RUSSIA: Novantanove anni dal “Terrore rosso” inaugurato da Lenin

Quest’anno, è risaputo, ricorrono i cent’anni dalla rivoluzione d’ottobre. Come ricordare – piuttosto che celebrare – il suddetto evento è già di per sé un dilemma per il governo russo, che di certo non vuole rischiare di ispirare i propri cittadini con moti rivoluzionari e vive nella costante paranoia di una possibile “rivoluzione colorata” in casa propria. Nei giorni scorsi, tuttavia, è ricorso un altro anniversario, molto meno illustre: novantanove anni fa, il 5 settembre 1918, veniva decretato l’inizio del “Terrore rosso”. Benché siano in pochi a ricordare ufficialmente questa data come la “Giornata delle vittime del terrore rosso”, questo giorno offre numerosi spunti di riflessione sulla memoria della rivoluzione e dei suoi principali attori, uno su tutti Vladimir Lenin.

1918: Lenin inaugura il Terrore rosso

La vicenda si inserì all’interno della guerra civile russa, combattutasi dal 1918 al 1921 tra i rossi bolscevichi e i controrivoluzionari della cosiddetta “Armata bianca”. Il 5 settembre del 1918, il Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom) adottò il “Decreto sul terrore rosso”, attraverso cui si annunciava la necessità di proteggere la neonata repubblica dei Soviet, isolando i “nemici del popolo” in appositi campi di concentramento e giustiziando tutti quelli coinvolti in insurrezioni, cospirazioni e attività dei “bianchi”. Le vittime di questo decreto – non certo le prime dei bolscevichi, come notano alcuni storici – sono oggi ricordate con alcune iniziative civiche soprattutto a San Pietroburgo, città della rivoluzione, dove la sezione locale di Memorial da alcuni si occupa della commemorazione.

Le rivelazioni sugli ordini impartiti da Lenin minano in qualche modo la figura dell’eroe rivoluzionario, che tentò di portare la Russia sulla strada del radioso avvenire. Un esempio della decostruzione del culto di Lenin fu, ad esempio, l’opera di Venedikt Erofeev La mia piccola Leniniana. Si tratta di una raccolta – totalmente arbitraria – di frasi di Lenin, estrapolate da lettere e telegrammi, che vanno a creare l’immagine di un leader spietato, irascibile e paranoico. Una buona parte delle citazioni contenute nella Leniniana di Erofeev sono prese proprio dalle prime fasi della guerra civile: “Fucilate non chiedendo a nessuno e non ammettendo inutili lungaggini”, recita un telegramma dell’agosto 1918, quasi a ridosso dell’emanazione del decreto.

Diverse domande emergono, pensando a questi avvenimenti: le epurazioni del 1918 possono aver ispirato le grandi purghe staliniane del 1937? Come sono visti, oggi, i monumenti a Lenin e il suo mausoleo nella Piazza Rossa?

Lenin: eroe o sanguinario?

I presenti alla commemorazione del 5 settembre hanno le idee chiare: questo giorno ha dato il via a un capitolo sanguinoso e terribile, i responsabili andrebbero condannati e i loro nomi rimossi da piazze e strade. Secondo lo storico Aleksandr Margolis sarebbe inoltre sbagliato contrapporre continuamente le figure di Lenin e Stalin, poiché il secondo avrebbe in realtà continuato le politiche di terrore del primo. Il Grande Terrore del 1937 – di cui, a ben vedere, quest’anno ricorre un altro anniversario “tondo” – non sarebbe da vedere come una pura follia di Stalin, a maggior ragione perché Lenin stesso parlava già di “campi di concentramento”.

Ma Lenin è davvero visto così dalla maggioranza delle persone? Così non pare dai sondaggi del centro demoscopico Levada, secondo i quali solo il 22% degli intervistati vede il leader in luce negativa, mentre più della metà ne conserva un’opinione mediamente positiva.

Sempre secondo i sondaggi, la maggior parte (79%) delle persone è fortemente contraria alla rimozione dei monumenti al primo leader sovietico, nonché, in buona parte (31%), alla rimozione del mausoleo dalla Piazza Rossa.

L’istituzione di una giornata ufficiale per le vittime del Terrore rosso sembra, viste queste premesse, un avvenimento improbabile, almeno per ora. Il principale motivo sembra essere sempre lo stesso, secondo Margolis: non c’è nessun pentimento o rimorso per quegli eventi e le politiche di memoria del governo sono evasive, quando si tratta di episodi tragici della storia del paese. Come visibile dai sondaggi, anche l’opinione pubblica è divisa e, anzi, sono in pochi a ricordare e condannare pubblicamente certi eventi. Lo stessa figura di Stalin, oggi, sta subendo una diffusa “riabilitazione“.

L’anniversario della rivoluzione, intanto, si avvicina e sarà interessante vedere come verrà ricordata dai cittadini e dai vertici russi.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autrice sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna.

Chi è Maria Baldovin

Nata a Ivrea (TO) nel 1991, laureata in lingue e in studi sull’Est Europa. Per East Journal ha scritto prevalentemente di Russia, politiche di memoria e questioni di genere. È stata co-autrice del programma radiofonico "Kiosk" di Radio Beckwith

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