EaST Journal prosegue il suo racconto della rivoluzione romena. Qui il link alla puntata precedente.
“Bella e non priva di malinconia, nonostante il suo verde, Timişoara racconta in ogni pietra una storia plurisecolare e aggrovigliata”. Così Claudio Magris, nel suo meraviglioso Danubio, descrive la capitale del Banato. Un luogo che confermò il suo rapporto privilegiato con la storia anche in quel fatidico 1989; è proprio a Timişoara che scocca la scintilla che scatena l’incendio rivoluzionario. Non è un caso che gli eventi di dicembre abbiano avuto inizio in questa città di confine, che guarda sia all’Ungheria che al mondo slavo, non dimenticando il suo strettissimo legame con la cultura tedesca.
Un cittadino di Timişoara nel dicembre 1989 accendendo la televisione riusciva a raggiungere canali ungheresi, jugoslavi e bulgari. Poteva chiaramente vedere come nei paesi confinanti il comunismo fosse ormai morto o sul viale del tramonto, mentre lì, in Romania, sembrava che Ceauşescu tenesse ancora saldamente in mano le redini del potere. E’ indubbio che a Timişoara fosse più facile che altrove conoscere cosa stesse accadendo fuori del paese. Bastò questo ad accendere la miccia rivoluzionaria? Indubbiamente no.
I fatti di Timişoara ruotano attorno ad una figura ambigua, quella del pastore protestante ungherese László Tőkes. Oggi in Romania Tőkes è abbastanza malvisto a causa della sua battaglia a favore dell’autonomia degli ungheresi di Transilvania (autonomia amministrativa e federalismo sono argomenti tabù nel paese carpatico). All’inizio degli anni ’90, tuttavia, era osannato come uno dei principali artefici della caduta di Ceauşescu. Tőkes, originario di Cluj, nel dicembre ’89 viveva a Timişoara, e da tempo era noto agli agenti della Securitate, in virtù della sua attività in difesa degli ungheresi di Transilvania. Sospettando che Tőkes fosse una spia mandata da Budapest, le autorità romene ordinarono il suo trasferimento da Timişoara in un piccolo villaggio del nord. Il 15 dicembre gli agenti della Securitate andarono a prelevare Tőkes dalla sua casa di via Timotei Cipariu, ma incontrarono l’opposizione di un piccolo gruppo di manifestanti (soprattutto protestanti ungheresi) che si pose in difesa del religioso. La piccola folla bloccò la circolazione di auto e tram, creando in breve una calca ben più cospicua, che in breve iniziò ad intonare slogan anti-regime (Jos comunismul, Jos Ceauşescu). La protesta si estese a macchia d’olio nei due giorni successivi e si diresse verso i centri del potere comunista. La repressione ordinata dalle autorità fu durissima. Diversi morti, molti feriti.
Uno dei dettagli più macabri della vicenda riguarda il destino dei cadaveri dei rivoluzionari. La notte tra il 17 e il 18 dicembre, Elena Ceauşescu, mentre il marito si preparava a partire per l’Iran per la sua ultima visita all’estero, ordinò il trasporto dei cadaveri di Timişoara a Bucarest, dove sarebbero stati inceneriti per poi essere gettati nei canali di campagna. L’operazione, grottescamente denominata “Rosa” (Trandafir) aveva lo scopo di eliminare ogni traccia dei martiri della protesta, impedendo la nascita di tombe che avrebbero potuto spingere a futuri progetti di emulazione. Tornato dall’Iran Ceauşescu apparve in televisione per minimizzare i fatti di Timişoara, definendo i rivoluzionari come un gruppo di teppisti con tendenze fasciste. In realtà era ben consapevole della gravità della situazione; nonostante la repressione, le proteste in città erano diventate inarrestabili. A Bucarest si decise di spedire in Banato gli operai delle fabbriche del sud del paese, ordinando loro di difendere i palazzi del potere dall’orda impazzita dei manifestanti. Da Craiova partirono migliaia di lavoratori, armati con coltelli e attrezzi da lavoro. Una volta giunti a Timişoara essi non trovarono tuttavia teppisti e agenti stranieri, come era stato detto loro, ma uomini e donne con cui fraternizzarono presto; operai di Craiova e cittadini di Timişoara si avviarono verso il centro della città, occupando piaţa Operei. Anche molti soldati iniziarono a solidarizzare con i dimostranti, tanto che la sera del 20 dicembre Timişoara venne dichiarata prima città libera dal comunismo.
Fonte foto: Digi24.ro