re
La prospettiva di un’area economica comune dei Balcani occidentali, presentata e formalizzata nel Summit tenuto a Trieste l’11 e 12 luglio 2017, rilancia il tema dell’avvicinamento all’Europa dei Balcani Occidentali, la cui messa in opera formale passerà per un piano in 115 punti.
L’entusiamo attorno al progetto, che mira ad una maggiore integrazione economica dei sei paesi balcanici candidati all’adesione all’UE, si basa sulla speranza di una rrivalutazione dell’area coinvolta. Dall’altra parte non mancano timori e titubanze – quali le perplessità fatte emergere dal Kosovo, preoccupato da una possibile rinascita dell’egemonia serba tramite la sfera economica o le considerazioni recenti del primo ministro macedone Zaev che ha sottolineato come l’armonizzazione dei sistemi economici sia un processo fondamentale ma che non deve sostituire o soppiantare il cammino per l’ingresso nell’Unione Europea.
Obiettivi e proiezioni
Secondo le intenzioni dei promotori, il mercato comune dei Balcani occidentali dovrebbe rimettere in moto il processo di convergenza del PIL procapite dell’area – che non ha ancora raggiunto o superato il livello del 1989 – con quello dei paesi dell’Eurozona, attraverso il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, la rimozione delle barriere non-tariffarie ed l’armonizzazione normativa. L’integrazione economica potrebbe inoltre aiutare a far fronte all’emorragia di lavoratori qualificati e non: la crescita della produttività potrebbe, in tempi relativamente celeri, tamponare l’emigrazione verso il Nord Europa, che indebolisce progressivamente la regione, consentendo il rientro anche delle eccellenze espatriate. Questi obiettivi sono stati ribaditi durante l‘incontro organizzato a Bruxelles dal Regional Cooperation Council (RCC) il 31 di ottobre, con i rappresentati dei sei paesi coinvolti.
L’economia dei paesi balcanici, che abbraccia 20 millioni di persone, trarrebbe solo benefici da un compiuto movimento di riforma sostenuto da partner internazionali che sappiano dare significato a lungo termine ai 10 miliardi di euro già investiti da parte della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.
Avvicinamento lento e faticoso
L’obiettivo finale non è una semplice rivitalizzazione dell’economia dei paesi balcanici, ma l’ingresso a pieno titolo nella famiglia europea che, negli anni recenti, è sembrata distante, quasi fuori portata. Le condizioni dei paesi balcanici candidati non sono, nei fatti, incoraggianti: il Montenegro, di recente ingresso NATO, ha in corso i negoziati ma resta in un momento interlocutorio; la Serbia, sebbene abbia visto ricompensati gli sforzi nel campo delle riforme, deve affrontare ancora difficoltà di natura economica ed istituzionale (in più pende la questione kosovara); Macedonia ed Albania hanno compiuto passi in avanti importanti per rispondere alle criticità interne, tuttavia non hanno aperto i negoziati d’adesione, mentre la Bosnia non ha ancora ottenuto il riconoscimento della sua candidatura e soffre di un deficit di credibilità e il Kosovo è ancora in paese largamente in costruzione.Le opportunità offerte dall’integrazione economica regionale potrebbero rappresentare un banco di prova importante.
Rimettere al centro l’integrazione economica dei Balcani Occidentali permetterebbe inoltre di rispondere al rischio sempre più concreto di spostamento dei capitali esteri verso i mercati asiatici, considerati maggiormente dinamici e generalmente meglio equipaggiati. Presentare sui mercati internazionali i Balcani come un mercato unico, scevro da particolarismi e abbastanza pragmatico da accantonare rivalità di tipo politico, potrebbe incoraggiare le imprese a focalizzare l’attenzione sulla regione. In questo frangente, il modello incarnato dalle tre repubbliche baltiche offre un esempio da seguire, specialmente per quanto riguarda la creazione di condizioni che rendono l’ingresso di investitori stranieri particolarmente agevole.
Il 2018 sarà un anno cruciale per il successo o il fallimento del progetto. Maggiori indicazioni potranno essere tratte dal futuro summit di Londra, la prossima estate, che potrà avvalorare l’ipotesi che vede l’integrazione economica come anticamera per l’accesso in Europa e ridare coraggio alla regione, la quale si è vista più volte lasciata in balia della propria corrente.
Immagine, credits: EPP Group