di Mara Giacalone
Nonostante ci sia ancora chi snobba la letteratura polacca e si ostini a fare facce perplesse quando sente che c’è chi se ne occupa, ci sono nomi che risuonano nelle orecchie anche dei più sordi e quello di Lem (qui il sito ufficiale) è sicuramente uno di questi. Su PoloniCult, poi, potremmo dire che è una delle presenze più forti. Oggi dunque torniamo a parlare di lui in occasione del 96° anniversario della sua nascita.
Fiabe per robot – Bajki robotów in originale – si presenta in una graziosissima copertina arancione con due marionette/manichini – un lui e una lei – sorretti da due mani in trasparenza. Il disegno di Lorenzo Lanzi utilizzato da Marcos y Marcos per il loro volume edito nel 2005 e con la traduzione di Marzena Borejczuk, ricorda in qualche modo i disegni di De Chirico e sebbene possa lasciarci straniti la scelta di non aver raffigurato dei robot, tale disegno a mio avviso “nasconde” un significato che diventa chiaro solo alla fine dei dodici racconti. È l’idea di un fato inevitabile e distruttore che governa un universo in declino e tutto teso verso la morte ma contemporaneamente porta in sé un frammento di luce: da qualche parte nel cosmo riluce una fiammella di leggerezza calviniana. Soffermandosi solo sull’immagine in primo piano della copertina verrebbe quasi in mente Lo Schiaccianoci: c’è una Lei in punta di piedi con indosso un vestito azzurro che tende la mano a un Lui che delicatamente gliela prende e porta una spada alla cintola – da vero cavaliere. La chiave di s(volta) sta però nello sfondo perché dietro, a sorreggerli, ci sono due mani in trasparenza, come a voler essere da monito: “il c’era una volta e il vissero felici e contenti è orchestrato da una forza oscura e superiore che ci controlla tutti”. Lanzi ci ha ben visto con il disegno, perché racchiude tutta la potenza di queste storie robotiche che di fiabe punteggiate di rosa e principi in calzamaglia hanno ben poco.
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