Lo scorso 31 agosto il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha scritto al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, chiedendo che l’UE si faccia carico della metà dei costi (circa 400 milioni di euro)sostenuti dallo stato ungherese per costruire il muro al confine con la Serbia. Orban si è appellato al principio di solidarietà europea”
Juncker ha risposto che il principio di solidarietà europea non è un “menu à la carte”, non si può chiederla per la gestione dei confini, e rifiutarla quando si tratta di adempiere alle decisioni prese in merito al ricollocamento dei migranti. Una risposta prevedibile, visto che il portavoce della Commissione, Alexander Winterstein, aveva già fatto sapere che la richiesta ungherese sarebbe senz’altro stata esaminata, ma anche che in genere il supporto dell’Unione Europea è volto a coprire i costi di sorveglianza, gestione ed equipaggiamento delle zone di confine, non la costruzione di muri o barriere.”
La costruzione del muro ungherese, annunciata nel giugno 2015, in piena crisi migratoria, è stata ultimata lo scorso marzo. Il progetto prevedeva inizialmente un recinto, alto circa quattro metri, che avrebbe coperto il confine serbo-ungherese per circa 175 chilometri, a cui però hanno fatto seguito la chiusura del confine con la Croazia, nell’ottobre dello stesso anno, e la posa di una rete in filo spinato lungo tutto il confine con la Slovenia. Una barriera che isola l’Ungheria e che Orbán ritiene una difesa di cui si è giovata l’Europa intera: “Non è un’esagerazione affermare che la sicurezza dei cittadini europei è stata finanziata dai contribuenti ungheresi” ha dichiarato il premier ungherese, convinto che “l’Unione Europea dovrebbe almeno in parte contribuire alle spese straordinarie sostenute dall’Ungheria”.
La questione dei rifugiati
Dalle parole di Juncker si evince come la questione del muro sia legata a quella dei rifugiati. Viktor Orbán si è infatti opposto al piano di ridistribuzione dei rifugiati promossa dall’UE e la questione è arrivata fino alla Corte di giustizia europea che, infine, si è pronunciata negativamente riguardo al ricorso presentato da Ungheria e Slovacchia nel 2015 contro il sistema delle quote, confermandone la validità giuridica.
L’Unione Europea non costruisce muri e non li finanzia, ma davvero ha lasciato l’Ungheria da sola ad affrontare il flusso dei migranti? Le istituzioni europee hanno stanziato 93 milioni di euro provenienti sia dall’AMIF (il Fondo europeo per le migrazioni, l’asilo e l’integrazione) sia dal fondo di Sicurezza Interna (ISF). Altri 6 milioni erano stati garantiti in fondi di emergenza, per non parlare dei Fondi regionali europei e di quelli strutturali di cui l’Ungheria è all’ottavo posto tra i paesi beneficiari.
Queste due sconfitte rendono la sua posizione di Orban in Europa ancora più delicata con possibili contraccolpi anche all’interno del paese. Rimane da capire, in vista delle elezioni politiche del 2018, quanto la sua leadership ne risentirà: se Fidesz, il partito di governo, ha una quasi certa maggioranza, l’attuale premier potrebbe subire i contraccolpi della sua eccessiva intransigenza nei confronti dell’UE. Intransigenza che ha portato l’Ungheria ad assumere una posizione sempre più isolata all’interno delle istituzioni europee.
Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.