturazione di un altro organo, il Consiglio Nazionale della Magistratura.
La legge sul Consiglio Nazionale della Magistratura
Le nuove norme sulla Corte Suprema, infatti, vengono comprese appieno solo se considerate unitamente a un altro grande processo di riforma che interessa il Consiglio Nazionale della Magistratura. Quest’ultimo è un organo collegiale garante dell’indipendenza delle corti e dei giudici, e responsabile delle loro nomine (artt. 179, 186, 187 della Cost. polacca). Oltre i 6 membri parlamentari, ad oggi è composto dai rappresentati di tutti i poteri statali: il presidente della Corte Suprema, il presidente della Corte Amministrativa Suprema, il ministro della Giustizia, un incaricato nominato direttamente dal presidente della Repubblica, e 15 giudici scelti fra i componenti della Corte Suprema, le corti comuni, amministrative e militari. Proprio sulla modalità di selezione di questi 15 giudici si è concentrato il negoziato tra Duda e Kaczyński. Nella proposta iniziale di PiS, infatti, questi sarebbero stati eletti dalla Camera a maggioranza semplice. Su intercessione di Duda e secondo la nuova legge, invece, l’elezione avverrà per la maggioranza di 3/5, cioè il 60%. Fino ad oggi i 15 membri venivano scelti dai giudici delle corti. Quelli attualmente in carica concluderanno il servizio non appena la legge entrerà in vigore, contravvenendo ancora una volta alla disposizione costituzionale che stabilisce un mandato di quattro anni. Poiché il ruolo fondamentale del Consiglio della Magistratura è di proporre i componenti delle corti, compresi quelli della CS, per l’opposizione e alcuni osservatori internazionali viene a cadere il sistema dei pesi e contrappesi essenziale in uno stato di diritto. Sebbene le riforme proposte da Duda possano sembrare meno radicali, rimangono, tuttavia, incostituzionali tanto quanto le prime avanzate da Diritto e Giustizia. Perciò, se la Commissione Europea rimane fedele a sé stessa e al principio di difesa dei principi fondamentali dello stato di diritto, bisogna aspettarsi l’attivazione dell’art. 7 minacciato qualche mese fa.
Addio al costituzionalismo
Seguendo la parabola discendente della Polonia dal 2015 a oggi, chi scrive è convinto della gravità di questo nuovo “costituzionalismo populista”, dove la volontà del governo di turno conta più del cuore giuridico dello Stato e i pilastri dello stato liberale diventano uno ostacolo nella relazione tra il popolo e i suoi rappresentanti che, intercettando l’insoddisfazione generale, diventano artefici di un progetto politico uniformato alla volontà di un uomo che non ha mai accettato il compromesso della Tavola Rotonda tra Solidarność e il governo di allora. Kaczyński, quindi, sta consumando la sua personale vendetta che riscatta quel tradimento, escludendo il dissenso e ponendo le basi per una sfera pubblica appiattita e sterile, come le leggi sul Tribunale Costituzionale, sui media, e sulle organizzazioni non-governative, per citarne solo alcune, hanno dimostrato.
Photo: Jacek Turczyk/Marcin Obara, PAP