In questi giorni ha fatto molto scalpore la coreografia dei tifosi del Legia Varsavia durante la partita di preliminare di Champions League tra i padroni di casa e i kazaki dell’Astana. La partita si è tenuta il 2 agosto, il giorno successivo a quello in cui nella capitale polacca si commemora la rivolta della città contro l’occupazione nazista, partita alle cinque del pomeriggio del 1° agosto nel 1944, prima dell’arrivo dei sovietici.
L’insurrezione non ottenne il sostegno sperato dall’Armata Rossa (che ritardò il suo arrivo, secondo alcuni, per deliberata scelta di Stalin) e venne soffocata nel sangue dai nazisti all’inizio del mese di ottobre. L’insurrezione viene commemorata alle cinque di pomeriggio di ogni primo agosto: per due minuti il traffico si ferma e la città è invasa dal suono delle sirene anti-aeree.
L’enorme striscione raffigurava un bambino davanti a un ufficiale delle SS che gli puntava una pistola alla testa. Sotto uno striscione in lingua inglese recitava Durante la Rivolta di Varsavia, i tedeschi uccisero 160 mila persone. Migliaia di queste erano bambini. L’effetto mediatico è stato alto, ma è frutto di una grande contraddizione al limite del paradosso, nella quale vive da anni non solo il tifo organizzato del Legia, ma una parte della società polacca, e che in pochi hanno approfondito.
Gli ultrà del Legia Varsavia non sono nuovi a spettacolari coreografie, spesso a sfondo politico. Dall’aver criticato aspramente il premier Tusk fino al famoso Jihad Legia esposto in una partita contro l’Hapoel Tel-Aviv. Anche lo scorso anno la curva ha celebrato in modo spettacolare la giornata della rivolta, ma in modo meno diretto, facendo in modo che le torce riproponessero il simbolo della resistenza Powstanie Warszawskie.
Il punto però è che questa è stata una manifestazione nazionalista che nulla ha a che vedere con l’antinazismo. Buona parte dei gruppi ultrà del Legia è infatti apertamente di estrema destra e vedere esposte delle croce celtiche in curva o nel materiale di merchandising non è un fatto per nulla raro. Anche la scelta delle parole non è stata casuale: a uccidere i polacchi e migliaia di bambini non furono i nazisti, bensì i tedeschi. Può sembrare una cosa di poco conto, ma non è così.
Questa apparente contraddizione ben rappresenta il paradosso revisionista che vive una parte della società polacca di questi tempi, con una tifoseria di estrema destra che fa una coreografia antinazista. D’altronde la Polonia non può dimenticare l’occupazione nazista, nonostante viva di un forte sentimento anti-russo e anticomunista. È un paradosso ben rappresentato anche dal partito vincitore delle ultime elezioni, Diritto e Giustizia (PiS) di Jarosław Kaczyński. La Polonia è un paese dove la destra, perlomeno quella intesa a livello europeo, vive sospesa in un limbo. Da un lato strizza l’occhio ai movimenti indentitari stile LePen ed è chiaramente antieuropeista, e dall’altro teme l’imperialismo russo, ha aperto alle basi NATO ed è favorevole alle sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina.
Nello stesso giorno della celebrazione della rivolta a Varsavia è stato concesso lo spazio pubblico all’ONR, un movimento neofascista che si rifà a quello omonimo nato nel 1934 e che dopo l’invasione nazista confluì, in parte, nella resistenza contro i tedeschi. In questo modo il movimento si è quindi ripreso il merito storico di aver combattuto nella resistenza, una soluzione perfetta in chiave nazionalista. Quello che è chiaro però è che la coreografia sulla rivolta di Varsavia stia diventando come la memoria storica di quei giorni, che qualcuno sta provando a far traslare da una questione ideologica legata all’anti-nazismo a una nazionalista.
Foto: Legia Warszawa(Facebook)