Nonostante gli importanti cambiamenti nella vita politica e nel corso internazionale del paese degli ultimi tre anni, la corruzione rimane ancora il punto focale dei principali problemi in Ucraina. Recentemente, una serie di emendamenti alla ‘legge anti-corruzione’ del 2014 ha provocato preoccupazione a Bruxelles, evidenziando le difficoltà dell’Ucraina nel percorso di riforme promesse.
Una legge pericolosa
A partire dal 2013 alcuni passi significativi sono stati fatti nella costituzione di un nuovo framework legislativo che ha permesso, ad esempio, di condurre un’importante riforma della polizia e aumentare il livello di trasparenza del sistema pubblico, sia tramite la gestione elettronica degli appalti (Pro-Zorro) sia attraverso l’obbligo di rendicontazione (la famosa e-declaration) per tutte le cariche pubbliche.
Ora però, dopo i numerosi scandali che coinvolgono le alte cariche dello stato, gli emendamenti firmati dal Presidente sembrano una vera e propria marcia indietro. In parole povere, la legge che impone ai funzionari statali di pubblicare il proprio patrimonio personale viene allargata, in maniera piuttosto vaga, anche a tutte le figure che collaborano con organizzazioni impegnate nella lotta alla corruzione, anche se non usufruiscono di fondi pubblici. Secondo Transparency International e Human Rights Watch, nel contesto ucraino un tale provvedimento rappresenta un duro colpo per l’indipendenza di numerose organizzazioni, giornalisti e la società civile nel suo insieme. L’equiparazione tra cariche pubbliche e attività in materia di anti-corruzione potrebbe facilmente aumentare il livello di autocensura da parte di giornalisti che rischieranno ora fino a due anni di carcere in caso della mancata presentazione della rendicontazione.
Ad esprimere la loro perplessità sono stati anche i principali partner di Kiev. Commenti negativi sono arrivati da Washington e Bruxelles che hanno espresso tutta la loro preoccupazione per la nuova stretta sulla società civile e il “passo indietro” nell’effettiva lotta alla corruzione.
Il paese più corrotto d’Europa
L’Ucraina rimane il paese più corrotto d’Europa. Secondo il recente indice di percezione della corruzione di Transparency International, il paese occupa la 131° posizione su scala mondiale insieme a Iran, Kazakistan, Nepal e Russia, scossa di recente da un significativo, almeno in termini d’immagine, movimento di protesta anti-corruzione. Nonostante la retorica del governo, nessun cambiamento significativo è stato percepito rispetto all’anno precedente, mentre rispetto al periodo di Yanukovich la situazione sembra solo leggermente migliorata.
Nonostante i numerosi proclami, l’impegno del governo in materia di corruzione è rimasto limitato. Le istituzioni più problematiche, come la Procura Generale e i Servizi di Sicurezza ucraini, non hanno subito una vera e propria ‘lustracija’ e i tentativi di riforma del sistema giudiziario, fortemente legato a quello politico, hanno subito innumerevoli rallentamenti e rappresentano finora uno dei principali fallimenti del governo post-Maidan. Proprio per questo, la percezione pubblica della corruzione rimane alta e, secondo numerosi sondaggi, la maggior parte dei cittadini appare convinta che non ci siano stati progressi reali nella lotta alla corruzione.
L’esempio del Bureau Nazionale Anti-Corruzione (NABU) è significativo in questo senso. Creato nel 2014 su pressione del FMI e finanziato inizialmente dai partner occidentali, l’organo che dovrebbe rappresentare il baluardo nell’attività in materia di anti-corruzione è stato oggetto di costanti pressioni politiche che ne hanno ridotto l’autonomia, limitato le capacità di coordinamento con le altre istituzioni e il budget a disposizione.
Problema politico
Il governo di Volodymyr Groysman rimane fragile e instabile. Il percorso delle riforme dipende, ora più che mai, dai gruppi politici affiliati ai principali oligarchi che, in assenza di una chiara maggioranza, usano il loro sostegno come carta per negoziare i propri interessi con il governo.
I recenti scandali, come il presunto coinvolgimento di Poroshenko in complessi schemi corruttivi e i suoi fondi offshore emersi dai Panama Papers rappresentano solo la cima dell’iceberg di un sistema che, rispetto a quello fortemente cleptocratico di Yanukovich, sembra cambiato solo in superficie.
“Le persone che lottano con la corruzione devono essere cristalline, altrimenti tutto assume la forma di auto-promozione e pubblicità politica. Davanti alla legge devono essere tutti eguali. E nessuno deve avere delle illusioni – se qualcuno grida ‘acchiappa il ladro’, questo non significa che a esso stesso è permesso di rubare.”
Non sono le parole di Poroshenko pronunciate prima di inferire l’ultimo colpo alla società civile, ma di Vladimir Putin che commentava così l’attività di Navalny nel 2013. Forse, almeno in questo, Russia e Ucraina sono più vicine di quello che si possa credere.
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Foto: AFP