Mercoledì 17 luglio, i premier dei quattro stati Visegrad, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia hanno indirizzato una lettera al primo ministro italiano Paolo Gentiloni. Argomento principale della missiva la questione rifugiati e la crisi migratoria, spinosa sia per l’Italia, principale luogo di approdo di profughi provenienti dalle coste libiche, ma anche per gli stati centro europei, che l’hanno resa uno dei maggiori punti di scontro con l’UE. La lettera fa seguito all’appello del primo ministro austriaco che negli stessi giorni aveva ammonito l’Italia con la possibile chiusura del Brennero, inviando mezzi corazzati ed elementi dell’esercito.
La lettera: le proposte centro orientali
Secondo i premier, i richiedenti asilo dovrebbero essere identificati prima di raggiungere il territorio europeo, e l’Unione Europea dovrebbe creare hotspot al di fuori dei suoi confini. All’interno degli hotspot si dovrà provvedere alla differenziazione dei migranti economici dai rifugiati. I principali obiettivi dei premier centro europei sono due: ufficialmente mostrare supporto all’Italia per la risoluzione del problema condiviso (in parte) dell’ingente flusso migratorio, della conseguente accoglienza e ridistribuzione dei richiedenti asilo negli stati membri, e in secondo luogo è un pretesto per ribadire la loro posizione verso le politiche europee di accoglienza.
La disponibilità dei quattro di Visegrad nel sostenere i paesi che come l’Italia si trovano in prima linea a far fronte al flusso migratorio è però limitata: quei meccanismi che infatti contribuirebbero ad incentivare gli sbarchi e gli arrivi dei rifugiati, come la redistribuzione in quote negli stati membri sono esclusi dalle prerogative centro europee. In particolare quindi, oltre alla creazione di hotspot di identificazione nei paesi di snodo per il traffico migratorio, i Visegrad propongono il loro supporto nell’addestrare la guardia costiera libica, nel rafforzare la struttura dello European Asylum Support Office e nel migliorare il codice di condotta delle ONG che operano nell’ambito.
Le posizioni centro europee non sono nuove, già nel 2015 in un comunicato si erano espressi contrariamente alle quote e favorevoli invece ad un sistema di aiuto e smistamento al di fuori dei confini europei e nei paesi d’origine. A questo proposito bisogna ricordare che il ricollocamento dei rifugiati con il sistema quote fa già parte del diritto comunitario e l’UE ha provveduto ad ammonire con procedure di infrazione gli stati che si sono rifiutati di applicarlo. Due giorni dopo la sottoscrizione della lettera, in un’intervista radiofonica Orbán ha nuovamente rimbeccato l’UE per la scarsa prontezza nel reagire alla crisi migratoria. Il premier Gentiloni ad ogni modo, ha fatto sapere che l’Italia non accetta lezioni, tanto meno se improbabili, dai paesi vicini, che in quanto membri dell’Unione Europea dovrebbero mostrare solidarietà.
Migranti si, migranti no: cosa ne pensano i cittadini europei?
Dalle loro dichiarazioni, dalla riluttanza con cui talvolta affrontano i dibattiti europei sembrerebbe che l’Europa sia divisa tra “buoni” e “cattivi”, e i Visegrad farebbero proprio parte di quest’ultima corrente. Ma siamo sicuri che l’atteggiamento europeo sul fenomeno migratorio sia completamente rappresentato dalla dicotomia pro e contro? Un sondaggio del progetto TranSOL infatti dimostra come tra i due estremi, ci sia una grande zona grigia rappresentata dalla maggioranza dei cittadini. Quindi se da una parte il 39% degli intervistati è contrario nell’offrire supporto economico all’UE per l’emergenza rifugiati, e il 35% invece è favorevole, c’è un 26% che non si schiera e che quindi se non smentisce, quanto meno ridimensiona la visione di un’Europa nettamente divisa a metà. Alla domanda invece sui diritti di cittadinanza, benefit sociali ed economici dei rifugiati circa l’81% è favorevole a garantirli dopo un certo periodo di tempo, esprimendo quindi un’opinione libera da differenze etniche, religiose e culturali.
Dall’analisi del sondaggio si evince che il fenomeno migratorio non è percepito come un pericolo a priori, dunque le posizioni Visegrad hanno radici diverse e legate a problematiche e dinamiche interne in ogni paese. Sembrerebbe che il gruppo centro europeo si sia fatto portavoce del motto “aiutiamoli a casa loro”, che un pò per opporsi ai diktat di Bruxelles, un pò per questioni ideologiche, è sempre stato alla base delle loro richieste all’UE in materia migratoria. I toni usati rispecchiano le campagne populiste e nazionaliste portate avanti da questi leader, basate per lo più su dati inesatti e allarmistici, che se da un lato possono essere supportati da pregiudizi radicati e realmente presenti nelle società in questione, dall’altro assecondano delle linee prettamente politiche, che non per forza rappresentano un generale sentimento di rifiuto.
Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.