Decine di migliaia di prigionieri torturati per anni nelle carceri di Assad. Civili usati come scudi umani dai ribelli durante l’assedio di Aleppo. Bombe sugli ospedali, sui convogli umanitari. Tutti hanno commesso crimini di guerra in questi 6 anni di guerra in Siria. Il regime di Damasco come gran parte delle milizie ribelli, oltre all’Isis e alla costola di al-Qaeda nel paese, al-Nusra (che oggi si fa chiamare Tahrir al-Sham). Lo afferma l’Onu in una serie di report pubblicati nelle scorse settimane, che fanno il punto sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario concentrandosi sul periodo tra luglio 2016 e febbraio 2017.
L’attacco al convoglio umanitario
Sono stati gli elicotteri del regime a bombardare il 19 settembre il convoglio umanitario che stava raggiungendo Aleppo est, il primo da mesi. Dopo una prima ondata di barili bomba, gli elicotteri hanno fatto ritorno nel giro di pochi minuti secondo la tecnica del double tap. In questo modo si colpisce anche l’intera macchina dei soccorsi che tentano di salvare i feriti.
Assad e la Russia avevano fermamente negato di essere responsabili dell’attacco, arrivando persino a negare che fosse mai avvenuto un bombardamento. Secondo la loro versione, semplicemente, il convoglio aveva preso fuoco oppure era stato colpito dai ribelli. L’episodio aveva spazzato via il debolissimo cessate il fuoco raggiunto appena una settimana prima con la mediazione di Russia e Usa, segnando di fatto il destino di Aleppo.
Le bombe su Aleppo
Dopo mesi di assedio e durissimi combattimenti, Aleppo è stata riconquistata dalle forze lealiste il 22 dicembre scorso. Dalla fine del 2012 era divisa in due: i quartieri ovest controllati dal regime, la parte est in mano ai ribelli (tra cui anche alcune centinaia di affiliati ad al-Nusra). L’offensiva militare, sostiene l’Onu, è stata compiuta a forza di attacchi indiscriminati. L’aviazione di Damasco, insieme a quella russa, hanno usato in modo pervasivo bombe a caduta libera – non teleguidate, quindi imprecise – in aree densamente popolate. La Nazioni Unite confermano che sono state usate anche testate contenenti sostanze chimiche, barili bomba, munizioni incendiarie e bombe a grappolo. Tutti gli ospedali di Aleppo est sono stati distrutti.
Civili come scudi umani
Durante l’assedio anche i ribelli hanno colpito indiscriminatamente la parte ovest della città con l’artiglieria, senza alcun chiaro obiettivo militare. L’Onu si sofferma sugli attacchi al quartiere di al-Midan, al-Hamadaniyah e Sheikh Maqsoud, quest’ultimo controllato dalle forze curde che, in quell’occasione, erano più o meno apertamente schierate a fianco di Assad. Più erano costretti in ritirata, più i ribelli hanno impedito ai civili di lasciare l’area. Hanno sparato sulle persone in fuga per tenerle all’interno di Aleppo est. Di fatto, hanno usato civili come scudi umani.
L’attacco a Wadi Barada
È di nuovo l’aviazione di Assad la responsabile per il bombardamento di Wadi Barada il 22 dicembre. A pochi km a nord-ovest di Damasco, la località – in mano ai ribelli – ospita la principale fonte d’acqua dell’area, da cui dipende il 70% della capitale e, in tutti, 5,5 milioni di persone. L’attacco del regime era mirato a distruggere le strutture di captazione, lasciando senza acqua potabile per mesi tutta la zona. Il regime aveva negato di aver bombardato le strutture e aveva invece accusato i ribelli di aver contaminato la fonte. I riscontri dell’Onu vanno in direzione opposta: l’unico responsabile è Assad.
La tortura come metodo
Sia i ribelli appoggiati dalla Turchia, sia le milizie che controllano la provincia di Idlib sono responsabili di crimini di guerra, sparizioni forzate, arresti arbitrari, esecuzioni extragiudiziali e torture. Una pratica cui non è estraneo il regime di Assad. Secondo Fadel Abdul Ghani, direttore del Syrian Network for Human Rights, nelle carceri del regime si troverebbero oggi circa 100mila prigionieri. Le testimonianze raccolte fin dal 2011, e alcune recentissime, parlano di torture ripetute e assassini.
Il CIJA, una rete di legali indipendenti, raccoglie da anni centinaia di migliaia di documenti ufficiali provenienti dall’intelligence siriana, in cui sono dettagliate le condizioni nelle carceri, i metodi di tortura, si chiede ai superiori come disfarsi di celle frigorifere piene di cadaveri di prigionieri. In alcuni casi ciò viene portato a conoscenza del governo di Damasco. Finora sono 700mila i documenti raccolti.
«Oggi in un certo senso l’intero paese è diventato una camera della tortura, un luogo di orrore selvaggio e assoluta ingiustizia», ha commentato l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani Zeid Ra’ad al-Hussein.