In Georgia continua a generare proteste il caso di Afgan Mukhtarli, giornalista azero sequestrato lo scorso 29 maggio nei pressi della sua abitazione, a Tbilisi, e ricomparso il giorno successivo a Baku, in Azerbaigian, in stato di arresto. Restano ancora da chiarire dinamiche e autori del sequestro.
Mukhtarli, accusato dalle autorità di Baku di essere entrato illegalmente nel territorio dell’Azerbaigian possedendo inoltre una notevole somma di denaro illecito, ha fatto sapere tramite il proprio avvocato che i suoi sequestratori sarebbero appartenuti ai servizi segreti di Tbilisi, i quali lo avrebbero successivamente consegnato alle autorità azere.
Inoltre, secondo Leyla Mustafayeva, moglie di Mukhtarli, prima del sequestro il giornalista sarebbe stato tenuto sotto sorveglianza per settimane. Lo stesso Mukhtarli, in un’intervista rilasciata a maggio, aveva dichiarato di essere costantemente pedinato da sconosciuti i quali poi lasciavano presso la sua abitazione fotografie che documentavano la sua vita quotidiana.
Questi particolari, uniti all’apparente facilità con cui una delle autovetture su cui sarebbe stato caricato Mukhtarli avrebbe passato il confine tra Georgia e Azerbaigian, hanno fatto pensare a un possibile coinvolgimento delle autorità georgiane nel sequestro del giornalista.
Nel corso delle manifestazioni di solidarietà a sostegno di Mukhtarli organizzate a Tbilisi da diverse ONG locali, la maggior parte degli attivisti scesi in piazza ha preso di mira proprio il governo georgiano, colpevole secondo loro di avere anteposto i propri interessi economici al rispetto dei diritti umani, violando inoltre la Convenzione europea sull’estradizione, firmata da Tbilisi in quanto membro del Consiglio d’Europa.
Subito dopo l’arresto di Mukhtarli da parte delle autorità di Baku, il Ministero degli Interni georgiano ha avviato un’indagine sulla “presunta reclusione illegale” del giornalista azero. Nel frattempo, per chiarire la posizione del governo riguardo alla vicenda, il 1° giugno lo stesso ministro degli Interni Giorgi Mgebrishvili ha fermamente negato il coinvolgimento delle autorità georgiane nel rapimento di Mukhtarli, condannando l’episodio.
Per Mgebrishvili, le accuse rivolte al governo sarebbero solo un tentativo di “screditare gli enti statali responsabili della sicurezza del paese”. Inoltre, le notizie diffuse dai media locali sul possibile ruolo dei servizi segreti di Tbilisi, basate sulle dichiarazioni dal legale di Mukhtarli, sarebbero “senza fondamento, poiché non vi sono prove concrete a riguardo”.
Secondo il ministro degli Interni georgiano inoltre, l’Azerbaigian non avrebbe mai chiesto a Tbilisi di arrestare dei propri cittadini a causa delle loro posizioni poltiche, così come Mukhtarli non avrebbe mai richiesto protezione da chi lo stava pedinando. Sulla vicenda si è espresso anche il primo ministro Giorgi Kvirikashvili, il quale ha invitato a sua volta a non screditare le istituzioni statali e ad aspettare la conclusione delle indagini prima di avanzare accuse diffamatorie.
Lo stesso primo ministro georgiano ha comunque affermato che episodi come questo “danneggiano la reputazione del paese”, e per questo “la vicenda dovrà essere risolta il più velocemente possibile, garantendo la massima trasparenza, il che è nell’interesse stesso del paese”. Kvirikashvili si è poi impegnato a fornire alla famiglia di Mukhtarli assistenza nelle necessarie procedure legali, proponendo inoltre al presidente Giorgi Margvelashvili di garantire alla moglie e ai figli del giornalista azero la cittadinanza georgiana, come forma di protezione.
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Foto: OC Media