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Foto: profilo Twitter di Maja Kocijancic

BALCANI: Riparte il dialogo tra Serbia e Kosovo, ora in mano ai due presidenti

I presidenti della Serbia e del Kosovo si sono incontrati a Bruxelles lo scorso 3 luglio. Accolti dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Federica Mogherini, Aleksandar VučićHashim Thaçi hanno deciso di riprendere il dialogo tra Belgrado e Pristina, interrotto da mesi. L’incontro ha due significati profondi: il primo è la volontà delle due parti di riprendere un cammino che ormai sembrava arenatosi; il secondo è la conferma che da oggi il dialogo sarà tenuto saldamente in mano dai due presidenti.

Lo stallo degli ultimi mesi

L’ultimo incontro tra i rappresentanti istituzionali del Kosovo e della Serbia risaliva al febbraio scorso. Anche allora si era svolto a Bruxelles, quando i due primi ministri, Vučić e Mustafa, e i due presidenti, Nikolić e Thaçi, erano stati ospiti della Mogherini. Il clima di quell’incontro era stato decisamente teso, poiché veniva dopo le crisi legate al treno con scritte nazionaliste inviato da Belgrado verso il Kosovo, alla costruzione di un muro di fronte al ponte di Mitrovica e all’arresto dell’ex primo ministro kosovaro Ramush Haradinaj in Francia su mandato di cattura emesso da Belgrado. Il meeting voluto dall’Unione europea non aveva risolto le tensioni tra le due parti e si era concluso con un nulla di fatto. Un mese dopo, la crisi di rapporti veniva ufficializzata con la decisione del parlamento di Pristina di sospendere il dialogo fino alla liberazione di Haradinaj. Le successive elezioni, presidenziali in Serbia e parlamentari in Kosovo, hanno mantenuto il sostanziale stallo.

Parte una nuova fase

Alla luce di questo quadro, l’incontro tra Thaçi e Vučić, pur se informale, assume una grande valenza simbolica. La fase di crisi sembra così superata e si riapre un dialogo che ha, dal 2013 ad oggi, con mille difficoltà, portato passi avanti importanti nei rapporti tra Pristina e Belgrado. Come scritto nel comunicato stampa rilasciato dall’ufficio della Mogherini, le due parti hanno concordato l’inizio di una nuova fase del dialogo per la normalizzazione dei rapporti e la riconciliazione, annunciando che i rispettivi gruppi di lavoro lavoreranno per preparare i passaggi successivi. I due presidenti, inoltre, hanno espresso la volontà di continuare nell’attuazione degli accordi già firmati: tra questi, in sospeso vi sono la formazione dell’Associazione/Comunità delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo, l’utilizzo del nuovo prefisso telefonico internazionale kosovaro, e l’apertura al traffico del ponte di Mitrovica.

La forza dei due presidenti

L’altro dato rilevante che viene dall’incontro del 3 luglio è che il dialogo sarà nelle mani dei presidenti, di fatto i due uomini forti della politica serba e kosovara. Se fino ad oggi erano stati i primi ministri i protagonisti degli accordi, ora il livello istituzionale sembra cambiato. Una conseguenza legata sicuramente alla forza politica di Vučić e Thaçi, ma anche alle debolezze degli esecutivi. In Serbia si è da poco insediato il governo guidato da Ana Brnabić, su cui tutti gli osservatori concordano che ci sarà un forte controllo da parte di Vučić. In Kosovo le trattative per formare il governo sono ancora aperte: dato che il prossimo primo ministro difficilmente sarà del partito di Thaçi, il presidente ha così voluto mandare un messaggio al futuro premier. Se la carica verrà assunta da Haradinaj, non sono da escludere conflitti con Thaçi per la gestione di un capitolo così delicato come i negoziati con Belgrado.

In attesa di atti concreti

Al netto della valenza simbolica dell’incontro, le settimane a venire diranno se a questo seguiranno passi concreti. Mogherini ha confermato l’impegno dell’Unione verso i Balcani occidentali. Si attendono ora decisioni politiche e concrete che diano un segno tangibile della ripresa del dialogo.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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