I confini sono da sempre l’essenza degli stati nazione. A volte imponenti confini naturali, come le Alpi o i Pirenei, facilitano il compito di individuare la fine di un territorio e l’inizio di un altro; in altri casi sono i politici e diplomatici di turno a disegnare arbitrariamente i confini tra gli stati.
Storicamente le tre repubbliche baltiche sono sempre state terre di conquista, prive di confini geografici ben definiti, essendo il territorio quasi totalmente pianeggiante.
La divisione dei territori di Estonia e Lettonia divenne di difficile gestione quando nel 1918, rispettivamente il 24 febbraio e il 15 novembre, i due paesi proclamarono la loro indipendenza nel momento in cui l’Impero Russo si era ormai dissolto a causa della guerra civile. L’aiuto militare della Gran Bretagna fu decisivo nello sconfiggere le forze sovietiche e nel 1920 una commissione internazionale guidata dal colonnello inglese Stephen Tallents definì il confine fra Lettonia ed Estonia.
Il simbolo di questa scelta politica arbitraria ma necessaria è la città di Walk, fondata dai teutonici nel tredicesimo secolo e importante snodo ferroviario della regione. Dopo essere stata per oltre sette secoli un’entità amministrativa unica, viene divisa in due città gemelle. A sud, in Lettonia, Valka; mentre a nord in Estonia, la parte più estesa, Valga. Le due città vivono assieme le perdite della seconda guerra mondiale, le deportazioni in Siberia, l’occupazione sovietica e la conoscenza del russo che diventa “lingua franca”, oggi preferita dall’inglese.
Nel 1991 Estonia e Lettonia tornano ad essere due stati indipendenti e il confine stabilito nel 1920 torna a segnare la vita quotidiana dei cittadini. Valga e Valka sviluppano una gestione amministrativa autonoma e adottano una valuta diversa. Per andare da una parte all’altra della città era necessario esibire un passaporto e a volte aspettare per ore in fila. Inga, studentessa cresciuta nella parte lettone della città, racconta “prima che diventassi maggiorenne avevo bisogno del permesso dei miei genitori e del mio passaporto per attraversare il confine; talvolta anche le nostre borse venivano controllate”. Un altro motivo di disagio per i cittadini fu l’introduzione dell’ora legale per il risparmio energetico, come ricorda Roberts: “per sei mesi l’Estonia aveva adottato l’ora legale; chi andava a scuola dall’altra parte della città doveva ricordarsi di cambiare sempre l’ora per non arrivare troppo in anticipo”.
Nel 2007 entrambi i paesi, da poco membri dell’Unione Europea, entrano a far parte degli accordi di Shengen: i controlli dei documenti sono necessari solo per motivi di sicurezza e il confine diventa una formalità. Da allora la volontà politica di rendere lo slogan “una città in due paesi” più aderente alla realtà si è fatta sempre più decisa. Una volta al mese i due centri amministrativi si riuniscono per prendere decisioni comuni; inoltre dal 2007 Estonia e Lettonia ricevono fondi per finanziare il programma di cooperazione europeo. A livello urbanistico la città è priva di un vero e proprio centro, ma negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti. Le sponde del fiume Padeli, i cui argini sono stati per molto tempo abbandonati, ora godono di una passeggiata ciclo-pedonale di 5 chilometri che collega le due repubbliche.
Sebbene i cittadini fossero già abituati a spostarsi da un lato all’altro della città per fare la spesa, praticare sport o andare a scuola, l’entrata della Lettonia nell’Eurozona nel 2014 – l’Estonia ha l’Euro dal 2011 – ha facilitato notevolmente le cose. La storia di Valga/Valka e la forma della sua mappa – una colomba, simbolo di pace – è emblematica della difficile storia dei paesi baltici, ma è anche una speranza per il loro sviluppo.