di Giacomo Danielli
Quante volte e in quanti contesti abbiamo sentito la Turchia definita come un paese “tra Oriente e Occidente”? Al di là della geografia, va riconosciuto a Erdoğan un nuovo orientamento nella politica estera turca. Per primo ha cercato di attuare un progetto di riforme per accelerare l’ingresso del paese nell’Unione Europea; al tempo stesso ha attuato un forte riavvicinamento verso i paesi limitrofi, dalla Siria all’Iran, dai paesi caucasici alla Grecia e al nuovo Iraq.
Se si vuole analizzare il processo di avvicinamento della Turchia all’Unione, bisogna notare come molte delle promesse fatte dal premier nel precedente mandato siano rimaste disattese.
Dopo reciproche dichiarazioni d’intenti, non è stato fatto nessun passo concreto nella pacificazione di Cipro. Dopo le visite bilaterali, durante gli incontri di calcio tra le nazionali dei due paesi, niente di politicamente rilevante è stato messo in atto nei rapporti con l’Armenia (non solo nella prospettiva storicistica del riconoscimento del genocidio, ma meramente nella normalizzazione delle relazioni diplomatiche).
Molti notisti politici interni osservano come vi sia la necessità di “resettare” le relazioni tra Turchia ed Unione Europea, cercando di ripartire non solo dalle imprescindibili riforme che Erdoğan dovrà attuare, ma anche dall’abbattimento di alcune pregiudiziali ideologiche presenti all’interno dell’Unione: ci si riferisce non solo alle evidenti posizioni cipriote, ma anche alle prospettive francesi e tedesche.
Spostando l’obiettivo verso est, si nota come la politica dell’AKP ha portato ad una nuova centralità della Turchia nello scacchiere mediorientale e caucasico. Dopo aver conquistato una sostanziale leadership economica in alcuni settori-chiave dell’area, la politica di Erdoğan ha ridimensionato fortemente la visione filo-israeliana dei suoi predecessori. La questione della “Mavi Marmara” è solo l’ultimo in ordine cronologico di una lunga serie di avvenimenti che hanno incrinato i rapporti con Israele.
Parallelamente, i rapporti con la Siria sono diventati di anno in anno più forti, grazie a investimenti e a politiche congiunte nella lotta alle frange terroristiche degli indipendentisti curdi. I recenti avvenimenti nel paese governato da Bashar Assad hanno però messo in discussione quanto posto in essere finora. Da un lato, infatti, un numero in costante aumento di profughi siriani si stanno riversando all’interno del territorio turco; dall’altro, Erdoğan stesso si trova in forte imbarazzo nel cercare di conciliare le posizioni particolarmente “morbide” verso il dittatore Alawita, con le pressioni (interne ed estere) per l’avvio di un pacchetto di riforme democratiche in Siria.
I nuovi indirizzi di politica estera sembrano essere il punto-chiave del terzo mandato governativo di Erdoğan. Se le riforme costituzionali annunciate dovranno garantire quegli elementi di democratizzazione basilari e pregiudiziali per l’ingresso della Turchia nell’Ue, contestualmente la volontà di rompere alcuni tabù decennali saranno fondamentali per la ripresa strutturale dei negoziati con l’Unione.
Noto soddisfatta la nuova centralità della Turchia su EaST Journal. (!)
Anche perché, a mio avviso, è impossibile parlare di Unione europea senza guardare anche alle relazioni con questo paese.
Mi chiedevo, che cosa intendi con tabù decennali? Cipro e Armenia di cui parli sopra, o anche altri aspetti?
Da parte mia, ho avuto l’impressione che dopo essersi vista le porte chiuse più volte in faccia dall’UE, la Turchia si sia rivolta con più convinzione verso oriente, come dici tu. A mio avviso l’Unione europea non può farne a meno (si pensi al ruolo della Turchia nel dialogo con alcuni paesi balcanici, e potrebbe essere un trait d’union importante proprio con i paesi nordafricani, mediorientali, caucasici, verso cui l’UE deve guardare).
Non so se ci sia, però, questa convinzione da parte UE.
Ma soprattutto, mi chiedo se la Turchia stessa ha ancora lo stesso interesse a entrare nell’UE, o se invece punta ad emergere come potenza regionale della regione a Sud-est.
Ciao Dany!
Grazie per il tuo interesse, il periodo post-elettorale è sempre cruciale e resta indiscutibile che la Turchia sta assumendo un ruolo sempre più centrale e critico nell’area.
Cerco di risponderti, soprattutto sui tabù. Il termine che ho usato cercava di abbracciare sostanzialmente due insiemi di tematiche.
Il primo gruppo, quello più “storicistico”, si riferiva soprattutto al Genocidio Armeno, a Cipro e ai conseguenti rapporti con alcuni Paesi dell’Unione Europea (Cipro stessa, Grecia e Francia su tutti); altro tabù in chiave-storica è quello attribuibile alla possibilità di rivedere in una prospettiva moderna il kemalismo, per cercare di affrancare il paese da questa visione di una “Democrazia imposta, controllata dai militari” (scusa la semplificazione).
Il secondo insieme di tabù era più riferibile alle generiche “libertà personali” (d’espressione del dissenso, di associazione, di sindacalizzazione) e ai condizionamenti che, dal sistema scolastico in avanti, i Turchi ricevono per evitare che queste istanze diventino condivise e richieste da tutta la popolazione.
Grazie ancora per l’interesse,
Giacomo