Il manto erboso è pieno di macchie, circondato da una striscia di terriccio e cemento che con la pioggia diventa inesorabilmente fango; il tabellone del punteggio è dei più modesti, segna solo i nomi delle squadre, il numero di goal e il minutaggio; gli spalti consistono di due gradinate una di fronte all’altra, senza curve. Sembrerebbe un campo sportivo di provincia, come ce ne sono a centinaia nel calcio minore d’Italia, e invece è uno stadio nel pieno cuore di Varsavia. Anzi, è lo stadio della squadra più antica della capitale tra quelle ancora esistenti: il Polonia Warszawa, due titoli nazionali in palmares (1945/46 e 1999/2000) ma un presente ai limiti del professionismo.
Nonostante sia marzo inoltrato fa ancora piuttosto freddo, il termometro segna circa 5 gradi, ed è un pomeriggio di pioggia fitta, ma quando arrivo allo stadio c’è fila al botteghino. Lo speaker ricorda che questo contro il Warta Poznań è il primo match in casa per il Polonia dalla ripresa del campionato dopo la lunga pausa invernale, che dura dalla fine di novembre all’inizio di marzo. Non ricorda invece, ma d’altronde non ce ne sarebbe bisogno, che il Polonia è al 14esimo posto in classifica nella II Liga, la terza serie polacca, con 4 vittorie su 22 match giocati, e rischia di retrocedere in III Liga, dalla quale è da poco riemersa e nella quale era finita due anni fa in seguito alla bancarotta, con modalità che gli appassionati italiani immagineranno piuttosto bene.
La fila che avevo visto al botteghino si rivela ingannevole e quando arrivo in gradinata i posti vuoti sono moltissimi: tra i presenti molti anziani, qualche famiglia, un gruppo di ragazze che salutano il campo e che probabilmente sono le fidanzate dei calciatori. Qualcuno indossa la sciarpa del club, qualcuno porta un berretto, ma di striscioni o bandiere nemmeno l’ombra. Anche quando la partita entra nel vivo, la partecipazione è blanda e sui pallidi incitamenti –che vengono soprattutto dai bambini seduti nel settore riservato alle famiglie- prevale un blando chiacchiericcio sconsolato.
[…]