Le ultime elezioni parlamentari, tenutesi finalmente l’11 dicembre, sembravano dover porre fine alla crisi politica che ha interessato il paese dal 2014. Tuttavia, la crisi sembra solo essersi inasprita. Il presidente macedone Gjorge Ivanov non ha dato a Zoran Zaev, leader dell’opposizione socialdemocratica SDSM, il mandato di costituire un governo con i partiti albanesi. A più di tre mesi dalla consultazione elettorale ancora non si vede l’ombra di un governo. Unione Europea e Stati Uniti, nel frattempo, appoggiano indirettamente Zaev chiedendo al più presto la formazione di un esecutivo.
L’importanza dei partiti albanesi
A seguito del conflitto del 2001 i partiti albanesi sono stati riconosciuti come parte integrante della vita politica macedone. Il sistema legislativo garantisce una certa importanza a questi partiti: alcuni tipi di legislazione prevedono infatti il sistema della doppia maggioranza, quella parlamentare e quella esclusiva dei parlamentari albanesi. Se prima del 2001 la consuetudine prevedeva la formazione di un governo di coalizione con il maggiore partito albanese, dopo il 2001 questa si è fatta obbligo.
L’appoggio dei partiti albanesi è dunque non solo funzionale al raggiungimento della maggioranza parlamentare, 61 seggi, ma anche per non bloccare l’iter legislativo. La VMRO-DPMNE, il partito dell’ex primo ministro Gruevski, è impossibilitato a governare. Attualmente il suo partito non ha l’appoggio di alcuna formazione politica albanese, che si sono riunite in una piattaforma comune in appoggio al candidato socialdemocratico Zaev.
La piattaforma albanese
Le ultime elezioni avevano già dato il sentore di lasciare incertezza sul futuro. Seppur la VMRO-DPMNE abbia ottenuto più voti, lo scarto è stato minimo. Difatti, 51 seggi sono stati assegnati al partito di Gruevski e 49 alla SDSM. Per la VMRO-DPMNE, i 10 seggi della DUI erano fondamentali per raggiungere la maggioranza assoluta.
La DUI, storico alleato della VMRO-DPMNE al governo, non è riuscita a trovare l’accordo con Gruevski. Una delle richieste principali della DUI era infatti il riconoscimento dell’albanese come lingua ufficiale del paese. Attualmente l’albanese, in virtù degli accordi di Ohrid, è considerata lingua ufficiale solamente nelle municipalità dove gli albanesi rappresentano più del 20% della popolazione.
Il rifiuto di Gruevski alle richieste della DUI ha fatto sì che la piattaforma albanese, concordata a Tirana con il beneplacito del primo ministro albanese Edi Rama, scatenasse proteste di piazza dei cittadini più nazionalisti. D’altro canto, Ivanov ha avuto la possibilità di impedire alla SDSM di governare. I socialdemocratici – scesi immediatamente in piazza invocando al colpo di stato – dovrebbero rigettare la piattaforma e trovare successivamente l’appoggio dei parlamentari. Una cosa che, tuttavia, le farebbe perdere il sostegno della DUI.
La VMRO è pronta ad assumersi il rischio?
L’idea della piattaforma albanese ha offerto la scusa a Ivanov di non concedere il mandato a Zaev. La motivazione è il rischio di ingerenze esterne sul paese, motivazione che permette a Ivanov di non concedere il mandato a chi detiene le firme necessarie per governare. Quello che emerge da ciò è che, senza Gruevski, il paese non può essere governato. O vince la VMRO, o nessuno.
Tuttavia, la VMRO sta giocando con il fuoco. Il mancato riconoscimento del governo a guida SDSM ha causato proteste di piazza dei socialdemocratici e, soprattutto, il rischio che nuove tensioni etniche riemergano. Sull’altra mano, invece, i nazionalisti della VMRO non possono che festeggiare. Per l’elettorato nazionalista la mancata concessione di maggiori diritti agli albanesi è dimostrazione su chi comanda nel paese.
La VMRO, specie nella persona di Ivanov che rimarrà l’unico responsabile, deve essere consapevole del rischio che sta correndo. Lo scenario più probabile che emerge è quello di nuove elezioni improntate sul fattore “nazionalismo”. Un rischio che non dovrebbero correre.