Dopo undici anni di dominio assoluto nel calcio domestico è crollata l’egemonia della Dinamo Zagabria nel campionato croato. A interrompere la striscia di successi dinamovista è stato il Rijeka, che mette nella sua bacheca la prima vittoria in campionato per la sua storia.
Il Rijeka venne fondato nel 1946 sulle ceneri della vecchia Fiumana, la squadra italiana che nel 1928 fu promossa d’ufficio in serie A e che lanciò giocatori come Ezio Loik e Rodolfo Volk. Inizialmente battezzato NK Kvarner, prendendo la denominazione attuale solo otto anni più tardi mentre l’identità della squadra andava slavizzandosi, come racconta magistralmente Paolo Carelli su Uno-Due. La squadra si distinse negli anni ’70 vincendo per due volte consecutive la Coppa del Maresciallo Tito.
Dall’indipendenza croata la squadra era riuscita a mantenersi sempre in 1.HNL, la massima divisione, vincendo due coppe nazionali nel 2005 e 2006. La svolta che ha però portato il Rijeka saldamente ad alti livelli nel campionato croato è arrivata nel febbraio 2012, quando la squadra è stata parzialmente privatizzata (il 30% delle quote è ancora nelle mani della municipalità).
La squadra è stata infatti acquistata dall’imprenditore italo-nigeriano Gabriele Volpi, già proprietario dello Spezia e della squadra di pallanuoto della Pro Recco. L’intervento di Volpi salvò il Rijeka, sotterrato all’epoca da un debito di circa due milioni. Il magnate del petrolio affidò la squadra all’attuale allenatore Matjaž Kek, artefice dell’unica qualificazione mondiale della Slovenia nel 2010, e avviò un fitto interscambio tra Liguria e Quarnaro, con diversi prestiti incrociati tra le due squadre di cui Volpi è proprietario.
Il Rijeka ha chiuso la stagione con il miglior attacco e la miglior difesa, segnando 69 gol in 35 gare e subendone appena 18 e piazzando ben quattro giocatori, tra cui il vice-capocannoniere del campionato Franko Andrijašević, nelle prime dieci posizioni della classifica marcatori. La squadra ha messo 5 punti di distanza sulla Dinamo Zagabria e ben 22 sull’Hajduk Spalato terzo in classifica.
Secondo alcuni commentatori, tuttavia, quella del Rijeka è una festa dimezzata. «Re del nulla», li ha battezzati Luka Kostić in un articolo su Baraž, riflettendo come la squadra sia diventata campione di una lega ormai svuotata di pubblico e significato, in particolare per le vicende legate alle torbide influenze di Zdravko Mamić, il controverso ex direttore esecutivo della Dinamo Zagabria che ancora ha una forte influenza sulla squadra della capitale e sulla federcalcio croata.
Kostić commenta: «Anno dopo anno, sempre meno persone sono venute a vedere il calcio in Croazia. Anno dopo anno, i giocatori della Dinamo, molti dei quali giocano sotto contratti lucrativi finanziati da pratiche di business apparentemente illegali, celebrano il titolo in uno stadio vuoto, sollevando il trofeo tra di loro, circondati da aria e silenzio. Anno dopo anno, sempre meno persone vengono a vedere la squadra nazionale, avendo perso fiducia nella federcalcio del paese che è sembrata cieca, incompetente o, peggio, complice nella malattia che colpiva lo sport più amato della nazione. […] Le scene di Milano e Saint-Etienne erano quelle di una cultura calcistica distrutta […]. A casa, gli stadi erano vuoti e le bandiere ferme. Molti piccoli club andavano in bancarotta, e i soldi che sarebbero stati normalmente utilizzati per aiutare a pagare campi di calcio e accademie giovanili venivano invece passati di tasca in tasca in un circolo senza fine di commissioni per agenti corrotti, accordi di sponsorizzazione e trasferimenti di giocatori. E così, anno dopo anno, il titolo di “Campione di Croazia” ha significato sempre meno».
Foto: NK Rijeka (Facebook)