Ancora oggi, a più di venticinque anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, il monopolio statale dell’informazione impedisce una piena autonomia dei mezzi di comunicazione in Bielorussia.
Da un monopolio diretto ad uno indiretto
In epoca sovietica le restrizioni alle libertà personali, comprese quelle di espressione, venivano giustificate con la necessità di combattere il mondo capitalista. I mezzi di informazione sovietici contrapponevano all’individualismo occidentale una visione ‘collettiva’ facendo di ogni vittoria dello stato un successo del comunismo. La stampa sovietica si prodigava così in panegirici sulla forza dell’ideale comunista e del suo modello, assicurando che questo si sarebbe affermato con il tempo come l’unico modo in cui il mondo avrebbe potuto funzionare.
Da allora molto è cambiato affinché nulla mutasse realmente. Oggi, la Bielorussia vive una forma di monopolio statale dei mass-media: la stampa non subisce limitazioni dirette ma il governo attua un controllo pressochè assoluto sul meccanismo di trasmissione e distribuzione dei mezzi di informazione.
In Bielorussia è il governo a controllare le infrastrutture di trasmissione del segnale televisivo e radio: i canali privati necessitano dell’autorizzazione del governo per l’utilizzo delle frequenze. Solo le reti statali o in mano a privati vicini al potere trasmettono con una copertura nazionale, detenendo la percentuale maggiore dello share durante tutta la giornata. I media statali, inoltre, sono completamente esenti dal pagamento dalle tasse e vengono finanziati ampiamente dal governo.
Anche nel settore della carta stampata il governo applica una forma di repressione indiretta. Spesso alle testate indipendenti e di opposizione non è consentito l’accesso al sistema statale di distribuzione, come edicole e poste. Non potendosi servire di questa rete, i giornali indipendenti ricorrono alla vendita diretta e si servono di volontari per la distribuzione delle copie. Si tratta comunque di un meccanismo illegale sul quale vigilano le autorità e che spesso porta ad arresti e perquisizioni.
Nel paese ogni mezzo di informazione deve registrarsi per poter esistere e lavorare. Inoltre, i giornalisti applicano costantemente una forma di autocensura, specialmente quando parlano della famiglia e degli interessi economici di Lukashenko e della sua cerchia di collaboratori.
I blogger e i giornalisti di testate online possono potenzialmente usufruire di una libertà di espressione più ampia, ma il governo sta incrementando la censura sul web. Beltelecom, la compagnia statale monopolista delle infrastrutture per la telecomunicazione, controlla tutti i trasferimenti nazionali e internazionali di dati attraverso internet. Avvalendosi di questo controllo, spesso la compagnia, su ordine delle autorità, blocca le pagine di alcuni siti web non allineati con le posizioni del governo, come avvenuto nel giugno 2016, quando il giornale online KYKY.org è stato obbligato a rimuovere alcuni contenuti che contraddicevano la narrativa ufficiale sulla Seconda guerra mondiale.
Inoltre tutti i fornitori di servizi internet dipendono dalla rete gestita da Beltelecom e dalla velocità di connessione che viene loro concessa.
Canali indipendenti
Molte pubblicazioni indipendenti sono costrette ad utilizzare domini stranieri o trasmettere dalle nazioni confinanti. E’ il caso del canale televisivo “Belsat”, di “Radio Racyja” e della “European Radio for Belarus”, che attualmente trasmettono dalla Polonia, oppure del sito Eurobelarus che ha sede in Lituania. Questi canali di informazione sono soggetti a varie forme di minaccia ed intimidazione dalle autorità bielorusse: nel luglio 2014 il sito Eurobelarus ha subito un cyber attacco che si ritiene possa essere collegato con gli articoli che erano appena stati pubblicati riguardo il conflitto in Ucraina.
È inoltre praticamente impossibile per gli stranieri gestire radio, giornali o anche testate online in Bielorussia dal dicembre 2014, quando il parlamento ha approvato una legge che ha ulteriormente abbassato la quota di proprietà straniera dei mezzi di informazione al 20%.
Andrei Bastunets, Presidente dell’Associazione Bielorussa dei Giornalisti, parlando delle restrizioni alla libertà di stampa nel paese a Mapping Media Freedom ha affermato: “Abbiamo assistito ad un intensificarsi delle persecuzioni nei confronti dei giornalisti freelance che lavorano per media stranieri, alla detenzione dei giornalisti da parte della polizia, all’interferenza del Ministero dell’Informazione sul lavoro dei media e al blocco dell’accesso alle informazioni per i giornalisti”.
Secondo Reporters Sans Frontière il paese si colloca al 153esimo posto su 180 nella classifica di libertà della stampa del 2017 e Freedom House evidenzia nel rapporto di quest’anno particolari criticità nelle restrizioni legali a cui sono soggetti i giornalisti.