KIRGHIZISTAN: Eletto presidente Jeenbekov, il paese verso una vera democrazia?

In Kirghizistan si sono tenute le elezioni presidenziali, confermando l’anomalia kirghisa dell’alternanza al potere, nel resto dell’Asia Centrale solo la nera signora pare avere il diritto di voto per quanto riguarda la massima carica dello Stato. Altra anomalia politica della piccola repubblica centroasiatica sono le sollevazioni popolari, che hanno portato alla deposizione di ben due presidenti da quando il Kirghizistan è indipendente. Tuttavia l’ormai ex-presidente kirghiso, Almazbek Atambayev, non sembra intenzionato ad allentare la sua influenza nelle stanze del potere.

Il vincitore è stato Sooronbai Jeenbekov, candidato sponsorizzato da Atambayev ed ex governatore di Osh, ex ministro dell’agricoltura ed ex primo ministro. Jeenbekov ha ottenuto circa il 55% dei voti, evitando un secondo turno elettorale ampiamente previsto ma risultando il presidente del Kirghizistan eletto con la più bassa percentuale di sempre. Una vittoria dal sapore agrodolce, che significa molto probabilmente la necessità di consolidare la sua rete di alleanze, anche tramite di possibili future elezioni politiche che lo possano rendere più saldo.

A concorrere per la presidenza altri dieci candidati, tra cui una donna, sebbene l’unico sfidante degno di nota è stato il multimilionario Omurbek Babanov, giovane uomo d’affari e più volte primo ministro nel parlamento kirghiso. Babanov ha ottenuto il 35% dei voti e dalle dichiarazioni successive al voto sembra aver accettato la sconfitta, sottolineando però come le elezioni non si siano svolte in maniera del tutto corretta. Queste irregolarità sono state rilevate anche dagli osservatori internazionali, sebbene nel complesso abbiano dichiarato le elezioni kirghise regolari.

Secondo Babanov il governo avrebbe utilizzato ogni suo messo a disposizione per fare pressione sugli elettori, dalle tv agli arresti di alcuni attivisti di opposizione, senza dimenticare l’arresto avvenuto ad agosto di Omurbek Tekebaev, leader del partito Ata-Meken. In particolare ci sarebbe stata una pressione sugli abitanti di etnia uzbeka residenti nelle regioni meridionali del Kirghizistan, zona di origine dello stesso Jeenbekov e suo fondamentale bacino elettorale. Importante ricordare come i rapporti con l’Uzbekistan siano stati recentemente al centro dell’agenda del governo kirghiso.

Il tema della minoranza uzbeka è abbastanza delicato visto che, a partire dal conflitto etnico esploso nel 2010 nel sud del paese, i kirghisi appartenenti a tale etnia sono spesso spinti a votare in un senso o nell’altro in cambio della loro tranquillità. In ogni caso Babanov ha pubblicamente fatto appello ai suoi elettori, diversi dei quali già radunatisi intorno al suo quartier generale di Talas, nella parte settentrionale del Kirghizistan. Per il momento sembra che la successione di Atambayev possa avvenire pacificamente, ma la vita politica kirghisa in passato si è spesso rivelata imprevedibile.

Per il Kirghizistan si tratta di una fase delicata, trovandosi il paese al crocevia di interessi internazionali non sempre convergenti, dovendo infatti gestire le relazioni non del tutto amichevoli di Russia e Cina, la cui presenza in Asia Centrale rischia di diventare sempre più problematica. A complicare ulteriormente le cose una polemica tra Kirghizistan e Kazakistan nata circa un mese prima della data delle elezioni presidenziali, quando durante un incontro pubblico il presidente kazako avrebbe pubblicamente dimostrato la sua preferenza per Omurbek Babanov.

Il governo di Bishkek ha duramente reagito all’intervento di Nazarbayev, accusando il Kazakistan di voler interferire nella vita politica kirghisa. Faccenda resa ancora più complessa dal fatto che Babanov è nato in Kirghizistan, ma nel momento del crollo dell’Unione Sovietica abitava in Kazakistan, finendo col diventare cittadino kazako per breve tempo prima di regolarizzare la sua posizione. Restano i sospetti che le dichiarazioni kazake possano essere state veramente interessate, magari facendo gli interessi di Pechino mentre la Russia, verso cui tende Atambayev, non si è espressa.

Vedremo se il Kirghizistan evolverà verso un regime veramente democratico, grazie (oppure nonostante) le numerose riforme costituzionali adottate per rafforzare il ruolo del parlamento a discapito di quello del Presidente. Il grosso rischio è che un mutare di forma abbia mutato poco o nulla della sostanza: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi, diceva qualcuno.

Fonte immagine: enews.fergananews.com

Chi è Pietro Acquistapace

Laureato in storia, bibliofilo, blogger e appassionato di geopolitica, scrive per East Journal di Asia Centrale. Da sempre controcorrente, durante la pandemia è diventato accompagnatore turistico. Viaggia da anni tra Europa ed Asia alla ricerca di storie e contatti locali. Scrive contenuti per un'infinità di siti e per il suo blog Farfalle e Trincee. Costantemente in fuga, lo fregano i sentimenti.

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