Mentre la ‘questione ucraina’ sembra ormai passata definitivamente in secondo piano nella retorica delle principali cancellerie europee, Kiev si trova a districare nuove tensioni diplomatiche con alcuni paesi vicini che potrebbero minare l’avvicinamento dell’Ucraina “alla grande famiglia europea”, per usare le pompose parole di Poroshenko. Il livello dello scontro è cresciuto nelle ultime settimane specialmente con Polonia e Ungheria che accusano Kiev di limitare i diritti delle minoranze e di reinterpretare le difficili pagine della storia ucraina in un’ottica nazionalistica.
Difficoltà diplomatiche
Le avvisaglie delle recenti tensioni diplomatiche si erano già palesate all’interno dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) in ottobre. Le dimissioni di Pedro Agramunt che si era espresso a favore di un ritorno della Russia in seno all’Assemblea, rivendicate come un successo diplomatico dalla delegazione ucraina, non hanno portato i dividendi sperati a Kiev. Agramut, infatti, non è stato costretto a dimettersi per la sua posizione nei confronti di Mosca, ma per i ben più gravi legami con l’Azerbaijan e le fitte trame della “diplomazia del caviale”, oltre che per una visita in Siria alla corte di al-Assad.
Le elezioni del nuovo presidente dell’assemblea, però, non hanno portato i risultati sperati. Il candidato apertamente sostenuto dalla delegazione ucraina, il lituano Emanuelis Zingeris, definito come un “amico dell’Ucraina e nemico della Russia”, non è riuscito a superare la concorrenza della cipriota Stella Kyriakides, eletta dopo la terza votazione. Ma non solo. La cosa più dolorosa per l’Ucraina è stata la dura posizione assunta dall’Assemblea nei confronti della nuova legge sull’istruzione adottata da Kiev.
Ungheria – Lingua e minoranze
Promossa dall’Ungheria, che all’indomani dell’adozione della legge aveva minacciato di boicottare l’avvicinamento di Kiev all’Unione Europea, una dura risoluzione in materia è stata adottata dall’assemblea. Nonostante la presenza di Poroshenko e le obiezioni di Kiev, che vede nell’attuale legge un modo per garantire eguali diritti a tutti i bambini (nell’accesso alla lingua ufficiale del paese) oltre che unificare il sistema scolastico, l’Assemblea ha sostenuto la posizione di Budapest. Secondo il documento, infatti, la nuova legge sull’istruzione “non sembra in grado di trovare un appropriato equilibrio tra la lingua ufficiale e le lingue delle minoranze nazionali”. A Kiev viene richiesto di “attuare pienamente le raccomandazioni e le conclusioni della Commissione di Venezia – attese per dicembre – e di modificare conseguentemente la nuova legge sull’Istruzione”.
Lo scontro all’interno del PACE sembra aver riacceso tensioni nelle relazioni tra Ucraina e Ungheria, tanto che all’indomani della risoluzione alcuni membri della delegazione ucraina a Strasburgo hanno accusato Budapest di avere “ambizioni territoriali in Ucraina” e di giocare a braccetto con Mosca. La recente manifestazione in sostegno dell’Autodeterminazione della Transcarpazia, organizzata da frange di nazionalisti ungheresi sotto il consolato ucraino a Budapest è un ulteriore segnale di preoccupazione.
Polonia – un vecchio problema
Ma ad essere infuocato di recente non è solo l’asse Kiev-Budapest. Anche le relazioni tra Ucraina e Polonia sembrano in costante deterioramento. I problemi tra i due vicini si protraggono ormai da tempo e riguardano l’annosa disputa sulle responsabilità dei massacri avvenuti in Galizia e Volinia durante la seconda guerra mondiale. La recente svolta conservatrice della Polonia va a braccetto con la riscoperta del passato in chiave nazionalista dell’Ucraina. Il mix di queste due visioni esclusive del passato non può che essere conflittuale e ha già provocato numerose tensioni, come il colpo sparato con un lanciagranate contro l’edificio del consolato polacco a Lutsk, in Ucraina, lo scorso marzo.
La rivalutazione del ruolo dell’Esercito di insurrezione ucraino (UPA) e la marginalizzazione storica degli aspetti più controversi del ruolo dei nazionalisti ucraini nell’olocausto e nei massacri nei confronti di civili polacchi ed ebrei durante il secondo conflitto mondiale sono stati tutti processi ai quali la comunità internazionale ha guardato con crescente preoccupazione negli ultimi anni. A finire sotto accusa, ad esempio, è stata di recente anche la sede ucraina della BBC, colpevole, secondo alcuni, di promuovere e legittimare la visione esclusiva della storia sostenuta con forza dall’Istituto Ucraino di Memoria Nazionale. Proprio l’Istituto, e in particolare il suo direttore Volodymyr Viatrovych, conosciuto per essere un fervente nazionalista, è ora al centro del nuovo scontro diplomatico tra Kiev e Varsavia. Dopo le dichiarazioni di Kazcinsky, presidente del partito di governo in Polonia (Diritto e Giustizia), secondo cui “l’Ucraina non entrerà in Europa con Bandera”, Varsavia ha mandato di recente un altro segnale d’avvertimento a Kiev. Il Ministro degli esteri polacco ha stilato una vera e propria ‘lista nera’ per impedire l’ingresso nel paese a coloro che dimostrano un “atteggiamento anti-polacco”. Tra i nomi, secondo alcuni media, ci sarebbe lo stesso Viatrovych.
Anche qui la risposta è stata la solita. Come parte in causa, in un’intervista televisiva il direttore dell’Istituto Ucraino di Memoria Nazionale ha parlato di isteria anti-ucraina in Polonia, sostenendo che Varsavia in questo modo stia preparando il terreno per un reset delle proprie relazioni con la Russia.
Scontro tra nazionalismi?
A rendere ancora più complesse le relazioni tra i due vicini negli ultimi anni è di certo stato il flusso di migranti dall’Ucraina verso la Polonia. Secondo alcune statistiche oltre un milione di ucraini risiedono in Polonia, numero cresciuto drasticamente dal 2013. Anche se il governo polacco ha usato questa cifra per giustificare la mancata accoglienza di rifugiati siriani, è difficile dire quanti di essi fuggano davvero dalle zone di guerra. Basandoci sulle statistiche di Varsavia, infatti, solo qualche migliaio di ucraini avrebbe richiesto lo status di rifugiato, mentre la maggior parte è composta da residenti temporanei. In altre parole, forza lavoro che si sposta in cerca di condizioni migliori, considerando le difficoltà economiche degli ultimi anni.
Anche se la Polonia è stato il paese che ha maggiormente sostenuto l’Ucraina durante e dopo le proteste di Maidan, la manipolazione della storia e la crescita di sentimenti nazionalistici su entrambi i fronti rischiano di incrinare i rapporti tra Kiev e Varsavia. Benché rappresenti solo una minima parte del sentimento popolare, la parata di svariate migliaia di ultra-nazionalisti a Varsavia, durante il giorno d’Indipendenza della Polonia, è un sintomo di un malessere più grande nel cuore dell’Europa. Lo stesso può essere detto del controverso ruolo dell’Istituto Ucraino di Memoria Nazionale. La reinterpretazione del passato in chiave nazionalistica e unilaterale non ha solo l’effetto di complicare le relazioni con i vicini, ma anche e per certi versi soprattutto, di accentuare le divisioni presenti nel tessuto sociale del paese. Il fervore patriottico, collante della società ucraina negli ultimi 4 anni, prima o poi svanirà, rischiando di lasciare in eredità, per l’ennesima volta, una visione contesa del passato.