Da PRISTINA – Passate più di due settimane dallo svolgimento delle elezioni politiche in Kosovo, è ancora aperta una questione fondamentale: chi ha vinto veramente? Il dubbio non riguarda tanto i risultati di per sé, ormai accertati, quanto il significato del voto e le prospettive future.
La prima possibile risposta alla domanda iniziale è abbastanza netta. Le elezioni le ha vinte la coalizione tra il PDK del presidente della Repubblica Hashim Thaçi e del suo delfino Kadri Veseli, l’AAK di Ramush Haradinaj e NISMA di Fatmir Limaj. I tre partiti, unitisi in coalizione prima del voto, hanno ottenuto più del 33% dei voti, affermandosi come prima forza nel nuovo parlamento. Di conseguenza, il primo ministro designato è proprio Haradinaj, impegnato in questi giorni in un susseguirsi di incontri con vertici istituzionali, leader politici e rappresentanti della comunità internazionale. L’incognita, però, riguarda le intese necessarie per avere la maggioranza. Partendo dai 37 seggi conquistati, ne mancano ben 24 per raggiungere la metà più uno dei parlamentari. Se anche 20 dovessero arrivare dai partiti delle minoranze nazionali, ne mancano ancora quattro all’appello. La sfida di Haradinaj, dunque, è proprio portare nella sua coalizione nuove forze o, più presumibilmente, singoli parlamentari. Anche dovesse riuscirci, il rischio è quello di un governo fortemente instabile.
La risposta alternativa alla domanda di cui sopra dice Vetëvendosje. Il partito nazionalista, che si definisce di sinistra, ha conquistato oltre il 27% dei voti, equivalenti a ben 30 seggi parlamentari. Di fatto, avendo corso da solo, è il primo partito del Kosovo. Se a questo si aggiunge che ha sostanzialmente raddoppiato i voti rispetto alle elezioni precedenti, si capisce perché il movimento guidato da Albin Kurti, da sempre all’opposizione, si dichiari il vero vincitore della sfida elettorale. Un successo riscontrato soprattutto tra i giovani, che vedono in Vetëvendosje l’unica forza che si oppone alla corruzione dilagante e allo strapotere dei partiti legati ai leader tradizionali. A suo favore ha giocato anche la buona performance del sindaco di Pristina Shpend Ahmeti, eletto proprio con VV nel 2013. Ahmeti ha dimostrato che il movimento è capace di governare, lasciando da parte gli estremismi e i nazionalismi che lo hanno più volte caratterizzato. Non è un caso che nella capitale il partito di Kurti ha avuto un vero exploit, ottenendo il 42% dei voti.
Se Vetevendosje dovesse andare al governo si tratterebbe di una rivoluzione. Per farlo, però, è necessario stringere delle alleanze. Esclusa la possibilità di allearsi con la coalizione PDK-AAK-NISMA, Kurti ha offerto un’alleanza al terzo protagonista della politica kosovara, la LDK del premier uscente Isa Mustafa. Insieme, i due partiti avrebbero i numeri per governare. Ad oggi, però, questa ipotesi non sembra molto realistica, anche perché Mustafa ha dichiarato che il suo partito entrerà in coalizione solo in cambio della carica di primo ministro.
Infine, esiste un altro soggetto che può a ragione cantare vittoria. È la Lista Srpska, il partito della comunità serba, che ha raggiunto quasi il 6% a livello nazionale. La Lista, controllata direttamente dal governo di Belgrado, ha di fatto portato i serbi del Kosovo a votare: l’affluenza nelle municipalità a maggioranza serba è stata in linea con il resto del Kosovo, in alcuni casi, come a Zubin Potok, addirittura maggiore. Un risultato fino a qualche anno fa impensabile. La Lista Srpska ha egemonizzato il voto dei serbi, marginalizzando tutti gli altri partiti. Un successo ottenuto grazie ad una campagna a tappeto, in cui non sono mancati episodi di puro clientelismo, corruzione e pressioni di diversa natura. In ogni caso, la vittoria ha un nome: Aleksandar Vučić. Il presidente della Serbia ha saputo prendere il controllo dei serbi del Kosovo, e tramite la Lista può contare su 10 deputati nel parlamento di Pristina, che giocheranno un ruolo cruciale nella formazione del nuovo governo.
Il grande numero di “vincitori” porta con sé l’incognita del nuovo governo. Il serio rischio è quello di lunghe trattative, uno stallo e un esecutivo minato dalla debolezza della coalizione che lo sostiene, non in grado di portare a termine le tante riforme attese. Solo le prossime settimane ci diranno se tra i vincitori di queste elezioni ci sono anche i cittadini kosovari.
Un commento
Pingback: Pressenza - Balcani: riparte il dialogo tra Serbia e Kosovo, ora in mano ai due presidenti