di Lorenzo Berardi
Sztuka kochania significa ‘L’arte dell’amore’. Due parole che per tre generazioni di polacchi rimandano a un celebre libro scritto da Michalina Wisłocka. Un’opera pubblicata nel ’76 da Iskry, dopo che migliaia di copie erano già in circolazione dal Baltico ai Tatra grazie a numerose edizioni samidzat. Il successo ottenuto dal libro presso la stampa clandestina non deve sorprendere. Sztuka kochania è un manuale di educazione amorosa ed erotica anticonformista e coraggioso per gli standard della sessualmente repressa Polonia socialista dell’epoca. Non a caso, la prima edizione ufficiale del testo tentava di annacquarne l’esplosività dei contenuti con un’innocente copertina dall’incongruo disegno di due sposini ritratti di spalle. Un impacciato stratagemma per tentare di arginare il successo di un’opera capace di vendere milioni di copie nelle sue successive edizioni e ristampe in Polonia (l’ultima nel 2016) e consultata ancora oggi, persino in audiolibro.
A quarantun anni di distanza dalla prima edizione di Sztuka kochania finalmente il cinema polacco si è deciso a realizzare un biopic dedicato alla genesi del libro e alla storia della sua autrice, la ginecologa e sessuologa Michalina Wisłocka. Valeva la pena aspettare così a lungo perché il film diretto da Maria Sadowska e scritto da Krzystof Rak (già autore della sceneggiatura del fortunato ‘Bogowie’) funziona e convince su molti livelli.
L’opera, presentata al Festival CiakPolska 2017 di Roma, tratta un tema tornato scomodo in una Polonia odierna in cui il sesso è visto da alcuni come una sorta di dovere famigliare e patriottico per incentivare la natalità. E in tempi in cui una recente campagna governativa incoraggia i cittadini polacchi a comportarsi e moltiplicarsi come conigli, non sorprende che questo film abbia fatto discutere in patria. La pellicola mostra il sangue di aborti clandestini e parla di preservativi, masturbazione, sadomasochismo, pianificazione delle nascite nonché della necessità per le donne di avere diritto all’orgasmo. Temi che oggi indignano o scandalizzano una buona parte dei polacchi e soprattutto chi li governa. Perdipiù non ci sono pruderie o allusioni nel film, ma tutto è mostrato senza sotterfugi, chiamato con il proprio nome. Ed è la protagonista a condurre le danze, non solo metaforicamente. Del resto, come risponde la Michalina Wisłocka del film a chi le chiede se il suo libro sia ispirato da esperienze personali: “Scriverebbe di colori un non vedente?”.
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